sabato 12 gennaio 2019

NAZARIO P. LEGGE: "VOL. IV, OPERA 290" DI M. DONTE

Maurizio Donte


Bolero 

Vaga sulle onde un fremere d'incanto,
mentre trema la luce della Luna
e alzo nel vento a te un notturno canto
che flebile s'inizia sotto il cielo;
con arte io vengo a te, mia sola amata,
tu danzi quasi fossi una sirena
nel mare dell'estate che è passata.
Mi ricordo il motivo della danza
ed il tuo passo al muoversi del suono,
lento Bolero, dentro la risacca,
in languide movenze d'abbandono.

Iniziare da questa citazione testuale significa andare a fondo, da subito, nella epigrammatica vicenda del canto di Maurizio Donte. Un canto dolce, estremamente musicale, nutrito di cospirazioni emotive di grande abbandono erotico-intimistico, dove il verso, con tutta la sua potenza ermeneutica, si fa corpo risolutivo degli abbrivi vitali del Poeta. Sì, c’è l’amore, vissuto con plurima collaborazione panica, con espansioni iperbolico-allusive, e con abbracci semantici di urgente vocazione narratrice, ma un amore plurimo, totale, universale che coinvolge la vita nella sua polisemica significanza: il sogno, la realtà, il tempo, la memoria, la pace, la società e quell’inquietudine che nella poesia si fa flauto sotterraneo ad accompagnare il fluire dello spartito: “Mi ricordo il motivo della danza”, una rievocazione che si traduce in alcova rigenerante, in edenico ritorno, in visione incantatrice trasferita in mondi dal sapore neoplatonico, dove tutto è leggero, inviolabile e sonoro come una musica sublimante. Ed è l’endecasillabo - trattato in tutte le salse, in tutte le sue tonalità, a maiore, a minore di sonetti ed odi… - a evidenziare l’esperienza metrica del Nostro; la sua abilità versificatoria, aduso, Egli, al verso nobile del canto: “con arte io vengo a te, mia sola amata,/ tu danzi quasi fossi una sirena/ nel mare dell'estate che è passata”. Un mare d’infinita portata, i cui orizzonti si estendono fino all’inverosimile, fino a traguardi a cui l’uomo non può allungare lo sguardo, data la sua pochezza. E il Poeta è cosciente della futilità del tempo, del gioco delle sue fauci, della sua rapacità e voracità: “E vano è lo sperare che ritorni:/ rapido fugge il tempo tra le dita.”, per questo si affida al memoriale, a quel “passato” che tanto vorrebbe riattivare “in languide movenze d'abbandono”; a un eros che, comunque, non circoscrive il panorama ispirativo del Nostro, dacché la perlustrazione ontologica delle piecès e lo scavo analitico si estendono, a tutto tondo, al bene e al male della vita, col ricorso a uno sguardo impegnato e addolorato su tutto ciò che crea sofferenza; su tutto ciò che si allontana dalla fraternità, e dalla umanità, visto che “Non più vi fosse guerra, ma fraterno/ amore” è l’auspicio più sentito del Poeta:
       
Scende la nebbia e dentro rasserena,
fuori nasconde quel che mi fa male:
ogni pensiero ed ogni sua catena;
l'inutil dire, quello che non vale.

Solo il silenzio, quando il Mondo tace,
spiega la vita, quello che la segna.
Vorrei la Terra fosse tutta in pace
e del Divino amor che fosse degna.

Non più vi fosse guerra, ma fraterno
amore. Si alza invece quel fragore
d'armi che lentamente mi corrode.

Guardo là fuori e l'anima si rode
per tutto il sangue, tutto quel dolore,
io non ho voce e scende già l'inferno.
        
Sentimenti forti, di urgente resa poematica, che confluiscono in un climax esteso e variegato; in un climax che dall’empatia di un animo emotivamente coinvolto si distende fino ad un acuto dolore per un esistere lontano da ogni cosa buona: “Talvolta stanco son di questa vita/ che erra lontano da ogni cosa buona./ Rapida fugge e passa fra le dita,/ senza che nulla la rallenti e suona…”; per tutto ciò che è ingiusto e distante dall’amore; per tutto ciò che di brutto l’umanità ci offre: “Viviamo nella tenebra più oscura,/poca speranza ormai mi lascia il mondo:/ la vita di nessuno è più sicura/ e va l'umanità cercando il fondo…”.  Scoramenti, illusioni, delusioni, gioie, dolori, speranze, e abbandoni: tutto si alterna in maniera piacevole e contaminante e tutto  è affidato all’ausilio di una natura che con i suoi fremiti di nebbie, tramonti, albe, verdi primavere, o autunni decadenti, concretizza e rende visivi gli input emotivi di Maurizio Donte; quegli input che non di rado fanno apparire pessimistico l’animo del Poeta, ma che, al fin fine, lo portano ad inginocchiarsi di fronte alla grandezza dell’Eterno:

Dall’infinito ascolto la Tua voce,
mentre nel vento si ode suono d’onda,
che viene e frange e fugge poi veloce,
da quelle rive, dove il male affonda.

Scivola l’acqua e torna sottovoce
dentro il mare, che sempre l’asseconda:
è questa vita, solitaria croce,
non ho certezza in me così profonda.

Naufraga il dire, mentre il tempo passa,
ed ogni giorno, svelto, torna a sera:
muore speranza ed il domani è vecchio.

Vedo i contorni sbiadirsi allo specchio,
ma nel silenzio quel Tuo dir s’avvera,
se la mia fronte innanzi a Te s’abbassa.

Ecco, questo è quanto aveva scritto, nella prossima email le allego per correttezza il nuovo testo, dove volesse fare aggiunte o altre riflessioni, o anche non darmi l'autorizzazione, se ritenesse che non sia il caso.

Nazario Pardini


Vol.IV

Op.290

ABBA ABBA CDD CEE

Io ti scriverò lettere d'amore,
per quanto a nulla serva la parola
se è il deserto che l'anima sorvola, 
serbando in sé il silenzio che arde in cuore.

Brucia ogni speranza nel fragore
del mio pensier che rapido s'invola
sibilando, e s'inoltra nella gola
dove stringe il sentiero nel dolore

per il tempo che passa e non si ferma;
per il fuggir nell'ombra dell'amata
gioventù, per amor da me donata

a chi non meritava. Si sofferma
sull'orlo del destino, questa vita
per un istante avuta, e poi sfuggita.

Op.291

ABBA ABBA BCB CBC

Non raccolsi d'amor l'ultimo vento,
né sollevai la vela che s'inclina,
nel tempo che alla sera mi avvicina
a rive ignote, oltre il sentimento.

E corre in aria, alto, quel che sento;
e mi ferisce sai, sapermi spina,
ché non volendo mai, ti fui rovina:
scintilla d'un incendio che s'è spento.

E batte il cuore ancora, stamattina,
e penso che l'amore è una condanna,
un nemico che tutti ci assassina,

un sentire per cui ognun si danna,
un'onda che separa e riavvicina:
un'ombra inquieta che la luce inganna.

Op.292

Morte di Adriano

Animula, vagula, blandula,
hospes, comesque corporis
quae nunc abibis in loca?
Pallidula, rigida, nudula,
nec ut soles dabis iocos ...

Dove andrai, ora, mia piccola anima,
errabonda e scherzosa,
ospite, e a lungo, compagna del corpo?
Dove andrai, errando sul mondo infinito,
tra le piccole scintille di niente
che rimangono incerte, sul confine,
come fossero loro, le uniche
àncore vere del nostro presente?
E va errando la nebbia sul tempo,
silenziosa, avvolgendosi in spirali
di nulla, come un pensiero, che piano 
ti culla, e si disperde
con i rivoli d'oro
degli antichi ricordi.
Tu non chiedere altro,
non pensare che torni:
sola resta una voce,
un'ultima eco, cui essere sordi.
Niente vale di noi;
e vana è questa rincorsa, che termina
dentro il finire confuso dei giorni.

Op.293

Corre la luna chiara sopra al mare
e scivola col vento che trascina
l'onde verso la riva e le rovina.
Sibila l'aria intorno e sono amare

le mie giornate, l'ora e la memoria;
le cose trascurate, allora assenti,
nei battiti del cuor si fan presenti.
Così passa dall'oggi questa storia

che tu credevi fosse l'importante:
non è questo, non è l'altro, e distanti
si fan ricordi lieti; né davanti
avrai se non il tempo disperante
,
del futuro così incerto e al domani
che vien, bendato, tenderai le mani.

Op.294

Amore mio, io la ragion non chiedo
del mutarsi del tempo e di stagione,
dell'ombra che divora la passione
dell'orma cancellata a cui non credo,

del divenire nuovo che non vedo.
Così la vita passa e l'emozione
si spegne a poco a poco, sensazione
inutile, silenzio. Qui mi siedo

sotto le chiome verdi ad ammirare
il mar che fugge l'onda e la tempesta,
il giorno appena sorto che già muore,

il venir dell'autunno che s'appresta
a primavera; e sento in me il fragore
del frangersi di quanto amavo amare.

Op.295

Altra arma non ho che la mia parola

Viviamo nella tenebra più oscura,
poca speranza ormai mi lascia il mondo:
la vita di nessuno è più sicura
e va l'umanità cercando il fondo

con la freddezza cupa d'assassino. 
È morta la pietà e così il domani;
non c'è futuro che ci sia vicino
quando la mano che uccide é di Caino.

E serve l'odio che imperversa forte,
e deve esser per una religione
diversa, giusto, seminar la morte?
Dorme profondamente la ragione

su questa terra, ed è la perversione
a dominar la vita e l'abiezione.

Op.296

Sonetto ABAB ABAB CDE EDC

Talvolta stanco son di questa vita
che erra lontano da ogni cosa buona.
Rapida fugge e passa fra le dita,
senza che nulla la rallenti e suona

l'ora e la dolce età viene smarrita
e vibra l'aria e di lontan risuona
campana che s'udiva ai tempi in gita:
quel rintoccar la mente mia imprigiona

nell'illusorio tornar di momenti 
lieti, che da anni, invece sono andati 
in un fiume che tutto in sè travolge.

Smarrito l'occhio mio lo sguardo volge
a quegli istanti che non sono stati
e all'arido svanir dei sentimenti.

Op. 297

Se fosse un lago tranquillo, la vita,
un cerchio disegnato da una lacrima:
una nuvola, un sogno finalmente
libero di volare in cielo, invece
di un grave solco nel quale si semina
soltanto sofferenza. Scorre il tempo
liquido come pioggia, scivolando
limpido in mezzo agli artigli taglienti 
dei giorni miei che cercano la fine.

Ah, vita mia, incerta, desolata e
ferma ai cancelli di ferro dei luoghi
dove s'annulla il desiderio. Questa,
forse, la via, il mondo vero o falso, 
l'orlo perplesso dove l'universo
inciampa in sé medesimo tra luci
ed ombre di molteplici silenzi.
Si proietta sul transito lunare
la nube incerta del male e non so
davvero quale strada
sparirà nel domani.

Op.298

ABBA ABBA CDB BDC

Che mi offre mai l'amore di diverso
dal perdere del tutto la ragione,
dal regalare il senno alla passione,
dal credere d'avere ciò che ho perso?

Pace mi chiede il cuore ormai disperso
nei rivoli del sogno di stagione:
un'ora solamente d'illusione
e la corrente segue un altro verso.

Che tu sia maledetto, sentimento
roteante, soggetto al divenire
d'ogni capriccio e d'ogni tentazione,

inerme preda della sensazione
che viene e fugge verso l'avvenire
nei refoli che volano nel vento.

Op.299

Amore, non ti credo, sei uno stolto:
un'ora mi rapisci e dopo niente,
ti perdi in mezzo all'aria, indifferente
allo svanir di quant'hai dato e tolto.

Puoi dir che fosse poco oppure molto:
credevo fossi luce nel presente,
invece passi: un'ombra nella mente
e il sogno che credevi si è dissolto.

La tenebra discende sulla vita:
perché non batti, cuore, non sussulti?
Perché la tua passione ormai è morta?

Perché non piangi innanzi alla sua porta,
tu che la via sapevi e l'hai smarrita,
perché non gridi amore e non esulti?

Op.300

Valchiusa

Pensoso me ne vado di nascosto,
a cercare nel vento la parola
o il silenzio, che passa sopra il posto
dove l'anima vaga, così sola.

E nel fitto dei rami ancora sosto
a guardare nell'ombra della gola,
dove scende il ruscello, un po' discosto
dal luogo dove Amor faceva scuola.

E corre il tempo come un fiume in piena,
e si alza il sole e torna poi la luna,
e va svanendo il giorno e la sua pena,

e a nulla vale sperar: già si imbruna 
sera, e nel mio pensare a te, serena,
viene la notte e lento il mal s'aduna.

Op. 301

ABBA ABBA CDE DCE eFF gAA (h)I (h)

Respira il mare rauco, a ritmo lento,
sulle rocce che vedo da lontano,
e dondola la nave e muove piano,
mentre in cielo si spegne il firmamento.

Così passa la vita nel tormento:
il giorno s'avvicina a mano a mano.
E sciogliere le vele so che è vano,
al nulla che mi attende, allo spavento.

La tenebra ricopre l'orizzont[e
e] nubi basse nascondono la luna:
speranze non ritrovo e di partire

sento venire l'ora e si raduna
il dubbio e posa e si distende in fronte
il viaggio che s'inizia col morire.

La rotta non smarrire
mai sulla via che cerca l'infinito,
sciolta è la vela e il tempo è ormai finito,

si incrina la certezza 
che non ho avuto, il lascito del vento
alla marea che spezza il sentimento

disperato di quanto avevo allora
e non ho amato.

Op.302

Scossa di Giove l'egida tonante,
e la cetra d'Apollo citaredo:
un tuono tra le nubi risonante,
fin sul Parnaso canta il sommo aedo.

E trema il suolo al passo del viandante
che della fama sa la vita e il credo:
non è nulla il brillare d'un diamante,
fredda la Pietra? All'illusione chiedo.

E verrà il giorno in lacrime cadenti:
freddo l'inverno, porterà il dolore
fame di nulla e voglie dirompenti

d'eterna luce, gloria e di splendore:
e nulla avrai, sarà nei forti venti
il volar della cenere nel cuore.

Op.303

ABBA CDDC EFFE GG ( H-sdrIIH-sdr lMM)

Solleva il canto l'onda di marea
quando alla riva vien muovendo e posa
il suo pensiero stanco su ogni cosa.
S'allenta la tensione nell'idea

che in pace tace, mormorando: un'ora...
Fluisce il tempo e sovrappone al mare
il movimento lungo dell'amare,
il vento che ricolma vele ancora

di passione vissuta e viva; il sangue
di cui senti pulsar le vene; il viso
amato nel ricordo, il suo sorriso...
il sogno che hai perduto allora langue

nelle conche sabbiose e le correnti
non lo portano vivo a te nei venti

che sorgono la sera, e illanguidiscono
nel macerarsi inutile d'amori
infranti.. è vero, sai che nei dolori
si vedono le altezze che svaniscono,

le occasioni perdute,
le illusioni, le pulsioni all'ignoto
venir futuro, che è soltanto il vuoto.

Op.304

Le fiamme nella sera volan lente
e tace il vento attorno ed il sospiro
dell'anima che sale al cielo sente
la nostalgia di allora, mentre in giro

si stempera il pensiero. Tra le spente
luci tue che mi fermano il respiro,
si va sciogliendo in acqua lentamente
il suono della riva. Ed io m'aggiro,

cercando il viso amato d'una volta,
nell'ombra che la notte mi ricorda
momenti amari e lieti; e quei sorrisi

presto svaniti in pianto dai visi,
nel solo tempo d'un sogno. E m'assorda
il cuor la gioventù che mi vien tolta.

Op.305
In Paradisum deducant te Angeli

In Paradiso ti portino gli Angeli,

sull'ali d'oro tra nubi d'argento
là dove vive l'Eterno in silenzio,
nell'alto cielo ch'é senza un lamento.

Più non importa nel petto il dolore
le note amare disperse nel vento:
vien tutt'intorno la pace e l'amore.

Vieni bambino, la Madre t'attende,
a braccia aperte, ti stringe sul cuore,
dolce tesoro: sul mondo si stende

il suo tenero sguardo che consola
e rimuove il rimpianto che m'appende
al cuor la pena che l'oggi desola.

Sorridi, è vivo, ora gioca sereno
per mano in festa vi attende chiamando
dove la vita giammai viene meno.

Op.306

Odissea

E si chiude, del tempo l'odissea,
in un sospiro rapido finisce;
e s'apre all'orizzonte l'infinito,
nell'onda silenziosa dei ricordi.

L' amore ormai passato non ti scordi,
ma la vela dell'anima sfiorisce,
ammainando il volo ch'è finito,
quando muore al tramonto anche l'idea

della speranza tua, ultima dea.
Ripassi le memorie come un rito,
e il correre dei giorni ti stupisce

e l'ombra avanza lenta e si smarrisce
il senso della vita. Ora sfinito
corro là, dove porta la marea.

Op. 307

E se ne van così l'ombre fuggendo

E se ne van così l'ombre, fuggendo
invano, e i giorni svelti se ne corrono
lontano, e il tempo scende nell'oblio;
e il mio timor del nulla
celo nelle parole e il canto levo
al cielo e a Dio, quando dell'inverno
s'approssima la neve.
Lieve mi sia quel giorno al suo venire:
e lenta quella nebbia che m'avvolge
nel cantico dei santi;
accoglimi quand'è sera nel sogno
eterno che m'attende nella luce
dove termina il tempo ed il pensiero;
e ad Altro s'apre lo sguardo a comprendere
quel che per noi è impossibile capire.
Oltre non vedo da qui, e non so dire,
e m'abbandono al vento, alla marea
del tempo che mi porta 
dove la vita scende e non ritorna
qui, accanto al mio soffrire.

Op. 308

Un passo dopo l'altro, vado lento,
scoprendo quella ch'é la mia natura:
son ombre e poche luci, e mi spavento,
vedendo la salita farsi dura.

Se guardo indietro tutto appare spento, 
un bosco fitto intorno alla radura,
e non c'è fuoco ormai, né sentimento
che valga a confinare la paura.

Scricchiolano i miei passi sulla neve:
del ghiaccio prigioniere le emozioni,
non trovo più la via, né più il sentiero;

mi guardo attorno e penso ch'è un mistero
il volgere del tempo alle stagioni,
il giorno che d'inverno si fa breve.

Libro IV

Op.309

Tempus fugit

sonetto ABAB ABAB CDE EDC

Sempre domando a Dio d'umana sorte
e del soffrire nostro la ragione,
ed il perchè di una condanna a morte
che tèrmina speranza ed illusione.

Corrono le ore e svelte si fan corte, 
mentre s'estingue l'ultima stagione...
E lentamente serrano le porte 
a qualsivoglia mia consolazione.

Come polvere siamo in questa vita
e son contati tutti i nostri giorni;
e non restano a noi altro che spine,

mentre muti guardiamo le rovine.
E vano è lo sperare che ritorni:
rapido fugge il tempo dalle dita.

Op.310

Sonetto ABAB CDCD EFG GFE 

Io non ho voce

Scende la nebbia e dentro rasserena,
fuori nasconde quel che mi fa male:
ogni pensiero ed ogni sua catena;
l'inutil dire, quello che non vale.

Solo il silenzio, quando il Mondo tace,
spiega la vita, quello che la segna.
Vorrei la Terra fosse tutta in pace
e del Divino amor che fosse degna.

Non più vi fosse guerra, ma fraterno
amore. Si alza invece quel fragore
d'armi che lento dentro mi corrode.

Guardo là fuori e l'anima si rode
per tutto il sangue, tutto quel dolore,
io non ho voce e scende già l'inferno.

Op.311

ABAB CDCD EFEF GHGH CC

E mi rammento del sospiro il suono,
zefiro dolce, il vento tra le fronde
e i rami, e nel profondo l'abbandono
che va nascendo e tutto mi confonde.

Ti penso cara, e so del tuo dolore,
dei passi persi, muti, che conosco,
dei sogni attesi in cerca dell'amore
sopra il tappeto rosso là nel bosco.

Ed è silente musica il sentiero
mentre nascondi ciò che provi e chiedi,
e non è molto, sento ch'è sincero
il tuo sentire, quello in cui tu credi.

Muore l'alba specchiandosi nel fosso,
e un brivido ti stringe nelle spalle:
e nel riflesso tutto appare mosso,
non è la vita altro che uno scialle

in cui ricerchi un poco di tepore,
quello che chiami e chiedi è solo amore.

Op.312

In lode dell'amata

Odicina anacreontica

a(sdr)bbc(tr)

Da questa rupe indomita
che sopra l'onda s'erge,
che sempre il mare asperge
di lacrime di sal

ora ritorna nitida
in me memoria chiara,
di quella notte amara, 
col mio perduto amor.

Aveva il corpo morbido,
ed era niveo il seno
che con andare ameno
accarezzava il mar.

Frangeva l'onda torbida
e se ne andava il vento
sì rapido e contento
veloce a ritornar.

Mai torneranno limpidi,
e così belli i giorni,
mia cara tu non torni
ad allietarmi il cuor.

E ancora l'onde frangono
e viene presto sera,
e l'anima dispera
in tutto il suo dolor.

Né mai verrà, nel subito
rombare di tempesta,
il sogno d'una festa
ch'è persa ormai così.

Op.313

Nelle notti serene, ai cieli tersi

Nelle notti serene, ai cieli tersi
canto l'amore, e il tempo del naufragio
d'ogni speranza, la virtù, l'onore
smarrito al suono d'una melodiosa

voce. Da allora l'anima non osa
levar lo sguardo in giro e nel dolore
eterno posa il lamento, al disagio
del viver soli. Da quando ti persi

 più non ti vidi, e il sogno nei dispersi
tentacoli del tempo va al presagio
amaro dato dal ricordo, amore,

ed alle tempie dolenti il rancore
si spegne nel pensier di te che l'agio
mi dava di sognarti e scriver versi

e versi e ancora versi.

Non più sarà così, lo so, diversi
son gli attimi d'amore, di speranza
nutrono chi ama d'un sogno privato
d'ogni realtà. Non è quel che si vede

vero, ma solo il riflesso che chiede
all'altro lato di non esser fiato
che appanna il desiderio; e nella danza 
girano intanto attorno questi versi

nati per gioco, ma forse dispersi
davvero nell'amor che fu sostanza
un giorno e quello dopo fu sperato,

perso, e poi ritrovato ancora. Il Fato
volle di me prendersi gioco e avanza
ormai la notte sui pensieri persi.

Op.314

Mi fan tremare i tuoi begli occhi il cuore:
donna mia torni, silenziosa e cara,
come quell'ombra che alla sera, amara,
scivola dentro per parlar d'amore.

Di velluto lo sguardo tuo, splendore
e vanto: vela che silente ammara
sull'acque, incanto; della notte chiara
sei la mia luce e il canto. Del dolore 

antico, suono che infiamma, elisir,
candore. Sogno che fugge dal vero
mio sentire nell'anima quel senso

di stordimento che mi fa morir
d'amore. È una voragine, io penso,
aperta all'insondabile mistero.

Op.315

Potesse amore ardere di nuovo

canzone: ABCDEDFGHII

Potesse amore ardere di nuovo,
riempiendo di una musica le valli, 
d'armonia, di canti e lieti suoni,
come d'acqua che scorre dalle fonti
e, ruscellando va per le sue rive,
felice di saltare giù dai monti,
in cascate tonanti e fragorose;
potesse ancora correre nel cielo,
come una nube sfilacciata al vento,
come foglia che va e non riposa,
come la veste bianca d'una sposa.

Se ne va, invece nel silenzio muto
al mare, che ora tace sulla riva,
e la sua schiuma appoggia piano piano
e mormorando va qualcosa ai sassi.
Poi sta zitto e non parla più di nulla,
o chissà, forse si confida ai massi.
Nel vento più non sento primavera,
ma soltanto il sussurro dell'estate,
ch'è finita per sempre e non ritorna,
dentro il suono che il mio udito culla,
si è perso anche il ricordo, o mia fanciulla. 

Si è perso e più non torna per davvero,
il pensiero e la pace che vivevo,
resto qui, solo, su questo finito,
solitario, mio angolo di mondo,
dove non trovo nulla di valore,
se non forse il silenzio dove affondo,
che è voce che di te mi parla ancora,
mentre discende il sole dentro l'onde
e dipinge ogni nube di colori
accesi, che si spengono di sera,
dicendo che nessuna cosa è vera.

Potesse il tempo essermi clemente,
fermare il correr suo per un momento,
nell'angolo del cuore più segreto,
l'amore perso nel venire sera,
come fosse una gara di ardui voli,
ritornasse esultante in primavera;
non cede verità in questo istante:
niente torna, di quello che si è amato,
si perde nelle pieghe il sentimento
del contatto con quel che appena è stato
ed è questo il fardello che mi sento.

Un fardello in cuor mio così pesante,
l'amore che s'è perso, in un istante
la vita, che procede indifferente
verso una fine ch'è per tutti uguale,
a cui pensar spaventa, e ci fa male.
Op. 316

Il tempo 

odicina anacreontica 

a(sdr)bbc(tr)

Scivola il tempo immemore
di te che fosti amore:
è come un'ombra in cuore
nel risorgente dì.

Era il mio sguardo timido
di fronte alla bellezza
che, come forte brezza,
spirava in ciel così.

Andava il vento rapido,
soffiando su quei rari
momenti non amari
che scesero nel cuor. 

E corre come un fulmine
veloce, il mio pensiero,
è proprio un gran mistero
il nascere d'amor

che scende dentro l'anima
insieme al dolceamaro
ricordo tanto caro
d'un tempo che finì.

Muove nell'aria gelida
del venïente inverno 
pure quel sogno eterno
che subito morì,

portando tra le nuvole
nell'onda del rimpianto
il mio silente canto 
distendo sopra il mar

e in mezzo all'aspre tenebre
cresciute dentro al petto, 
che privo del tuo affetto,
non sa davvero amar:

muore la sera il cantico
foriero di tempesta
che spira e non s'arresta
sul lungo mio dolor

che mi rimane statico
infisso dentro il cuore,
ma senza alcun rancore
per te che fosti amor!

Op.317

Non ho virtù né canto che regga ancora
il giorno e la natura: ombre vedo
soltanto; eppure mai, altro non chiedo
al mio destino che aver pace un'ora.

E viene il tempo amaro in cui non credo:
oggi e domani o ieri, sei tu signora,
incertezza, e il dolore come allora
torna a posarsi accanto, dove siedo

a meditare. Che sarà domani?
Forse un giorno diverso dalla nebbia
che mi avvolge? Non so, dubito d'ogni

cosa: della mia vita e dei suoi sogni
ormai cessati. Il suo passar mi trebbia
come grano e dilava dalle mani

quei tempi ormai lontani.
Non è, non fu, sarà poi certamente
diverso dall'attesa della mente

quello stesso presente
che non dura e racchiude nell'istante
la fragile bellezza d'un diamante.

Op.318

Ci sono giorni in cui attendi parole
pur se lo sai che non arriveranno.
Così è la vita, un fumo che fa danno,
una nube nel cielo che non vuole

che passi un solo giorno senza affanno.
So che non le dirai. Alzo le suole
a scuotere la polvere nel sole
inesistente e i tempi che verranno

saranno uguali. La battaglia è persa
per tutti, mi dirai, lettore, è vero,
solamente combattere è concesso,

altro non ci vien dato, ed è lo stesso
serrar le pugna al vento, non diversa
sarà la sorte nostra, son sincero.

Op.319

Doppi settenari

Se mai per me fossero di tenebra i pensieri,
se per la lontananza, dimentico la gioia,

se sulle sponde avite, si fermano i sentieri,
se la mia vita passa nei giorni della noia,

cos'altro ormai mi resta, di quello che volevo,
delle speranze avute, di giovani speranze.

Tutto s'arresta e suscita, nel tempo che credevo
al mio sorriso dedito, nei giorni delle danze,

soltanto l'amarezza dell'illusion d'amore.
Oltre oramai non vado, qui io mi fermo e chiedo

se dell'affetto il sorgere non porta che il dolore,
e dei miei sogni dubito, e nel silenzio siedo.

Op.320

Posano lenti gli anni

Posano lenti gli anni sul tuo viso,
mentre nel tempo s'imprigiona il giorno
ed il silenzio muove piano i passi
lungo l'andare d'ombre sui ricordi:
polvere che si posa sulle mani,
come neve sull'ultima stagione.

Parlami ancora tu degli anni belli,
di quando non finivano le ore
e il sole del tramonto prometteva
la gioia della luce all'indomani.

Dimmi di quando amavo senza dire
null'altro che con gli occhi nella sera,
dell'aroma di gelsomino in fiore
che viene dalla goccia di rugiada.

Istanti d'una meraviglia nuova:
brividi d'emozione sulla pelle,
tuffi del cuore dentro l'onda quando
frange, e ricorda il tuo passar leggero.

Ti muovi, come allora, nel riposo
e stormiscono al vento le mie fronde:
come un albero affondo le radic[i
al] sentir della tua musica
nel cielo. Tu sei stata nell'Aurora
una speranza, un'onda
nel sole, il divenire,
il sorgere dei sensi all'imbrunire.
E piano canta ancora l'acqua a riva:
mi parla di te, sempre, dolce amore.

Op.321

Alza gli occhi al ciel, anima, respira,
e nel silenzio della quiete intorno
al murmure ruscello fai ritorno.
Là si propaga il suono e ne sospira

l'aria tremula al vento e i rami gira,
muovendo foglie al vorticar del giorno.
E col pensiero ad una volta torno,
al tempo in cui d'amor l'idea s'ammira,

e nulla al cuore dice l'ombra, e il sole
riflette i sogni tuoi nell'onda quieta.
Promesse sono i dì futuri e nulla

li turba mai; così sempre mi culla
quest'illusione che domani inquieta
ancor mi tradirà, com'ella vuole.

Op. 322

Muove l'acqua del mare et passa 'l vento
di sopra l'onda, laddove furtiva
va a pianger la mia anima un lamento
per te, amor mio che fuggi in sulla riva,

et teco viene quel rimorder lento
che seco trae la mia paura viva
d'averti persa per sempre. Son cento
omai i giorni ch'io contai et ora arriva

il dì in cui si smemora e si frange
'l tempo mio ne' mille rivi d'acque
in cui si va sperdendo la memoria

in un istante. Tal, ahimè, la gloria
immortale d'amore: un lampo et giacque
quinci smarrito al suol ove sé piange.

Op.323

Canzone sestina lirica n° 3

Quieta si posa l'ombra sulle rive

Quieta si posa l'ombra sulle rive
mentre nel cielo brillano le luci
e si distende il frangere del mare:
musica eterna che mi parla al cuore
di tutte le speranze della vita
e del profumo tuo sotto le stelle.

Erano gli occhi tuoi lucenti stelle,
splendori di riflessi sulle rive,
sospese sulle vie della mia vita
e l'amor m'era chiaro, a quelle luci.
E di te parla sempre questo cuore
perso, di quando ti vedevo al mare:

serena, te ne andavi allora in mare
come sirena nel chiaror di stelle.
M'aprivi una ferita dentro al cuore
col tuo incedere lento sulle rive;
danzava la mia gioia fra le luci,
ricolma di speranze nella vita.

S'è persa senza te questa mia vita
come vela che s'è smarrita in mare
e cerca disperata fra le luci
la via che mi riporti tra le stelle
a ritrovarti ancora sulle rive
là, dove spero abiti il tuo cuore.

Da tempo l'ho perduto questo cuore
insieme ai tanti sogni della vita:
come il frangersi d'onde sulle rive
sono i ricordi sciolti dentro il mare,
perduti istanti, spolverio di stelle
che se ne van sull'acqua in mille luci.

Così remote sono le mie luci:
povere cose custodite in cuore
e immensità smarrite fra le stelle.
Questo mi resterà della mia vita:
memorie perse nel profondo mare,
e sogni di conchiglie sulle rive.

Son lontane le rive in questa vita:
un mare immenso in cui si perde il cuore,
lo spegnersi di tante luci e stelle.

Op. 324

E tutto poi s'infrange, come i sogni
nel tumulto del vivere del giorno,
che passa e non mi lascia nulla mai
se non il mio rimpianto per l'allora.

Oggi io cerco soltanto la certezza
di non aver sprecato questi anni
in futili speranze, senza conto.
Del tempo che mi resta non so niente.

Op.325

A Seneca

(Dum differtur, vita transcurrit)

ABCD DCBA ABC CBA

Mentre attendi, la vita passa invano,
e inutilmente corre come un fiume
in piena al mare; e i giorni se ne vanno
in nulla e le speranze avute allora

si disfano man mano che vien l'ora
in cui t'accorgi che, passato l'anno,
dei sogni fatti restano le piume.
Sono chimere, viste da lontano,

che si svelano presto come vano
desiderio. Nient'altro sarà: schiume
d'onde nel vento, le illusioni, a danno

tuo avute un tempo, e che ancora verranno
in futuro. Tu serba, in questo fiume
dolente, dignità: bene sovrano.

Op.326

Nell'ombra

Nell'ombra quieta riposerò un giorn[o
e] non udrò degli amici
la lusinga, ma al vento correranno
i miei pensieri e frante poi saranno
le mie parole scritte
un tempo sulla carta;
e così al suono dormirò d'un rivo,
là, presso il luogo più lontano e mite
che conosco, al silenzio degli alberi
che cantano di tempi che davvero
io più non ricordavo: di polvere
sono la vanità come la gloria   
e l'illudersi dura assai di meno
di una vita, ma quando scioglierai
all'alba quelle vele nulla di te
ti rimarrà vicino, non l'idea
dell'eterno correre 
del tempo andato, nemmeno l'anima
che ti tenevi cara,
non i più cari affetti 
tutto è davvero nulla, anche il soffrire.
Soffiano i giorni, svelti come foglie,
corrono lungo strade sconosciute;
si soffermano a volte sulle soglie,
quasi all'angolo d'un gradino muto,
che non racconta più nessuna storia:
è di cenere l'ombra della sera.

Op. 327

Adagio corre intorno l'acqua, lenta
e la nuvola in cielo s'avvicina:
così nel cuore l'anima tormenta,
nel giorno d'oggi, il tempo che rovina.

Ed altro vedo mai che mi consenta
di creder nell'amore senza spina;
cercando vado in me la fiamma spenta:
la luce, che s'avvolge come trina

e splende sul sentiero dove niente
sarà mai più com'era prima. Dorme
ormai quell'ieri che ho vissuto, dove

le azioni son rimaste come prove
di un domani che ha perduto l'orme,
le tracce sconosciute del presente.

Op. 328

ABBA CDDC EFFE GG ( H-sdrIIH-sdr lMM)

Solleva il canto l'onda di marea
quando alla riva vien muovendo e posa
il suo pensiero stanco su ogni cosa.
S'allenta la tensione nell'idea

che in pace tace, mormorando: un'ora...
Fluisce il tempo e sovrappone al mare
il movimento lungo dell'amare,
il vento che ricolma vele ancora

di passione vissuta e viva; il sangue
di cui senti pulsar le vene; il viso
amato nel ricordo, il suo sorriso...
il sogno che hai perduto allora langue

nelle conche sabbiose e le correnti
non lo portano vivo a te nei venti

che sorgono la sera, e illanguidiscono
nel macerarsi inutile d'amori
infranti.. è vero, sai che nei dolori
si vedono le altezze che svaniscono,

le occasioni perdute,
le illusioni, le pulsioni all'ignoto
venir futuro, che è soltanto il vuoto.

Op. 329

Solo et pensoso...

Come vorrei poter sognare ancora
i giorni miei trascorsi ormai lontani,
l'ombre di allora fatte con le mani:
le risa, i baci, trascorsi in un'ora

sola, che fugge e non si ferma e trema.
Vaga soltanto l'anima indistinta
conscia di sé e per tutto il resto stinta.
Ombra nel buio, che sai, si affanna e rema

controcorrente e cerca di capire
di se e degli altri, la ragione vera,
che non esiste, questo mi dispera:
di là del vetro il resto va a finire.

Sordo il pensiero tuo, senza l'amore
e tutto è vago e pieno di dolore.

Op. 330

Abbandonati 

Abbandonati a sé, nel perpetuo volgere d'anni
perduti, come il lento disciogliersi delle acque
nei ghiacciai del tempo. Nelle ere che passarono
se ne andarono i sogni,
il vino inebriante dei giovani;
ed ora, nel crepuscolo incipiente
si distendono inquiete l'ombre mute:
si interrogano i vati ed i profeti
vanamente. Non resta 
in me che la domanda, 
silenziosa ed ultima, posta al sereno, alto,
onnipossente e lontano dal mondo,
dove non trova albergo la speranza.
Tutto si tace, allo svanire lento
della vita, che sembra un gioco, a volte,
non per te, mai, non nelle mani stanche
di riparare quello che rimane, 
delle tue mura, di quelle difese
erette inutilmente. 
Desiderio dell'infinito e dubbio
immane che tormenta. 
L'universo mi parla di Te,
in una lingua ignota: parole che io non so capire.

Op. 331

Tu eri per me una dolce e acuta spina 

 sonetto a madrigale interno
AbCd dCbA AbC CbA aDD
(ABBA ABBA CC)

Io lo so di che fiamma mi bruciavi:
come ardere d'un rovo
era per me il tuo dire, acuta spina
il tenero sorriso

che ti muoveva il viso
e il lampo d'occhi, brace che rovina.
Tu, di dolore covo,
al vibrar della luce che evocavi

attorno, mentre il cuore mi graffiavi.
Si leva un vento nuovo
nell'aria fredda d'ombrosa mattina

e lento viene il mal che m'assassina.
Amore più non trovo
e non tornano gli attimi soavi,

eppure tu mi amavi,
prima che te ne andassi all'improvviso,
lasciando in me morire il Paradiso.

(madrigale interno)

(Io lo so di che fiamma mi bruciavi):
era per me il tuo dire, acuta spina
e il lampo d'occhi, brace che rovina
al vibrar della luce che evocavi

attorno, mentre il cuore mi graffiavi
nell'aria fredda d'ombrosa mattina.
E lento viene il mal che m'assassina
e non tornano gli attimi soavi.

(prima che te ne andassi all'improvviso,
lasciando in me morire il Paradiso).

Libro IV 
 Doppia sestina lirica Op. 332

(schema da Francesco Petrarca, op.332, Canzoniere)
 doppia sestina lirica-rara forma lirica di origine danieliana 
 (ovvero dal provenzale Arnaut Daniel)

ABCDEF
 FAEBDC
 CFDABE
 ECBFAD
 DEACFB
 BDFECA-
 -ABCDEF
 FAEBDC
 CFDABE
 ECBFAD
 DEACFB
 BDFECA

congedo
 AE/CD /FB

SCENDE LA LUCE E IL GIORNO CORRE A SERA

Scende la luce e il giorno corre a sera,
 così d'autunno si fan brevi i giorni:
 s'avviva il bosco del color di fiamma
 e dei ricordi ancor ci parla al cuore.
 Lontani tempi tornano nei venti
 mentre silenti cadono le foglie.

Ad una ad una, scendono le foglie,
 quando al tramonto, lenta si fa sera:
 è fredda l'aria ché la gelan venti,
 mentre riconti sulle dita i giorni,
 venuti meno dentro al nostro cuore
 e ci riscalda ancor la loro fiamma.

Vacilla e trema incerta ormai la fiamma,
 e viene meno al scendere di foglie,
 che piano tutto celano nel cuore,
 e svanisce la luce nella sera.
 A mano a mano s'accorciano i giorni
 mentre di notte si fan gelo i venti.

Sono passati anni, altro che venti:
 e li ripenso come ardente fiamma.
 Corrono come una bufera i giorni,
 dal viver nostro staccano le foglie
 e ci lasciano poi di nuovo a sera,
 dinanzi a quel che ci raggela il cuore.

Pensar la morte ci attanaglia il cuore:
 non v'è riparo a quei tremendi venti,
 che ci fanno provar l'estrema sera
 che tutto spegne e si raggela fiamma:
 in un lampo si son arse le foglie
 e consumati tutti i nostri giorni.

Veloci son passati i brevi giorni,
 han traversato come un lampo il cuore
 e nel cielo volarono le foglie,
 come pensieri rapidi nei venti
 per alimentar l'ardere di fiamma,
 di cui non resta nulla nella sera.

E d'altra morte mormora la sera 
 del venir meno che ha segnato i giorni 
 e con un soffio m'ha spento la fiamma
 che mi teneva ancora acceso il cuore.
 Quante parole viaggiano nei venti,
 nel soffice cadere delle foglie.

E posan lente a terra quelle foglie,
 come pensieri, coprono la sera,
 mentre i ricordi migrano nei venti
 volando ancora a quei lontani giorni,
 in cui di te mi si riempiva il cuore
 e li accendevi dolce nella fiamma.

Tu eri per me una radiosa fiamma: 
 un fuoco ardente acceso con le foglie 
 e dell'amore m'infiammavi il cuore,
 ma nel silenzio sceso nella sera,
 te ne sei andata e son fuggiti i giorni,
 e nella notte udii ruggire i venti.

E gelidi si fan gli oscuri venti 
 che spengono nell'impeto la fiamma
 d'amor che luce mi faceva ai giorni.
 Ora trascino i passi tra le foglie,
 lungo il sentiero che conduce a sera
 e la speranza mi vien meno in cuore.

Amara danza che m'uccide il cuore 
 è quell'amore che ho disperso ai venti,
 e nulla resta, quando viene sera.
 Ormai s'è spenta la residua fiamma;
 fu un breve fuoco acceso con le foglie,
 e di cenere son gli usati giorni.

Divora il tempo tutti i nostri giorni,
 e così amor che m'ha ferito al cuore: 
 arido è il mio sentir come le foglie,
 polvere d'ieri che si perde ai venti.
 Per sempre spenta la lucente fiamma, 
 null'altro stringo che aria nella sera. 

 Fugge la sera, rapida nei venti,
 e cresce ancora la tua fiamma in cuore,
 ma sono foglie morte i nostri giorni.

Op.333

Esistono momenti che non sai
tenere: istanti fragili che variano
nel tempo, onde in movimento eterno;
parole dette che non torneranno

mai. Ed oggi come allora sarà danno
all'anima l'amore, inquieto inverno
che nel silenzio mi raggela. E cadono
le foglie dai misteri, mentre dai

e nulla ti ritorna indietro: guai
sono la tenerezza e il pianto, e fuggono
così rapidamente dall'interno

della mente i pensieri ed un inferno
creano alla memoria i canti e stendono
davanti i mali in cui ti perderai.

Op.334

Sono acqua accolta tra le pietre, goccia
che va perduta in un istante; vento
tra le foglie di un bosco d'incertezze.
Corteccia in cui mi chiudo per soffrire:

silenzio che sul mare va a morire.
Amore che ha bisogno di carezze,
luce di un fuoco che non trovo: spento
desiderare in questo giorno. Boccia

in cui non vedo alcun futuro. Ieri
che raccolgo, con dentro l'amarezza,
ricordi che ho lasciato e non riprendo:

il tempo che ho vissuto e va morendo.
Si perde dentro il corpo della brezza
l'idea mia con gli inutili pensieri,

la vita, i suoi misteri,
gomitoli di sogni dentro ai rovi
che guardi mentre cerchi e non li trovi.

Op.335

Taci. È nel vento che passa il respiro
d'un tempo che dilata le sue forme
nel giorno: un niente che nasce, un sospiro
che fiata e l'aria ritorna sull'orme

lasciate negli angoli bui. Un giro
è la vita che viene dall'informe
sogno d'allora; e la nebbia che ammiro
disseta, e piano si quietan le torme

di cure, l'ansie, le sere perdute.
Gli anni son cose finite, e mi culla
remoto un suono nell'onda; s'aggira

finalmente la pace. Son cadute
dall'alto cielo le stelle e sospira
la notte un canto che piano s'annulla.

Op. 336

Passa dal cuore mio, o lungo autunno,
tu che ora disfi i sogni lentamente
ed altri fai venir dai miei dolori.
Si muti questa nebbia in dolce pianto

di rugiada: di perle cospargi il canto
della cetra; tu sai che degli amori 
persi non resta la parola e lente
se ne vanno le mie ore nel Clitunno.

Son fonti trasparenti, le sorgive:
acque che van correndo silenziose;
tempi che sono andati e non verranno,

lente volute perse di anno in anno.
Vedo foglie cader come le spose
che sognai al suon di lacrime furtive.

Op.337

Anastasis

Risorgerò. E sarà tempo d'amare
il giorno in cui risuonerà nel vento
l'onda, il pensiero che non può tornare.
E l'estasi sarà per quel che sento:

Divino afflato che si muove lento
e libera dal sonno, dalle amare
cure passate, l'ieri, e il sentimento
per tutte quelle che mi furon care.

Amore, dolce follia che mi colse
per chi del mio sentir non seppe nulla.
Giovinezza che palpita e sospira:

amar che si riduce a quanto ammira;
e solo in tale illusion si culla
finché il finir da tutti noi la tolse.

Op. 338

Né sai com'è possibile morire

ABBA BAAB CDE ECD

Né sai com'è possibile morire
nell'ombra che si stende a mano a mano,
mentre la luce scivola lontano
e tutto tace attorno al suo finire.

Se ne va il sole, declinando piano
sopra i remoti angoli, e le mire
avute un tempo passano, e le spire
dell'oggi intorno ai desideri invano

avuti un giorno, avvolgono le idee
nell'intreccio ventoso di chimere.
Nulla è, nulla rimane, e nel dolore

s'è perso il tempo in cui cercavo amore
nella dolcezza delle nostre sere
in cui cantavo al cielo le maree.

Op. 339

Nasce nell'ombra l'ultima parola,
scivola piano e mi sussurra amore;
presso la fonte lo risento in cuore,
e dolcemente l'anima mia sola

tace e ricorda e dentro si consola.
Così lieve, si muove quel dolore
che va lontano e corre, cade e muore:
nulla rimane di quanto mi desòla

e muove un canto tra le foglie e i rami:
là dentro il bosco dove passa il sole
si va spegnendo l'eco dei richiami

del chiaro tempo, delle tue parole,
quando dicevo: non so se tu mi ami;
ed è così per le persone sole.

Op.340

Vorrei venisse come un soffio al vento

Vorrei venisse come un soffio al vento
e mi portasse dentro al sogno altrove:
là oltre il tempo, un altro spazio muove
ed altro spera l'anima che sento

disperdersi lontano. Sentimento
fragile della vita; non sai dove
va e a cosa porta, oltre alle alcove
dove riposa il nostro fuoco spento.

E mi riprende nostalgia d'allora,
di quando viva fiamma di speranza 
ardeva in cuore, e d'amore era presa

ogni nostra ora. Così nella danza
inutile dei giorni vado ancora
presso ai ricordi e la passione arresa.

Op. 341

Remotamente tuona il temporale
e scocca il lampo in cielo, la scintilla,
e lento viene il tempo che fa male
con la pioggia che cade, stilla a stilla.

E di lontan la chiesa suona a squilla, 
segnando l'ora, il giorno al suo finale,
mentre nell'alto guizza una favilla:
ultimo raggio ancora che non vale.

Si chiude, nella nebbia che risale
gli ombrosi fianchi dei silenziosi
monti, ogni speranza. Passa il vento

della sera a spazzare il sentimento
avuto in cuore, quello che nascosi:
dolce chimera che mi fu fatale.

Op.342

La luce viene meno sulla terra:
le tenebre si stendono man mano
che scende il gelo dentro al cuore e serra
i ricordi che muoiono lontano.

E passa il tempo e porta ai giorni guerra
nella vita che nasce e muore invano,
ed erra sui sentieri erti e sferra
il colpo a tradimento e rende vano

ogni pensiero o sogno che c'illude,
costringendoci a credere che tutto
quello che viene al mondo sia dovuto,

non che sia dato in dono e poi perduto.
E l'illusione cede il passo al lutto
che vien la sera ed al morire allude.

Op. 343

Risuona lento il tocco di campana
e volano le rondini nel cielo,
mentre viene la nuova settimana
e l'ombra posa in cuore un altro velo.

Di polvere la vita: affanno e gelo
a chiuder la speranza, che allontana
pian piano giovinezza. Questo me lo* 
dice sia l'alta luce che promana

da nuvole al tramonto, sia del cuore
il battere, e il respiro. Tutto inclina
verso quell'infinito che atterrisce,

in cui il tempo s'annulla e mi stupisce
non trovar freno alcuno a questa china,
a quanto se ne va crollando e muore.

Op. 344

Sonettessa

Come una goccia eternamente cade
dalla sorgente e va dove s'inclina,
così la vita passa e va in rovina.
Nulla mi segue, solo, sulle strade

se non quest'ombra; ed i pensier son spade
che trafiggono: lame in cuore. Spina
il tuo ricordo, giovinezza: china
che segue il solco e quel che a tutti accade.

Si spoglia il ramo d'albero di foglie
e sparse sono in terra le speranze:
l'oblio si cerca attorno e l'illusione

passa, morendo il giorno e la stagione.
E se ne vanno gli anni nelle danze
delle ore liete e meno liete; voglie

passate, quel che coglie
nella sera. Giornate belle e amare
a un tempo e nulla torna dell'amare

mai; lo sai che son rare
le passioni, e speranza in loro è tolta
insieme al tuo sorriso d'una volta.

Op. 345

Elisabettiano

ABBA CDDC EFFE GG

Mi sfuggono i contorni della vita:
né albe né tramonti, più comprendo,
e al cielo alzo le mani e a Dio le tendo,
gridando che la gioia mia è finita.

Dunque mai l'avvenire darà pace
ai giorni? Mai si compiranno i sogni
infranti? E che sarà dei miei bisogni,
della necessità che affanna e tace?

Lenta vedo salire la marea:
l'onda lunga che straripa e ritorna
in mare e in mente sento che mi torna
l'eco delle parole, o dell'idea

avuta un tempo, quando m'osai amare
colei che ad altri amore non sa dare.

Op.346

Dispera, cuore mio

ABCD DCBA ABC CBA

Dispera cuore mio, ché viene sera
e l'ombra sui tuoi passi stenderanno
nubi nere: non hai parole ancora
che verranno, né vento che sollevi

le tue vele, e lo sai che solo devi
vivere il giorno tuo com'era allora.
E i freddi dell'inverno morderanno
i sogni, e nulla attende chi dispera,

se non quel tuo pensar che mai s'avvera.
Nell'orbitar dei mesi passeranno
i tuoi ricordi e soli dentro l'ora

rimarranno. Clessidra è tua signora
e i grani della sabbia scorreranno
riempiendo d'amarezza, quella vera.

Op.347

Sonata al chiar di luna

E mentre l'onde corrono lontano,
scivola il vento tra i capelli, e chiama
incanto a risalir la riva, piano.
Così sarà, così fu, ancora brama

l'ombra, nel ciel, la luna, e il tempo vano
dato a te, amore. E come il cuor reclama
un bacio ancor, la vela stende invano
all'aria, il suo candor, per dir che t'ama.

Si va perdendo al frangersi del mare
con un lamento lieve, la memoria,
e si dipana in alto in un momento

quel breve volo, il canto che mi sento
dentro per un istante. La mia storia
è un palpito, sai, fra stelle chiare.

Op. 348

ABBA A(b)BBA C(b)BD CBD

Straordinario amor, sublime incanto,
onda che dentro l'anima innamora;
tu del cuore mio, unica signora:
amata donna, solo per te il canto

elevo ancora. E nel ricordo vanto
mi faccio ancor dei baci tuoi d'allora.
Ma l'ombra sale sai di ora in ora:
si stende sull'eclissi mia soltanto 

e sfuma nelle tenebre memoria
di tutto quanto in me tenevo santo.
E brilla in cielo e va, l'ultima Luna;

rossa, di sangue amaro la mia storia:
e passa in me la sua presenza, incanto,
che m'avvolgeva in sé come nessuna.

Op. 349

Io non oso

ABBA ABBA CDE EDC

Io non oso parlar se non d'amore,
luce del ciel che sopra ai tetti avanza,
sorriso e vita che nel cuore danza,
ombra che fugge via col mio dolore.

Non ti conosco amor, non hai colore,
quel che penso di te non ha sostanza;
e la tenebra intorno sopravanza
il sole. Fugge, senza far rumore,

la mia speranza ultima di vita;
non sei, non sai più nulla ormai da allora:
si disfa il sogno mio per sempre e tace

l'onda che a riva prometteva pace.
Passa senza veder, la mia signora:
luce degli occhi miei che s'é smarrita.

Op. 350

Ed è l'inverno sì violento e muto

ABBA ABBA CDE EDC

E del tuo fuoco ogni ricordo è spento,
così nel mondo si comporta amore:
oggi divampa, vien domani e muore.
E triste l'ieri se lo porta il vento

là dove fugge ciò che più non sento;
e cerco invano, preda del furore
di chi non prova altro che il dolore.
Freddo il tempo; e l'inverno è sì violento

e muto, come il cuore che ha perduto
il filo che sembrava teso al forte
ruggir dell'aria, alla rigonfia vela

che all'illusione diede nave e tela
e che soltanto mi conduce a morte,
or che dagli occhi il velo m'è caduto.

Op. 351

(Nuovo tipo di sonetto maggiore in versi 
5+7 e caudo raccordato da settenario, cui segue distico a versi invertiti 7+5)

Metro ABAB BABA ABA ABA a
CC

Solo nell'ombra#

Solo nell'ombra si cercherà il compianto,
nel fuoco freddo di chi più non ragiona;
l'arte nel dire, l'origine del canto,
nel fitto bosco, là dove s'imprigiona

l'eterno sogno che l'anima abbandona.
Tutto si volge nel venir sera al pianto,
mentre d'intorno va il tempo che stagiona
ogni ricordo rimasto in cielo e il vanto

che noi facciamo d'ogni nostro rimpianto,
 memoria dolce: coro che passa e suona
come fa l'onda dal mare alzata e il canto

del sol risorto nel luminoso incanto
che in aria vibra. Nel silenzio abbandona
la terra amore, per poi far vela al santo

giorno rinato intanto
a illuminare i sogni che lungo gli anni
muovono le speranze e i loro inganni.

Vol. IV ultima sezione

Op. 352

Per quanto fugga l'uomo    

Per quanto fugga l'uomo, l'amarezza,
essa l'insegue dall'età sua prima,
e nulla è dato, se non la certezza,
per ognuno di noi, della sua fine.
E a nulla vale ricercar la fama
su questa terra ingrata,
che tutto va coprendo,
di polvere e d'oblio.
E invano vaga lo sguardo smarrito,
cercando nelle cose
almeno una possibile
ragion che, sola, valga
a capire il perché di questa vita,
in cui altro che amara sofferenza
non viene. E di silenzio
allora s'empie l'ombra
inquieta, scivolando
come se fosse freddo
vento vuoto, che penetra nelle ossa.
Quando con marmo e bronzo
per sempre sigillate
saranno le emozioni
e l'amore per cui hai profuso ogni
tuo sforzo nella vita, dimmi dunque,
che resterà dell'orma
con cui pensavi imprimere la terra?
Son polverose vie, quelle dell'uomo,
dove, indeterminato, il tempo traccia
i suoi confini, oltre cui non si vada:
è quindi, doloroso
e vano, il nostro volgere
lo sguardo ai monti, al mare,
al cielo, ai cari affetti, domandando
all'infinito vuoto
il motivo del rapido rinchiudersi
su di noi della tenebra
oscura. Eppure, forse,
deve esserci ragione
se su, nell'alto empireo,
che nella notte silenzioso s'apre
in vista dell'eterna, incomprensibile
meraviglia dell'universo, l'ordine
ci sia negli astri e nelle stelle accese
in cielo, e sulla terra,
motivo per l'amore
che l'un l'altro ci lega.

op. 353

Idillio

Quando nel cielo, a mezzo del cammino
il sole, declinando smorza i raggi
al venir del tramonto, 
ecco s'incendia il mare
all'orizzonte, là dove s'incurva,
e va a finire il mondo.
In quell'abbraccio di fuoco il riflesso
accende l'onde e nel cuore il tormento
per la fine del giorno. Forte il vento
divora ogni momento, e va piegando
d'alberi al suolo i rami e le alte cime;
e fa gemer le sartie delle navi
che oscillano nel porto,
fra gli striduli fischi lamentosi
di corde d'archi, dentro all'aria tese
dal rapido venire di tempesta.
Viene meno la luce
e l'azzurro sereno
cede alle nubi e a raffiche impetuose,
e si ferma il coraggio, quella fede
che muove la mia vita nel domani;
e mai s'arresta il tempo, se non quando
la cenere si spegne
e dell'ardente fiamma non rimane
che l'inutile istante
altrui che in te non vive e vale a nulla.
Non cale al vivo, del morto, la fine,
se non per quell'affetto
che lo legava a lui per un motivo.
Spenti sono, al crepuscolo dei sogni,
i nostri giorni, ed oltre
il pensiero non riesce
ad alzare lo sguardo. Ecco ritorna
dentro me l'ansia, che per il domani
mi stringe il cuor d'angoscia e di paura: 
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2 commenti:

  1. Sempre interessante lo scritto di Nazario che ogni volta con grande generosità introduce i versi di quanti lo amiamo rispettiamo e consideriamo come "Padre" "Maestro" "Nocchiero"...ma questa volta ci pone, tutti noi di Leucade, davanti all'ardua impresa di leggere almeno una sessantina di composizioni poetiche- di grande e quasi unica precisione stilistica- di quel prolifico e originale poeta che è Maurizio Donte.
    Personalmente leggo e apprezzo molto il Donte ma non so quando potrò cimentarmi nell'impresa di leggero qui...so comunque che come già per altre sue opere anche questa merita la nostra attenzione.
    Auguri dunque di buona lettura. amici di Leucade.
    Edda Conte.

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  2. Mah. In effetti sono tantine, ringrazio il professore e la cara Edda della loro cortesia

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