domenica 27 gennaio 2019

PAOLO BUZZACCONI, RELAZIONE SU: "LA VERITA' PE RIDE..." DI LUCIANO GENTILETTI



Relazione su “La verità pe ride…e pe penzà” di Luciano Gentiletti

“La verità, pe ride… e pe penzà” è il titolo dell’ultima raccolta poetica di Luciano Gentiletti, un titolo da cui già si evincono le intenzioni dell’autore, che nel rispetto della migliore tradizione romanesca si propone di coniugare il sorriso alla riflessione profonda. Dunque si può fare poesia in romanesco senza cavalcare i falsi stereotipi del romano superficiale, ingordo e scansafatiche? E addirittura è possibile testimoniare la propria identità popolare senza urlare, senza cadere nella banalità o peggio ancora nella volgarità e soprattutto senza rimanere nel cerchio ristretto degli appassionati del genere comunicando con il proprio dialetto la preziosità di valori e sentimenti universali? Ebbene si. In questa nuova silloge poetica di Luciano Gentiletti c’è la risposta a tali domande e di conseguenza la spiegazione del clamoroso successo delle sue liriche nei tanti concorsi in ogni angolo d’Italia, dalla Val d’Aosta alla Sicilia. Quali sono, dunque, gli ingredienti “segreti” della poesia di Luciano? Pochi, ma buoni.
 Inizierei con la tecnica, che l’autore padroneggia con capacità e rigore, ma che al contempo riesce quasi a nascondere al lettore sfruttando la naturale musicalità dei lemmi del dialetto romanesco e avvalendosi di schemi metrici quali il sonetto, che se adeguatamente utilizzato da “gabbia” si trasforma in armonica intelaiatura. Vorrei inoltre sottolineare come l’autore faccia uso dell’endecasillabo rispettando rigorosamente sia la struttura di undici sillabe che la posizione degli accenti, che oltre a quello principale in decima cadono correttamente ora sulla quarta sillaba (a minore) evocando un quinario ora sulla sesta (a maiore) realizzando un settenario, contribuendo così all’armonia dell’insieme. C’è poi una perfetta esecuzione dei tempi poetici (descrizione dell’argomento, approfondimento dello stesso, riflessioni finali e pensiero poetico) che unitamente all’accurata scelta dei termini atti a descrivere le sfumature del pensiero accompagnano il lettore in un percorso solido e lineare, in cui si può godere senza fatica sia della forma che della sostanza del narrato.
Un altro aspetto importante della poetica di Luciano Gentiletti è nella sua capacità di trasferirere le emozioni dal passato al presente e proiettarle poi nel futuro, onorando così il bello che è stato senza limitare però la visione della realtà e senza precludere lo sguardo verso nuovi orizzonti. Nelle sue liriche il pensiero si rivolge spesso con affetto ad un passato che nella sua apparente semplicità era ricco di saggezza, ma l’autore non lo vive esclusivamente come parentesi nostalgica, bensì come riscontro di quelle qualità che nel contesto odierno, troppo concentrato su denaro e potere, dimentichiamo di avere e non utilizziamo. Il famoso detto “Era meglio quando era peggio” viene così ricondotto alla  responsabilità dell’uomo, spesso incapace di far tesoro delle opportunità che il progresso gli offre. In altre parole la causa della nostra infelicità non è da ricercare nelle nuove opportunità che ci si presentano o nella tecnologia delle cose che abbiamo, ma nell’uso che egoisticamente ne facciamo.
L’autore, con attente riflessioni, mette in risalto le debolezze e i difetti tipici dell’animo umano, ma al contempo ci ricorda anche quei valori e quelle potenzialità su cui è possibile costruire una società civile degna di tale nome. Emblematica, in tal senso, la considerazione che anima la chiusa della lirica “ La nostargia”, ove il Nostro sottolinea come “ L’omo ce nasce, co ’sta malatia che lo condanna a nun godesse gnente: sogna er futuro e fa scappà er presente, poi lo rimpiagne… quanno è annato via.”
Non mancano poi l’ironia e la satira sul costume e sulla società tipiche del pensiero romanesco, con cui  Luciano ci strappa più di un sorriso. Liriche che raccontano gli eccessi e le contraddizioni dei nostri tempi con versi schietti e graffianti in cui nessuno viene risparmiato. Dalla politica nazionale a quella delle alleanze mondiali l’ipocrisia e la falsità di chi esercita il potere vengono smascherate con versi dal sapore dolce amaro in perfetto stile alla “Pasquino”, senza escludere quello che avviene nelle alte sfere e nelle piccole realtà della comunità ecclesiastica. Si ride, ma intanto si riflette sulle tante, troppe pseudo verità a cui per pigrizia o convenienza facciamo finta di credere e si comprende l’importanza di avere un’opinione libera da schemi e preconcetti, basata sui dettami della propria coscienza. Arguta attenzione, poi, è dedicata alle piccole  schermaglie coniugali quotidiane dando vita a deliziose sitcom in cui la donna finisce inevitabilmente per avere la meglio già dai tempi di Adamo ed Eva.
Ed eccoci arrivati all’ultimo, preziosissimo ingrediente presente in questa raccolta, quello con cui l’autore riesce a dare il tocco del maestro a tutte le sue produzioni: l’umanità. Umanità intesa come capacità di far proprie le gioie e i dolori altrui al punto di sentirli parte del proprio bagaglio e riuscire ad evocarne la forza nella totalità delle coscienze. Umanità che trasmette la felicità per le piccole meraviglie di ogni giorno, per quelle ricchezze che nella frenesia del quotidiano non ci accorgiamo di avere fino a quando non vengono meno. Nel leggere queste poesie ci si ritrova a vivere in prima persona le vicende narrate e si torna a ragionare con il cuore, liberi da schieramenti politici e sociali, sino a ritrovare la consapevolezza delle cose che ci uniscono, infinitamente più numerose di quelle che ci dividono. I drammatici fatti di cronaca che l’autore ci racconta con emozione e calore ci appaiono diversi dai resoconti senz’anima che riportano i giornali e la televisione. Non ci sono alibi o giustificazioni ai soprusi e alla violenza e la verità emerge invitando tutti a fare di più, a non girare la testa. La poesia di Luciano, complice la splendida cornice del dialetto romanesco, si fa dunque comune denominatore di speranza e di armonia invitando il lettore a riprendere il dialogo con la sua parte più profonda, quella con cui è possibile condividere, accogliere e lavorare insieme per un futuro migliore. È questo, a mio parere, il valore aggiunto della poetica di Luciano Gentiletti, che permette ad un opera dialettale di superare i confini della propria identità rendendola poesia universale, musica per il cuore senza ne limiti ne confini.
                                                                                                 Paolo Buzzacconi

1 commento:

  1. Ringrazio caldamente Nazario per aver postato la relazione di Paolo Buzzacconi relativa all'evento del 26 gennaio. Luciano Gentiletti è un Autore di liriche prevalentemente vernacolari, che spaziano dalla poesia civile, a quella ironica a quella sui sentimenti. Non a caso vince Premi Letterari in tutta la penisola e, come ha detto con incisività l'altra splendida relatrice, Fiorella Cappelli, riesce a introdurre nei Concorsi la realtà dialettale, che a causa delle tante contaminazioni, rischierebbe di scomparire. Si è trattato di un evento ricco di sonetti in romaneschi e molto partecipato. Il pubblico non ci tradisce e gliene siano profondamente grati.
    I relatori iplac sono stati apprezzati da tutti e non poteva essere altrimenti...
    Maria Rizzi

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