venerdì 9 novembre 2012

F. Campegiani su "Anime graffiate" di Maria Rizzi


L’esistenzialismo è indubbiamente il clima dominante della prosa di Maria Rizzi, scrittrice romana di origini napoletane, nota per il forte timbro psicologico del suo genere “giallo-noir”. Un esistenzialismo “sui generis”, il suo, non soltanto per queste valenze e tendenze della scrittura, ma ancor più per la trasformazione – in senso stoico, direi – della poetica dell’angoscia e del male di vivere, tipica dell’esistenzialismo contemporaneo. Con l’aggiunta di una “pietas”, che potremmo dire francescana, per la sofferenza di ogni creatura vivente, agli antipodi dello stesso stoicismo.
Un amalgama spiazzante di vario umanesimo, pertanto, capace di fare della ferita e del dolore esistenziale un’occasione di crescita interiore e di evoluzione morale. Nelle pagine di questo primo capitolo di “Anime graffiate” – ma ancor più nelle successive, che io conosco per essermi già interessato criticamente di questo lavoro – lo sguardo rivolto alla sofferenza e alle miserie umane non è di tipo depressivo o frustrante, come accade nell’esistenzialismo o nel nichilismo in generale. Qui nessuno si piange addosso e le traversie vengono attraversate senza battere ciglio, cadendo e inciampando durante il cammino, ma rialzando comunque la testa, nella direzione di una corroborante elevazione morale dove il male ed il bene si affratellano tra di loro.
Il capitolo si apre con l’immagine di una giovane vita spezzata dalla droga e con il proposito dell’ispettore Stefano Segni di vederci chiaro nelle ombre di quello che sembra essere fin dalle prime battute un complesso caso di malavita organizzata legato alla droga e allo sfruttamento della prostituzione minorile. Egli s’impegna a salvare le giovani vittime, nonostante la sua vita privata dissestata. Separato dalla moglie, Giulia, ha una figlia, Valentina, che viene adescata in un giro malavitoso consimile, rifiutando ogni aiuto del padre. Una storia di fallimenti esistenziali, che tuttavia non intaccano la volontà di combattere dei protagonisti e sembrano al contrario stimolarne la voglia di andare avanti nella vita.
“Occorre vivere come se fosse importante”, diceva Sartre o Camus: massima che viene riportata a inizio capitolo dalla Rizzi a mo’ di emblema o di ricapitolazione. L’assunto, tuttavia, che in casa esistenzialista ci aspetteremmo corredato di amare conclusioni (del tipo: “anche se la vita non ha alcun senso o valore”), qui si potrebbe arguire supportato da una considerazione positiva opposta (del tipo: “ perché importante la vita lo è”). In linea con questa visione del mondo, lo stile della scrittrice risulta sanguigno e passionale, come attraversato da un brivido obliquo, da una corrente che lo rende nervoso e scattante, tumultuoso.

Franco Campegiani   






1 commento:

  1. Franco è amico antico, ma è anche critico letterario di raro valore.
    Mi ha presentata in anteprima, ovvero prima che il romanzo fosse dato alle stampe, nel corso della prestigiosa Rassegna "Tra mito e storia", nella Sala degli Specchi di Frascati. E oggi completa il quadro, dando al mio giallo poliziesco ed esistenzialista, i connotati che esistevano a fior di coscienza nella mia irruenza espressiva, ma che non avrei saputo distinguere.
    Franco è un validissimo critico letterario, ma nel corso degli anni, o forse per meriti genetici, ha acquisito doti di psicologo. Leggendolo ho scoperto le verità di "Anime Graffiate" e lo ringrazio due , tre, infinite volte... abbracciandolo! Maria Rizzi

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