martedì 13 novembre 2012

N. Pardini su "Il richiamo di Orfeo" di I. Tognacci

Lettura
di
Imperia Tognacci. Il richiamo di Orfeo.
Edizioni Giuseppe Laterza. Bari. 2011. Pp. 64. Euro 8,00
 

Gioiva il verde del bianco sorriso

del mattino. Il viottolo, dopo

il tornante, non sa cosa l’aspetti.

Cipressi non reggono il vento

e si piegano mentre, da diverse

altezze sondano l’azzurro.

 

Più che una silloge di poesie definirei questa plaquette un vero poema per il leit motiv che la permea e la rende organica e compatta. Un poema di grande intensità emotiva. Zeppo di riferimenti intellettivo-esistenziali  attinenti alla visione estetico-filosofica di Imperia Tognacci. L’amore, forza determinante della vita , della terra e dell’universo,  può essere annientato dal tempo impietoso che tutto distrugge? A questa sottrazione si può riparare, dando forza e valore a una concezione edonistica dell’esistenza in considerazione della sua precarietà?

 

Si espande e si diluisce il canto,

non trattengo carezze di note.

Nulla è per sempre. Si allontanerà

l’amore con passi felpati? Diventerò

cirro dolente e pensoso, attratto

e fuggente dal raggio che mi dissolve? (Pp 33 vv 2-6).

 

E il vento, personificazione di un soggetto naturale in cui l’autrice tende a concretizzare il suo sentire, cerca di offrire una soluzione consolatoria a questa coscienza della fugacità  dell’esistere. D’altronde è umana la nostra avventura terrena, è costretta a spazi ristretti , soggetta alle intemperie dei giorni e delle sere. Ma come può l’amore, momento essenziale, superbo, etereo ed eccelso, quella parte di noi che più si avvicina  al cielo, come può sottostare alle leggi di una natura che disfa. Sì!, perché l’amore è l’essenza del nostro esserci, è il cuore.

E il vento sussurra:

 

Perché pensi

al domani? Penelope imitando

disfi e tessi la tela? Sulla riva

sosti, il noto veliero attendendo?

Di là dalle vetrate del cielo avverti

voragini d’infinito? Tira tende oscure.

Ascolta il tuo corpo, la tua richiesta

d’amore. Lascia gli schemi prefissati.

L’armadio del cuore svuota

d’inutili cose, il fluire profondo

di emozioni ascolta. (pp. 33).

 

Il vento, seconda anima della poetessa, per reazione a Thanatos,  invita a vivere la vita senza tabù, senza preconcetti, lontano dalla visione di un amore plurale, totale che tutto avvolge e tutto domina per dare pace, serenità, equilibrio. Da un amore puro e sostanziale che avvolge nelle sue braccia la stessa umanità, tutta,  per riportarla ai grandi sentimenti, alle grandi virtù. Lascia gli schemi prefissati.

Il tessuto formale si distende su uno spartito vario e articolato ad accompagnare con forza,  musicalità e morbidezza - libera la metrica ma rispettosa di ispirazioni tecnico-foniche spontanee che danno effetti di scorrevolezza, fluidità, e armonia - il susseguirsi delle scansioni sentimentali e meditative. E tanti i temi, anche se tutti convogliati verso un’unica direzione:  Eros e Thanatos; amore e odio; pulsione di vita e pulsione di morte;   dualismo empedocleo  che, nella sua diacronica dialettica, determina l’essenza della storia e della vita. Ma nella Nostra tutto è liricizzato, ed è l’amore che  domina il verso. Sarà  nella morte, allora, che si potrebbe eternare quell’attimo superbo e irripetibile, tanto vicino alle vertigini dell’azzurro?

Mi piace, a proposito, citare dei versi di un mio poemetto riguardante Saffo, la grande, tratti da Alla volta di Leucade. Quando Saffo, nell’attimo superbo del suo stato sentimentale, si chiede se forse non sia meglio morire proprio qui ed ora per eternare l’apogeo dell’esplosione erotica e sottrarlo alla profanazione della caducità dell’esistere:

 

… Come si potrebbe

pensare ad un banchetto senza canto,

senza il suono del flauto così querulo

ma subito propizio con il suono

a dare gioia all’anima.” “Volevo

che tutto il mio sentire si spegnesse

nella notte soffusa e che l’immagine

non guastasse la luce. Era la morte

ch’io bramavo nell’attimo superbo

di eternare la gioia dell’amore.

La poesia e il canto il grande dono

furono degli dèi  per il deforme

involucro dell’anima. Nessuno                      

pronuncerà di certo il verbo furono                 

per i miei versi. Aleggiano con piume  

leggere dell’Olimpo in questo incontro. 

Moriranno gli eroi, le bellezze

di cortigiane effimere e procaci,

ma un cantico se eccelso volerà

oltre gli spazi frali degli umani… (Da Agape di vino e poesia, da: Nazario Pardini. Alla volta di Leucade. Baroni Editore. Viareggio. 1999.)

 

Tante, quindi, le occasioni per l’autrice: il panismo esistenziale, il patrimonio memoriale, con la sua funzione catartica e vitale, il senso eracliteo dell’essere e del vivere.

Ed è forse proprio l’efficacia delle rappresentazioni paniche a dare consistenza al motivo centrale del poema. Sì!, quella natura che con le sue lucerne di stelle, colla sua eco di vento fra le rocce, con la sua neve che copre assorte orme, con le sue notti a coricarsi sull’anima, o con la luna che scioglie i suoi chiari, prende per mano la poetessa e l’accompagna nel tragitto del suo poiein, dando sostanza e corpo agli stati emotivi.

 

Guardati intorno:

ogni albero, ogni erba ha respiro

e nutrimento dalla terra, respiro

e nutrimento dal cielo. Solo

così c’è equilibrio, c’è pace, c’è vita,

materia e spirito nell’umana natura. (Pp. 28)

 

L’amore sentieri indora,   

guizza la sua luce nbei fondali

dell’anima. Imperioso richiamo

che non soggiace al calpestio

del tempo, dove si fondono lame

di selce e ossa d’animali.

(…)

Amore sintesi di vita: ebbrezza

Di cielo, aroma di terra. (Pp. 29)

 

E Imperia Tognacci nel suo Il richiamo di Orfeo,  pur essendo cosciente che anche la forza di Eros con la sua assoluta valenza sugli esseri e la vita è soggetta a dissolversi per lo scorrere inesorabile del tempo, e, pur essendo consapevole che la leggerezza floreale delle primavere veleggia inesorabilmente verso i pallidi e fievoli autunni, fa, comunque, della poesia un solido credo, affidandole il sacrosanto compito di rendere eterno il suo messaggio, issandolo sull’altare di chi incantava e incanterà, sempre.

 

Poesia aleggia nel viaggio

Dove si ripete il canto dell’amore

Che si tuffa nel cosmo dell’anima

E fili allentati riannoda.

(…)

Dell’homo tecno sapiens

Che all’angolo ammicca

Raddrizzerai, poesia,

gli orgogliosi sentieri. (Pp. 59)   

 

 

Nazario Pardini                                                         08/11/2012

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