La sublimazione del quotidiano e la
flessibilità della parola
in
Paolo
Polvani. GLI ANNI DELLE DONNE.
Edizioni
del Calatino. Catania. 2012. Pp. 55
Spalancare
la finestra e dire sì al vuoto, alla sua bocca aperta,
alla
fame di te che manifesta. Erano già in riserva le lacrime
e il
muro bianco d'ospedale esaurita ogni possibilità.
Scrivere
di poesia in Paolo Polvani, significa “de Poesia loqui”. Sì!, significa
proprio trattare di Poesia, maiuscola, plurale; e la Poesia è sublimazione, dolore,
elevazione, sguardo oltre gli orizzonti della parola, slancio verso l’assoluto
da parte di un’anima, che, zeppa di quotidianità, si svincola dal contingente
con una metafora continua e prolungata, elegante e raffinata. Una metafora che
fa del verbo una fedele, attenta compagnia,
generosa e disponibile ad accostare quelle vibrazioni emotive che derivano dal
fatto di essere umani. Che derivano dal contenere il mondo, l’uomo, la vita, la
fine e la coscienza di un raffronto inquietante, pascalianamente inquietante,
fra noi e il tutto. E il linguaggio di questa silloge dal titolo Gli anni delle donne, è generoso,
comunicativo, morbido e vario nel suo compito superbo di rivelare intenti ed
emozioni, stati d’animo e pensieri, fattisi immagini nuove, ri/verniciate per
la loro decantazione in un animo-alcova in cui hanno trovato il terriccio
adatto per crescere, e per tradurre vicende drammatiche in sospiri riposati.
Per rinascere a vita nuova più sapide di vicissitudine umana. Ed il verso si
prolunga, si accorcia, e la parola si annoda e si snoda in questo suo abbraccio
avvinghiato ai segmenti dell’esistere.
E
Marina -hostess -, che ha fatto la pipì
nel cielo azzurro di Nairobi, e che sprizza quel lampo di sorriso di bambina,
sicura sulle creste dei calanchi, e disposta a volare per lo Yemen.
sfodera
tutta la sua parossistica iperbole su:
Non io non io, che
appartengo a quella famosa stirpe
di chi rimane a terra,
mentre le donne
sottotraccia come te
spiccano il volo. (Pp.8)
Realismo,
sublimazione, quotidianità, ed elevazione; un dicotomico percorso, originale,
che richiede, soprattutto, una parola ora leggera, ora cruda, ora dolce, ed ora
terrena, fin troppo terrena. Che non arriva mai ad essere sconfitta dalla
morte, comunque, per la sua forza di esserci. Per il suo farsi Poesia.
La bellezza non è un
lasciapassare. Volevi essere accolta
hai scelto il vuoto di
un cortile, lo spazio
bianco
di un lenzuolo. (Pp. 8).
Tu corri e il mare
sorride
alla coda di cavallo che svolazza. (Pp.9).
Sembra,
anche, che il senso eracliteo dell’essere e dell’esistere, quella visione amara
che ci fa coscienti della precarietà del tutto, si declini in dimensione
carezzevole sul volto femminile:
I segni del tempo si
depositano
sulla tua pelle come una
polvere dorata.
Specchiano l’adesione
dei miei autunni.
Li accompagno con la punta
delle dita
e non posso che amarli
come si ama l’aria. (Pp. 11)
E in Fatti sentire gli elementi connotativi di un dramma sono quasi accarezzati
da gesti comuni e mortali, di un lirismo spicciolo e suadente, quasi a svilire,
in un impulso reattivo contro il potere di Thanatos, il senso di una fine. Dove,
da un realismo puntuale e preciso, anche se insapidito dalle invenzioni
poetiche del Nostro, si passa facilmente, con attrazione sconcertante, a scarti
di vertigini novative.
Te ne sei andata senza
spiccioli, senza
passaporto, ti
lasceranno entrare ? Aprile
ti prenderà in consegna
?
(…)
E adesso le tue bambole
? le fotografie ?
(…)
Il traffico
non ti riguarda più, il
sole
non picchierà alla tua
finestra.
(…)
Non vuoi preparare la
lezione, non vuoi
mettere la torta in
forno, o aprire il frigorifero.
Né guardare il mare.
(Pp. 12)
Dati estemporanei di
cocente ed intricante, fresca ed immediata resa.
… il sorriso e il pianto
bussano alla tua porta
ma tu non vai ad aprire.
(…)
Anche l'amore ti risulta
estraneo.
(…)
Il cielo assedia la tua
nuova casa. (Pp.12)
Sta qui la novità della poesia di Polvani, in
questo contrasto fra cielo e terra, in questa ossimorica successione di reale e
immaginifico, di dolce e amaro; che poi non costituisce discontinuità, ma,
seppur contrapposti, gli elementi si amalgamano, dando un senso di efficace
compattezza all’insieme del poema.
E anche se nei momenti più toccanti, nelle
occasioni poetiche più emozionali ed emozionanti, la poetica del Nostro sa
intervenire con mano leggera a rendere il tutto meno crudo e drammatico,
Polvani sa, e lo fa intravedere, che la precarietà della vita è come una spada
di Damocle che pesa sulle nostre teste. Ma vi cerca rimedio. Quello di una
Poesia che sa staccarsi dalle cose piccole per assurgere fino agli azzurri
sconfinati dei cieli. E nel dire di sé con forza etimo-speculativa, con ritmo piacevole e a noi vicino, c’è,
soprattutto, la voglia di vincere l’inquietudine di un confronto impossibile,
affidando un messaggio di vita alla Poesia.
I tuoi anni
Guarda mamma, i tuoi
anni
si allungano spediti
come formiche in fila indiana
sul tavolo di marmo
della cucina
e già s'appressano al
bordo
la luce del neon
spande un sentore
d'inverno
e d' improvviso
sento
freddo.
Nazario Pardini 09/11/2012
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