lunedì 19 novembre 2012

"Viviamo quasi sospesi..." di N. D. S. Busà


VIVIAMO QUASI SOSPESI, IN UN’ANSIA CHE CI MACERA DENTRO 
CI ANNIENTA LA COSCIENZA

Di Ninnj Di Stefano Busà 

Ogni tempo ha le sue paure si potrebbe affermare, ma le paure del ns. tempo riassumono modelli di vita assolutamente inconciliabili con la serenità, la pacificazione dello spirito e della coscienza. La paura di un altro conflitto ben più aspro e distruttivo dell’ultima guerra ci pone in una realtà che più spesso assume le caratteristiche di “normalità” sotto le fattezze gravi e dirompenti di una tragedia che cova sotto le ceneri.
In una società secolarizzata, inglobata a fattori terrificanti quali la mancanza di senso logico e di umanità, l’individuo di oggi si dibatte attraverso un sistema di liberi scambi, di mercato globale, di strategie finanziarie che va sempre più vanificando la vita a favore del facile guadagno, di arricchimenti planetari, di grandissime e ingenti risorse finanziarie per il sopravvento di uomini o di gruppi di potere subdoli, che enfatizzano l’economia su tutto, raggiungendo sempre più di frequente la fisionomia di una guerra con forme di discriminazione elevatissime, tra fasce d’indigenza miserrime e fasce di ricchezza sproporzionate ai bisogni dell’individuo. Sicché, si divarica sempre più la forbice tra i ricchi e gl’indigenti, assumendo la caratteristica di violenza discriminatoria tra di essi. Posto al vertice di questo nuovo conflitto planetario che la crisi epocale di fine secolo ha reso sempre più evidente tra la società di oggi e il passato, la modernità appare una forma sincopata, sterile, afflitta da tutti i mali del mondo, una sorta di terra desolata che T. S. Eliot aveva intravisto lucidamente come condizione di perdita e smarrimento di valori che orientano e sviliscono la società del postmoderno.
Il disorientamento di una società sta proprio nel non saper ritrovare la via del ritorno, pur girando attorno a noi stessi, smarriti da troppe impellenti distrazioni, disomogeneità, contraddizioni, creiamo intorno a noi una rete di isolamento che è pregiudiziale per una vita serena, pacifica e senza danno. Siamo fatti per vivere qui, non in altri luoghi, per avere tranquillità, pace, lavoro, libertà, giustizia, ma non sappiamo darci una mossa che predisponga la ns. esistenza a più sani equilibri. La paura ormai ci prende, s’interroga sulle assenze e inadempienze di ognuno o gruppo sociale e politico di appartenenza. La nostra infelicità è legata a stretto nodo ad una graduatoria di disvalori che ci opprime e ci sgomenta. Abbiamo enorme paura del futuro. Il progresso, portato alle sue estreme conseguenze e al suo massimo grado di evoluzione, ha creato il “mostro” una specie di uomo sordo ad ogni richiamo civile, umano, lo ha disorientato, dispogliandolo dei significati profondi dell’anima e della consapevolezza di essere umano. Dall’incapacità di gestire una graduatoria esatta in termini esistenziali, nasce e origina l’insofferenza alla vita e a quella sorta di nichilismo che annulla ogni tratto di coscienza. Sicché  - l’eccesso -  è il ns. nuovo dio, paradossalmente più si sale in alto, più si precipita in basso, in un processo divenuto irreversibile, “a ping pong”perché in una concatenazione di sistemi interscambiabili, quali sono oggi quelli della globalizzazione, ogni misura perdente trascina ad altre perdenze, in un gioco di grandezza planetaria che diventa una gigantografia dei ns tempi: un vuoto a perdere di proporzioni inarrestabili che divora e ci logora dentro. Per rimediare l’umanità si mette in gioco con regole ancora più disastrose, divenendo un grosso “boomerang” che si rivolta su se stesso degradandosi e perdendo altri pezzi nel sistema valoriale della specie. Dove ci condurrà questo processo inarrestabile non si può neppure immaginare. Frastornati da rumori assordanti che il mondo ci rovescia addosso, non distinguiamo più neppure una nota della nostra musica interiore, della bellezza del creato, della magnificenza dell’amore. E non c’è più nessun luogo che possa accogliere e pacificare le belve ferite che stanno in noi. Ci sentiamo afflitti, malati nel corpo e nell’anima, il futuro è una grave incognita per le nuove generazioni, non esistono più i valori nominali dello spirito che data la complessità dei fenomeni macroeconomici vengono manomessi e rivolti a beneficio di pochi, istruendo una sorta di microscopio ad alta intensità, per focalizzare e accedere meglio ai più alti vertici della speculazione più smaliziata, inquinando i territori dell’anima e avvelenando il genere umano, che vive confuso e quasi indicizzato da un fattore estremamente procrastinabile e distruttivo come l’alta finanza, che sta inquinando le coscienze in una nuova forma di conflitto che coglie la psicosi e la paura come nuovi agenti patogeni del mal di vivere.   


Nessun commento:

Posta un commento