venerdì 1 marzo 2019

PIETRO RAINERO: "T.F.R.", RACCONTO



                                              T.F.R.     

Pietro Rainero,
collaboratore di Lèucade


Non appena Cloto disse “Butta il dado!” Lachesi, che non aspettava altro, le rispose con “Sì, sì, che bello! Adoro gettare i dadi!”, buttando nella pentola stracolma di acqua bollente il cubo di estratti vegetali. Poi, sempre lei, Lachesi, prese l’enorme cucchiaio di legno e si apprestò a rimescolare il liquido ribollente, esclamando infine: “Fatto! Tra dieci minuti sarà pronta una minestrina con i fiocchi!”
“Stupida!!  Intendevo il dado della vita!” la rimproverò Cloto.
“Ah...quello.. Va bene, eccolo qui! Per chi devo buttarlo?”
“Lancialo per Echimede, quel macellaio di Sparta”
“Bene”  e Lachesi lasciò cadere dalla sua mano il dado a forma di cubo.
“Croce!!” constatò  tutta eccitata Atropo che, pochi attimi dopo, impugnò le cesoie.
T.F.R, T.F.R!” gridò Cloto.
“Sì, sì, taglia il filo residuo, taglia il filo residuo!”  la esortò anche Lachesi.
Ed  Atropo tagliò. Recise il filo della lunga vita di Echimede, che a 97 anni abbondanti lasciò questa valle di lacrime per diventare un'ombra vagante nel regno dei morti.
Già, perché allora funzionava proprio così (ma neppure oggi, penso, le regole sono cambiate): le nostre tre amiche, Cloto, Lachesi ed Atropo, dipendenti di Ade, dio dell'Oltretomba, avevano il compito di tessere il filo del fato di ogni uomo, svolgerlo ed infine reciderlo segnandone la morte.
Per essere un poco più precisi, Cloto filava lo stame della vita, Lachesi lo avvolgeva sul fuso e, gettando un dado, stabiliva quanto del filo spettasse a ogni uomo ed infine Atropo, l'inflessibile, con le forbici lo recideva, inesorabile.  Ed il taglio del filo residuo, che rimaneva cioè integro per tutta l'esistenza di una persona e che cresceva di un metro di lunghezza al passar di ogni annata, segnava la morte di quella persona.   Sì, proprio loro, le tre Moire, figlie dell'Erebo e della Notte, totalmente indifferenti verso l'esistenza umana. Tre vecchie signore, con un solo occhio ed un solo dente (ecco spiegata la preferenza per le minestrine!).
Ricapitoliamo: tre Moire dipendenti di Ade, con nelle loro mani il destino dei mortali: una volta all'anno veniva lanciato (da Lachesi) il dado collegato ad un certo individuo e da questo evento dipendeva la vita o la morte di quella persona.  Se usciva testa, allora il tizio continuava a mangiare, bere e dormire, ma se usciva croce, beh..., amen.
Dipendenti di Ade, pagate piuttosto bene e assolutamente distaccate dalle sorti delle umane genti, felici di poter recidere il filo della vita (o della morte, fate Voi), seguendo la volontà del Fato, o del Caso, chiamatelo come volete, insomma del dado.
Anticipo le Vostre obiezioni: lo so che la probabilità di morire a trent'anni non è quella di morire a novanta. Infatti i dadi non erano tutti uguali: fino a venti anni il dado aveva 256 facce, su una delle quali soltanto era indicata la croce; sulle altre c'era il simbolo della testa. Quindi la probabilità di morire a dieci anni, una volta raggiunta quell'età, era solamente di una su 256.
Poi le sfaccettature del dado si dimezzavano con l'età: diventavano 128 tra i venti ed i quaranta anni, 64 tra i quaranta ed i sessanta, poi diminuivano ogni dieci anni, diventando 32, 16, 8, e 4 infine per gli anziani tra i novanta ed i cento. Quindi, ad ottantatré anni, ammesso che uno arrivi a quel punto, la probabilità di raggiungere gli 84 è di 7/8, poiché su una sola delle otto facce del dado è incisa la croce della morte.                                                         
Superato il secolo, sempre se uno ci riusciva, il dado diventava a due facce, praticamente una moneta, con il 50% di possibilità di non raggiungere il prossimo compleanno.   Ecco perché gli ultracentenari sono così pochi: per chi raggiunge il secolo, la possibilità di festeggiare le 103 primavere è di una su otto.
Ora, dovete sapere però che c'era una famiglia che, alle nostre Moire, stava molto ma molto antipatica. Di chi parlo? Parlo dei Setiti.  E perché stava antipatica?
Il motivo era che i componenti di questa famiglia, una dozzina di persone, avevano già da lungo tempo tagliato il traguardo dei cento anni, anzi...  erano decisamente in là con l'età, avendo, ad esempio, Peleg 239 anni,  Enoch 365 e Noè addirittura 950.
Incredibile, vero? Soprattutto se ci si sofferma a pensare quanto esigua sia una tale possibilità. Per un centenario, poiché ogni lancio del dado (lo abbiamo già detto) implica una possibilità su due di lasciarci le penne, la probabilità di essere ancora su questo strano pianeta dieci anni dopo è di una su due alla decima, ovverossia di una su 1.024, e di essere sano e salvo dopo una ventina di anni è minore di una su un milione.
Invece, in barba a tutto ciò, e forniti di una barba molto lunga causa l'età, i componenti della famiglia Setiti avevano preso a calci questa statistica matematica, e bellamente passeggiavano indisturbati per le poleis greche prendendo a calci i sassi, parlando, sorridendo o andando dal barbiere, apparentemente in buona salute (o manifestando solo un po' di artrite).
Le Moire, o se preferite le Parche, come le avrebbero poi chiamate i Romani, erano furibonde!
Il filo della vita di quei ritrosi a decedere erano inusitatamente lunghi, troppo lunghi e quello di Noè non era poi così tanto lontano dal pavimento della capiente grotta nella quale le Moire dimoravano e.... lavoravano (passatemi il termine).
Era un lavoro stancante ed indubbiamente stressante, sempre a contatto col pubblico (dei morituri) e senza un giorno di ferie, ma in compenso godevano di una buona busta paga e Ade versava loro pure i contributi previdenziali. Tra l'altro, se vi interessa, la società di Ade, la Alcor Ade & Wife s.a.s., contava solo su cinque dipendenti: la moglie del capo, Caronte, il quale fungeva anche da autista, e loro tre.
E loro  non si lamentavano e filavano di continuo le cordicelle che tenevano in vita i mortali in tutti i continenti.  Gettavano di continuo i dadi, cosa che Lachesi adorava, e Atropo era sempre pronta con le forbici in mano.
Curioso destino davvero, quello dei mortali: nati con un taglio, quello del cordone ombelicale, e morti con un altro taglio.
Insomma, era un lavoro che sembrava tagliato apposta per loro, per le nostre amiche Moire. Quindi la vita per loro scorreva tranquillamente, un tiro di dado dopo l'altro, tra un dipanar di arcolai e un tagliar di cesoie, in quella profonda caverna attraversata dal fiume Stige, che scorreva tranquillamente, senza alcuna fretta, verso i secoli dei secoli.
A proposito del contratto di lavoro... c'era una clausola, la numero 7, che prevedeva il licenziamento in tronco delle tre Moire (e questo nonostante avessero ormai accumulato quasi due milioni di anni di anzianità di servizio!) nel caso in cui un filo della vita fosse divenuto così lungo, pari a mille anni, da andare a posarsi sul fondo della grande, enorme grotta in cui lavoravano, alta circa un chilometro.
Ecco spiegato dunque l'astio delle tre nei confronti della famiglia dei Setiti, imparentati con Abramo. Cominciavano ad essere nervose: quegli ostinati israeliti non si decidevano a morire! Come era possibile? Nessuno poteva raggiungere i mille anni, ovvio! Si era mai sentita una simile cosa? La possibilità di arrivare al millennio era uguale a quella di pescare un granello di sabbia in tutto il Creato, e forse meno.
Un giorno Cloto, che era la più colta e saggia, si era tolta lo sfizio di calcolare le probabilità di un tale evento, cioè che un mortale tagliasse (senza che il suo cordone della vita venisse... tagliato, appunto) il traguardo del millennio.
Sapete a che risultato era arrivata? A una probabilità inferiore ad una parte su un miliardo di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi  di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi  di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi.
Ed aveva ragione.
Ma tant'è, nonostante ciò, tutte le volte che veniva lanciato un dado associato a quella famiglia, i  Setiti, usciva inesorabilmente testa!! Che testardi, quei Setiti, non volevano proprio saperne di morire.    Quasi come se, cosa impossibile, i dadi fossero truccati. Eppure, nonostante la teoria della probabilità, usciva testa, testa, testa ed ancora testa!  Sulla faccia superiore del dado non compariva mai croce: per le tre la famiglia Setiti costituiva davvero un grosso tormento, una vera croce.
Comunque, mentre noi discutevamo di possibilità, Cloto, seguendo il calendario, aveva deciso che colui che doveva sottoporsi ai giochi della sorte fosse un certo Polibio, un mercante di schiavi di un piccolo paese della Tessaglia.   Avendo egli 62 anni, Lachesi impugnò ovviamente il dado da 32 sfaccettature e lo lanciò, contenta come al solito, esclamando: “Che bello, che bello!!”
E purtroppo per il caro Polibio, nonostante la teoria delle probabilità, uscì croce e quindi un attimo dopo troviamo Cloto che urla il solito acronimo “T.F.R.!” e l'entusiasta Lachesi che le fa eco: “Taglia il filo residuo!”.
Atropo non si fa pregare e con le aguzze e lucenti forbici che sempre tiene in mano recide il filo di Polibio, che, sorpreso e molto contrariato, va ad aumentare di un'unità il numero dei trapassati. 
A proposito di dadi (della morte o da brodo) chiariamo una faccenda: Lachesi usava un solo dado della morte (o della vita, fate Voi) perché, come le sue sorelle, aveva un occhio solo e sarebbe stato difficile con quello seguire il rotolare di due dadi. Ugualmente, avendo le tre un solo dente, mangiavano spesso la minestrina, che non richiedeva grandi sforzi nel masticare: erano dunque sobrie e frugali nel bere e nel mangiare.              Già, le Moire erano davvero molto parche !!
Ma intanto che noi discutiamo amabilmente di cibarie, era giunto il tempo, come ogni anno, di decidere il destino di Matusalemme, il meno giovane (passatemi il termine) della famiglia Setiti.
Era egli giunto infatti alla veneranda, venerabile ed incredibile età di 968 primavere (ma anche autunni), e costituiva pertanto la maggior preoccupazione delle tre colleghe, che iniziavano a preoccuparsi per il mantenimento del loro posto di lavoro (Vi ricordate la clausola numero sette?).
Lachesi prese il dado a due facce, molto emozionata, e sotto gli occhi (ma solo due) delle sorelle, ugualmente eccitate, lo buttò con decisione verso il pavimento con la speranza di vedere finalmente la croce della morte e non la testa della vita.
I tre occhi erano focalizzati sullo stesso punto, sulla moneta che ancora rotolava per terra e che poi, senza affanno, si fermò, mostrando la decisione da lei presa.
Scommetto che avete già indovinato quale fu la faccia mostrata dalla moneta:  sì.... uscì testa, proprio così!
Ancora una volta , l'ennesima, testa !!!
“T.F.R.”  disse con un sottile filo di voce Cloto, visibilmente preoccupata.
“Ma non posso tagliare il filo, non è comparsa la croce!”  le obiettò Atropo.
“Già, non è venuta croce” rimarcò anche Lachesi.
“Cretine! Non mi riferivo al taglio del filo, volevo solo dire che, se continua così, sarà lo stesso Ade che taglierà il filo residuo che ci lega a lui in qualità di sue dipendenti. Ci licenzierà:                    T.F.R., cioè  Trattamento di fine rapporto !!”

 Pietro Rainero

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