martedì 12 marzo 2019

SANDRO ANGELUCCI LEGGE: "LA DONNA SENZA TESTA" DI M. G. DI MARIO


IL PESO E LA LEGGEREZZA
Sandro Angelucci,
collaboratore di Lèucade


Giocato tra l’onirico e il surreale, il nuovo lavoro di Maria Grazia Di  Mario  s’impone  all’attenzione  del  lettore  per  essere   “una  storia semiseria ma soprattutto semivera”, come lei stessa la definisce.
Dopo averne fruito - e goduto, perché si tratta di un testo che appassiona sin dalle prime battute - ciò che mi porta a riflettere è proprio l’asserzione dell’autrice: per metà serio, per metà vero, dunque, il   suo   racconto.   E   l’altra   metà?   Spensierata,   fantastica,   mi   chiedo?
Potrebbe anche essere ma non mi convince; non del tutto almeno, non al punto di farmi comprendere le motivazioni profonde che l’hanno spinta a scrivere. No, non mi accontento; sento che c’è dell’altro dietro il pur evidente surrealismo.
Certo, una donna che si sveglia una mattina e decide di tagliarsi la   testa   perché   d’impaccio,   pesante   e   ricusata,   fa   immediatamente pensare   a   qualcosa   d’irreale,   di   visionario.  Se,   poi,  la   stessa   viene chiusa in un cassetto per non farla interferire con la nuova scelta di vita della   protagonista   che,   senza   quell’ingombro,   trova   il   coraggio   di cambiare, di prendersi cura della propria esistenza, si è ancora più portati   a   predisporsi   all’inverosimile,   ad   un’atmosfera   dai   toni decisamente kafkiani.
Ma - come detto - non mi appaga e non è sufficiente ridurre a questo l’opera (così come, ne sono convinto, anche per Kafka valga lo stesso discorso). Ho, di recente, avuto occasione di occuparmi dello scrittore   praghese   attraverso   il   saggio   di   Sabino   Caronia, La consolazione della sera      , che ne mette in evidenza, sì, le caratteristiche surreali,   convalidate   però   dall’adesione   ad   una   realtà   comunque presente, non sempre palese e tuttavia visitabile, accessibile se non ci si ferma in superficie.
D’altro canto, chi ci garantisce che quello che viviamo non sia illusorio, chi può dirci se la verità non si nasconda dietro il velo di Maia?
“A differenza della realtà”, scrive Lacan, (v. in particolare Le séminaire de Jacques Lacan. Livre. L’éthique de la
psychanalyse,       1959-1960, 1986; trad.   it. (2008),   “il   reale   è   ciò   che resiste cocciutamente a ogni tentativo di simbolizzazione, è un buco nell’ordine   simbolico,   è   la   «cosa»   inevitabilmente   perduta,   muta, ottusa, liscia, impredicabile, è l’incontro che non si può non mancare, è il luogo in cui il linguaggio, quel linguaggio che struttura la realtà per come possiamo conoscerla, finisce, viene meno, perde i suoi poteri.”, e ancora: “Il reale ha la natura dell’evento, non del senso, o meglio dell’evento senza senso, e dunque traumatico, in quanto non può essere elaborato, simbolizzato, reso nominabile. Un trauma, questo è il punto, che non necessariamente dev’essere accaduto davvero.”.
Bene - tornando a Maria Grazia ed al suo     La donna senza testa -viene da chiedersi se l’esigenza di squarciare la cortina di quel velo non derivi proprio dalla constatazione che, se il mondo vero è diventato favola e coincide sempre più con la sua rappresentazione, si rende necessario trovare un punto di fuga che la trascenda pur restando - s’intende - sul suo stesso piano.
Poc’anzi, citando Lacan, si è parlato di trauma; in effetti, chi avrà il   piacere   di   scorrere   queste   pagine   non   potrà   non   ravvisare   un turbamento   che,   inevitabilmente,  sconvolge   Maria,   la   giornalista protagonista di uno strano film, di un sogno vissuto ad occhi aperti.
E lo smarrimento c’è, com’è normale che sia per una persona che si trova di punto in bianco a cambiare vita, a sconvolgerla addirittura dando un colpo netto (simile a quello con il quale si stacca la testa dal collo) alle proprie convinzioni, ai propri principi. “    
Si guardò le chiappe allo specchio con soddisfazione: finalmente ora l’aveva capito cosa voleva il mondo, solo una vera, grande, facciona da culo.”.
Finalmente, ora, aprendo il cassetto, dove la sua testa disperata si rotolava e non voleva saperne di smettere di canticchiare un motivetto ossessivo e misterioso, si sentiva forte ed orgogliosa di dirle: “Vuoi stare zitta! Non hai funzionato e basta...”.
Ma la trappola è dietro l’angolo, e Maria comincia ad averne il sospetto.   Non   starò   qui   a   svelare   l’inganno   ovviamente; un’anticipazione, tuttavia, sento di doverla al lettore: nonostante tutto, quell’esperienza - vicenda sia professionale che umana.
“Come un uccello cui viene aperta la gabbia capì che non era la sua   testa   a   pesare,   ma   solo   quelle   sbarre,   pesanti   e   insieme   così friabili.”. Come dire che a condizionarci non è la nostra natura, fatta di razionalità ed istinto in sano e completo equilibrio, ma una serie di pressioni, di limitazioni che ne mettono quotidianamente in pericolo la stabilità.

Sandro Angelucci

La donna senza testa. M. G. Di Mario. Perrone Ed. Roma. 2019


3 commenti:

  1. Non ho letto il libro di Maria Grazia di Mario, ma questa esegesi di Sandro Angelucci me lo fa particolarmente amare, dipingendolo come un testo dove il tema femminista che indubbiamente soggiace, diviene spunto per considerazioni importantissime di ordine psicologico e filosofico, sul filo di quella riflessione antichissima, oggi più pressante e pregnante che mai, riguardante il rapporto fra verità e illusione. Lo specchio è l'oggetto intorno a cui ruota la riflessione. Oggetto di vanità particolarmente caro al genere femminile (ma certamente molto apprezzato anche dal narcisismo maschile) nasconde la verità, e fa benissimo il critico ad avvicinandolo al velo di maia degli orientali, trovando anche riscontri nella psicologia di Lacan, che definisce gli eventi "senza senso" in quanto privi della possibilità di essere compresi nella loro verità essenziale. C'è tuttavia un'altra faccia dello specchio su cui l'elaborato fa riflettere, ed è una faccia invisibile, tagliata dal collo e chiusa in un cassetto dove "canticchia un motivo ossessivo e misterioso". Questo specchio invisibile, che noi nascondiamo, può ancora dirci che la verità esiste ed è nominabile, se solo noi lo vogliamo. Bisogna soltanto avere la pazienza di ascoltare le parole che vengono dal silenzio, anziché parlare a vanvera, nominando d'arbitrio un mondo che in tal modo ci sfugge e dilegua lontano.
    Franco Campegiani

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  2. Complimenti a Sandro Angelucci per aver centrato l'aspetto fondamentale del lavoro di Maria Grazia Di Mario dove si parla di un cambiamento del proprio modo di essere e agire per essere altro. Sandro Angelucci mette l’accento sulla sottile linea di confine tra realtà e illusione in rapporto a quanto accade nella quotidianità.
    In ogni cambiamento attuato per propria scelta o per altri condizionamenti vi è sempre un dolore, un trauma. La scelta di “togliersi la testa”, di rinunciare ad essere come si è nella propria essenza e autenticità da parte della protagonista, indica il bisogno di essere ascoltati e accettati da una società che altrimenti non è capace di comprendere.
    La protagonista del libro della giornalista Maria Grazia Di Mario con questo gesto di togliersi la testa e chiuderla nel cassetto, si rimette in gioco, si prepara ad un’altra possibilità, diventando altro da sé, con un’altra identità in linea con quanto la società di oggi vuole. Per citare Pirandello che ha trattato il motivo dell’identità in diversi drammi in rapporto all’essere e l’apparire, si può far riferimento a “Come tu mi vuoi” dramma in tre atti dove la protagonista si trova nella possibilità di prendere il posto di un’altra persona ingannando gli altri e forse se stessa…..
    Nel caso della protagonista del libro di Maria Grazia Di Mario, la scelta è voluta anche per via delle impercettibili pressioni esterne. Una scelta che la porta a essere come gli altri vogliono che sia, Se questo cambiamento drastico nel suo comportamento e nel rapportarsi alla realtà le da ragione sentendosi riconosciuta e apprezzata come avrebbe dovuto essere anche prima, non vanno perse di vista le conseguenze. Ma alla fine come si è veramente? Come vediamo noi stessi e come ci vedono gli altri?
    Questa voleva essere una breve riflessione avendo letto la presentazione di Sandro Angelucci e il commento di Franco Campegiani riferiti al libro di M Grazia Di Mario.
    Silvana Lazzarino

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  3. Grazie per i commenti all'altezza della recensione di Sandro Angelucci che ha ben colto il significato del mio racconto narrativo ed ha scritto un vero capolavoro critico.

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