I "VALORI" DI UN PADRE... ASSIOMI DI UN FIGLIO
("Babbo" di Nazario Pardini)
È una lirica nostalgica, ravvivata da
memorie e timori che il Poeta distilla, verso dopo verso, a immergersi in un'atmosfera
non solo virtuale e immaginifica, ma altresì concretamente vissuta.
Il padre (il "babbo") si trasforma
in un cumulo di "visioni" marmoree che racchiudono corpo, volto,
spirito, spazi e tempi, gesti, odori, episodi (il "morellino"
fuggiasco...), giochi (...ci gettavi fino al cielo...).
"Visioni" ambivalenti di una
presenza incerta per l'incontrovertibilità del "tempo" che alletta,
consolida, distrugge senza offrire sicurezze nel "prima" e "dopo"
esistenziale.
Come reagire?
Il Poeta si appella alla speranza per
esorcizzare anche la morte che "destìna" la vita del padre, ne
scandisce i momenti (in mezzo ai campi... tra le vigne... nell'età della
stanchezza...) riflettendosi nei ricordi del figlio, ora sempre più vacui e
oscuri dove si insinua la paura dell'azzeramento totale.
Il Poeta si aggrappa ormai,
progressivamente, alla visita cimiteriale su una tomba priva, denudata, ridotta
ad un aggrumo di macerie dove l'immagine di un sogno perde la sua qualità più
completa e ontologicamente si ricerca nello spirito, nel soffio vitale, nell'avvìo
della luce contro la disperazione del nulla eterno.
Si diceva della liricità nostalgica di
Pardini: questi versi tormentati e tormentosi esprimono infatti il dolore di
gioie perdute e, di una "guida" assoluta, nel lavoro paterno, nella
tranquilla serenità di uno scenario campestre sincero, tetragono, vigile,
previdente. Sintomatico è il "frascare" nella vigna..., sintomatica
la fuga del cavallo che il babbo rincorre senza tregua sfidando ogni rigore
stagionale... spiragli di "apparenze" immaginifiche che elevano la
figura e il ruolo paterno sino al cielo...
Ma il terrore dell'oblio persiste
costantemente in questo cristallo poetico di Nazario e ne connota schema
costruttivo e scenari interiorizzati che tenderebbero a liberarsi dalla morsa
marmorea di un sigillo senza futuro con l'aiuto prezioso, come già detto, della
speranza nel sogno di un tempo mai perduto.
Peraltro la speranza non è sufficiente
all' insinuo psicologico di Pardini; la perdita del padre è una tragedia di
tale dimensionalità da minacciare l'utilità del "valore" che la figura
paterna stessa rappresenta per il figlio, la famiglia, il territorio, la
"Natura" tutta gravitante a contorno.
L'esistenza stessa rischia l'annullamento
nel dubbio tra "reale" e "virtuale", nella nebbiosità del
pensiero che il "cimitero" non conforta come dovrebbe ed anzi
confonde facilmente con il passare degli anni fino all' impossibilità di continuare
il percorso (non abbiamo più tempo... tutto è finito... si avvicina la fine...).
L'amarezza sembra prevalere in un
momento lirico di triste riflessione sui "valori" affranti di una "presenza"
incommensurabile che il Poeta non intende peraltro abbandonare ricollegandosi
generazionalmente ad un eccezionale richiamo oltre ogni limite (... le memorie
di te... con me...).
E il paradosso di una
"risalita" imprevista prende concretezza: il "non scritto"
tra i versi è percepibile sempre più nell'ascesa lirica dei "valori"
che contribuiscono alla "presenza" dominate del genitore.
Campi, terra e vigne, camino (di una
casa vicina) agevolano la prova dell'inversione psicologico-lirica del Poeta:
la memoria diventa attiva per unire e non dissipare; il lavoro perpetua la
volontà di costruire e non distruggere; il "ruolo" paterno si
riconferma al di là dei brandelli di un marmo "sfocato"; la speranza
non è più utopistica ma realizzabile nello "Spirito" della gioia
prescindendo dalla tirannia del tempo e del destino; la lirica di Pardini perde
la mestizia diffusa per ribaltare dettagli, scenari, stati d'animo, volontà
celesti e terrene.
L'Essere Superiore diventa onnipresente
a sublimare ogni intensità emozionale tradotta in "verso": rinasce un
Poeta elevatosi "ottimista" nella "conversione interiore"
di un'intera discendenza.
Sui "versi" pardiniani è inutile ogni ulteriore analisi: si commentano da soli, in quella "presenza" filiale che onora assiomaticamente altre "presenze" originate dalla Terra al Cielo.
Marco
dei Ferrari
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