Appunti di lettura
Annalisa Macchia
Il
BESTIARIO DELLE BESTIACCE by Pagine s.r.l. 2020- Introduzione di Franco
Manescalchi Postfazione di Plinio Perilli-
5 Tavole di Giovanna Ugolini
Poesie
e pedagogie con le zampette
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La prima cosa che salta agli occhi prendendo in mano l’ultimo lavoro poetico di Annalisa Macchia è l’immagine di copertina che rappresenta Mob-budù, l’iguana di famiglia. E se era di famiglia una tale innocua bestiaccia si può cominciare a ipotizzare qualcosa di più di quanto la stessa autrice non dica nella sua premessa al personalissimo, poetico/sentenziale recinto.
Annalisa
ci permette di entrare nel suo zoo, innanzitutto per goderne la multiforme,
simpatica sgradevolezza. Dico a proposito goderne,
perché, alla fine della visita e dopo aver appreso dalla viva voce dei
protagonisti la loro lezione, non
possiamo che convenire con l’autrice che basta cambiare prospettiva e, anche
quelle creature così poco attraenti, possono regalare “ inattesi stupori”.
Nella Premessa già citata Macchia afferma di essersi in qualche modo ispirata, pur divergendone non poco, al Bestiaire di Guillaume Apollinaire, ma il fatto di aver ospitato in casa un’iguana, mal sopportata dal gatto e coccolata da tutti in famiglia, come un normale animale domestico, fa già comprendere come per Annalisa l’ottica della persona qualunque non esista da tempo e che per lei sia la cosa più naturale mescolare poesia e guano del Colombo, quartine perfette con i piedi della Scolopendra o con le palline dello Scarabeo Stercorario.
Se ti lascio di stucco/ Perché della mia
palla non posso stare senza/ Non per esser scortese… però sei un mammalucco./
Non sai che niente cacca vuol dir niente esistenza?
Ottima domanda che l’animaletto rivolge all’umano poco sapiens intervenuto con il suo perbenismo inopportuno: Sembra amar più la palla che non il galateo!
L’umano,
infatti, è un vero rompipalle in quello zoo particolare e sentenzia sempre
dalla cattedra, per poi essere o smentito, o ridicolizzato, o zittito.
Siccome,
poi, anche i lettori/visitatori/spettatori sono umani e molti di essi alquanto
schizzinosi, per rendere loro più accettabile il palcoscenico affollato da bestiacce più o meno sgradevoli e per
alcuni addirittura ripugnanti, ecco che
la “regista” trova un escamotage da autentica didatta, esperta in
comunicazione: fa, infatti, intervenire con un salto improvviso la tenera,
graziosa presenza di un passerotto sul ramo, poi tra i tavolini di un bar a becchettare
gentile e, come se questo non bastasse, dopo l’insistenza noiosa del piccione e
le ali puntute e malviste del pipistrello, sorprende con l’improvvisa
apparizione regale dell’upupa coronata e bellissima che qualche poeta trascorso
aveva calunniato e che Montale, a difesa dell’amato volatile, definisce “ ilare
uccello” e “ nunzio primaverile.
È solo così che, forse, dopo
tale iniezione di dolcezza e colore, riesce a far accettare di buon grado la
presenza di altri esseri meno dotati che potrebbero generare smorfie di
disgusto, non certo ad Annalisa che si mette nei loro panni e lì dentro scopre
ed esperimenta la saggezza e la legge ineguagliabile del codice che la natura
ha impresso loro.
Con l’ironia e l’amabilità sorridente che le sono congeniali, Macchia ci consegna un’antologia di creature che la sua penna ritrae usando lo stupore proprio di un bambino accompagnato, però, dall’esperienza del vissuto personale e dall’accento fantasioso del poeta.
Nel gioco tra incantamento, ironia, saggezza e invenzione, l’inserimento delle preziose grafiche di Giovanna Ugolini esalta la magia di quello che Plinio Perilli nel saggio finale ben definisce “ gemellaggio artistico”. La pittrice accende ed esalta, traducendolo a modo suo, il realismo dei soggetti rappresentati attraverso un suggestivo, personalissimo segno. Così, sotto lo sguardo severo e un po’ stralunato di Messer Gufo, scivolano tra le parole il Geco manincolla, seguito da Topo topone, Pipistrello dolcepuntuto, Camaleonte dorsovariante dai colori che il bianconero ci fa immaginare.
Più
sopra ho parlato di ironia e amabilità sorridente della poetessa, ma Franco
Manescalchi nella sua colta, puntuale prefazione la definisce giustamente arguzia, usando un termine molto più
preciso e confacente. Ne è percorsa tutta la raccolta, ben miscelata al messaggio pedagogico trasmesso attraverso
l’osservazione della natura stessa e del suo organico tessuto che contiene fitte relazioni sostenute da regole e da alcune
eccezioni che le confermano.
Quella di Annalisa Macchia, però, è sempre una pedagogia che sorride e insegna con la bonaria, guizzante, scherzosa ironia che l’arguzia citata sopra colora e fa diventare appetibile.
A completare e rendere toccante il tutto, non mancano momenti di tenerezza e commozione, come quando si affaccia da un particolare, dolente buchino un minuscolo topo:
Nelle baracche dei campi di sterminio/ un bambino il pugno chiuso su preziose briciole/ aspettava davanti alla tua tana./ La mano pronta/ a carezzare un po’ di pelo grigio/ a stringere amicizia/ con un essere vivo.
Sì, un essere vivo, il topino, così come tutti gli altri del Bestiario, dove le bestiacce vanno osservate, come insegna Annalisa, da una diversa, insolita angolazione, in modo da scoprirne la meravigliosa diversità, rimanendone stupiti e forse, anche, non poco affascinati.
Campi Bisenzio 4 marzo 2021
Mariagrazia
Carraroli
Ringrazio il caro Nazario Pardini dell'ospitalità concessa e l'amico Angelucci per avermi facilitato l'accesso. Onorata, con Annalisa Macchia, per questa preziosa opportunità
RispondiEliminaMariagrazia cara, sono emozionata nel leggerti nell'isola felice e di potermi nutrire della tua esegesi tanto scrupolosa, competente, quanto fruibile. Credo che il saper porre le tematiche trattate nei testi in modo semplice rappresenti la più difficile e la più dotta delle imprese. Tu sei arrivata come fiume in piena di persona, quando ho avuto l'onore di conoscerti a Roma, di ascoltarti, di abbracciarti, di condividere delle ore e arrivi anche attraverso lo schermo... dono di pochi. Non esistono filtri per la tua parola che si fa immagine, a tratti fabula, che resta sempre seducente e dolcissima. Basta citare questo estratto della chiusa: "le bestiacce vanno osservate, come insegna Annalisa, da una diversa, insolita angolazione, in modo da scoprirne la meravigliosa diversità, rimanendone stupiti e forse, anche, non poco affascinati". Ho amato Annalisa Macchia, che non ho la gioia di conoscere, attraverso te e ti ho rivissuta per l'eternità di un quarto d'ora. Grazie infinite, amica mia. Ringrazio anche l'Autrice e vi stringo entrambe, sicura di non osare troppo ed estendendo l'abbraccio all'immenso Nazario che rende possibili questi incontri.
RispondiEliminaAnche tutte le mie bestiacce ringraziano con me Nazario Pardini per la sua ospitalità, Sandro Angelucci che ha reso possibile questo contatto e Mariagrazia per l'intelligente e sensibile ascolto dei loro richiami (delle bestiacce),dei loro versi, tutti diversi ma tutti degni di attenzione. Annalisa Macchia
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