martedì 2 marzo 2021

MAURIZIO DONTE: "CAPITA A VOLTE..."

Capita, a volte, facendo parte di una giuria, nel caso in specie quella del Concorso Nazionale "Amore, parole dal cuore", di restare del tutto sconcertati davanti a un testo in gara. In particolare questo, sezione under 18, del quindicenne studente del ginnasio Matteo Prucca, a Mondovì, Cuneo. 

Savannah...il titolo e la poesia che segue non può che far volare il pensiero a Conrad Aiken, il poeta di Savannah, già premio Pulitzer, mancato nel 1973.

La ricchezza delle immagini, le descrizioni, la capacità di riflessione sul tempo, sul ricordo di un amore che viene proiettato sullo schermo di un passato che pure il nostro giovane Matteo non può aver vissuto, dati i suoi sedici anni, che compirà giusto domani, 3 marzo, veramente sconcertano. 

La poesia evidentemente non è morta, né può morire, finché nasceranno poeti, e a quanto pare la Musa non si è ancora stancata di produrne. Ho letto altri testi di Matteo e ho ravvisato in essi echi, sfumature, nuance, di grandi del passato, nel medesimo percorso che è stato di tutti noi: quello che inizia dalla lettura dei classici, e "l'assorbimento" dei loro modi. Questa poesia in particolare è evidentemente influenzata dalla lettura del citato Aiken, ma Matteo ci mette molto del suo, denotando una maturità impressionante. 

Ho saputo che è già stato ospitato sulle pagine di Repubblica, a Torino, e su quelle del giornale Provincia Granda, del Cuneese, e davvero questo non mi sorprende, dopo aver letto i testi da lui prodotti. 

Già l'incipit colpisce per la forza espressiva, il calore che richiama dell'Estate: "Luglio ; un'infanzia fra i granitici denti dei monti e (si) apriva il Sole dei sogni più sperati. La terra secca sapeva di fuoco... "

Al di là di qualche ingenuità lessicale, e di qualche stranezza, per esempio nell'andare a capo, il suo talento mi pare indiscutibile:

inanella una serie di immagini e figure retoriche che sarebbero degne di una critica migliore della mia: "Savannah, stralcio di passate età, ti nascondevi/ eppur cercavi attenzioni, fra le pietre/ mature di muschio verdiccio, dietro la fontana: l'acqua argentea ti sfiorava".

E passaggi come questo:" Eravamo noi, quelle ombre... ", una retrospezione che pare scritta da un cinquantenne, che nel riesaminare il suo passato, ne coglie tutte le delusioni, e pure ancora si commuove, pensando al tempo in cui le speranze di gioia erano vive, e quasi le accarezza con nostalgia. 

E intanto l'estate passa, luglio cede ad agosto, e Savannah diventa un'ombra indistinta, l'autunno incombe, e gli impegni presenti trascinano via quell'amore così ben figurato dal sorriso perso tra "le lentiggini nascoste all'ombra dei peri" . L'immagine presente dell'amata dilegua portata via dal vento, e il poeta, volgendo lo sguardo al cielo sconfinato, agli astri freddi e desolati, prova un brivido e ritorna in sé dal sogno, e amaramente si chiede: "poeta, cosa vuoi? parli ancora ai fantasmi? "

E veramente siamo "capitani di vascello del nostro animo turbato": la domanda ultima traspare: dove andiamo? Dove ci porta il nostro viaggio? Al nulla, o a Dio? Chi siamo, noi? Qual è la ragione del nostro essere nati, di vivere, di amare, e di soffrire? 

 Maurizio Donte

 

Savannah

ı.

 

Luglio; un’infanzia fra i granitici

denti dei monti, e apriva il Sole

dei sogni più sperati. La terra secca

sapeva di fuoco ed io, inquieto, facevo

del vuoto miti e città di fantasia…

Tu eri, stupida, che attendevi ma

non lo davi a vedere, ninfa silvestre e

riservata. Voltate le guance a lentiggini,

le ritraevi sotto le ombre dei peri.

- Non voglio giocare con te, bambino.

 

ıı.

 

Savannah, stralcio di passate età, ti nascondevi

eppur cercavi attenzioni, fra le pietre

mature di muschio verdiccio, dietro

la fontana: l'acqua argentea ti sfiorava.

E io cercavo,

cercavo i tuoi nudi capelli castani, il tuo

profumo di Estate. Zeffiro mi avvolgeva,

tra i soffi del vento del Sud che sussurrava

di parole scherzose, negli spifferi dei rami.

- Ancora mi cerchi?

 

ııı.

 

Alla fine ti decidevi; giocavamo a chi

per primo avrebbe toccato il traguardo. Un

finale rincorso, miraggio di felicità.

Nell'aria impolverata, la patina del ricordo

mi indica ancora le tue giornate, quando a mo'

di bambini della campagna ignari, non

sapevamo del Padre Tempo. Ma cos’è

alla fine questo Tempo? Questo presente

nella prigionia di una mente dissepolta…

- Dai resta fino a cena! Di sera è più fresco.

 

ıv.

 

Eravamo noi quelle ombre, Savannah.

Per quei campi d'erba fiorita e grano,

passavamo alla rassegna i desideri futuri, e

i capolinea da illusi, tutto una menzogna,

che insieme costruivamo sulla Speranza.

Cosa è stato del nostro mondo? Dove sei,

sto cercandoti. Ti prego, se torni sappi:

io, caro Passato, aspetto là, al solito posto,

presso a quel logoro paese da spettri.

- Cosa vuoi essere tu da grande?

 

v.

 

Ma Savannah, ti sei scordata che quel lunedì

dovevamo vederci? Ad agosto, in fondo,

io non dovevo nulla: né odio, né

amore, né niente di niente. Con le ali d'angelo

nero ripiegate e prossime a sciogliersi in

volo, stava inquietamente posata la merla.

Un biglietto consunto, scritto con inchiostro

deciso, incideva nel mio spirito i grafemi

dei tuoi occhiacci.

- Stasera. Davanti al cancello. Ore 9.

 

vı.

 

Troppo presto, troppo in fretta…

Muta si faceva la sera, con la Luna d'una

luminosa freddezza, seccava la

strada e pareva celare una malinconia.

 L’ombra pallida, eccola, di te, Savannah.

Dovevi partire.

Per che cosa poi? Barcollavo smarrito,

fatuo capitano di vascello in balia d'un turbato

animo, dietro le stelle guide svanite.

- È la vita, e anche tu dovresti capire.

 

vıı.

 

Non morirà con te l'incanto di quell'età;

con te, quelle notti insonni a scherzare, quei

giorni vissuti d'un solo secondo. Che incubo è il

risveglio? Non ne voglio sapere. No, Savannah:

io scelgo di vederti ancora là, a sbirciare, alzando

le stecche della tapparella sbilenca, la tua

notte dei tempi perduti. Quegli astri stessi sono,

che a lungo solcavi in cerca di risposte del fato.

- Poeta cosa vuoi? Parli ancora ai fantasmi?

 

 

 

3 commenti:

  1. Maurizio caro, bellissima la tua pagina dedicata alla Poesia che non può estinguersi e che non conosce età, come tutte le vere forme di Cultura. Parto dal presupposto che sia proprio la poesia la madre di tutte le arti e trovare giovani come Matteo emoziona noi lettori e i giurati come te, rabdomanti in cerca di pepite, che si ritrovano a scovare filoni d'oro puro. La lirica l'hai introdotta in modo ineccepibile, le soddisfazioni che questo adolescente ha riscosso sono ampiamente giustificate dal suo valore. Mi complimento con te, mentore d'eccezione e plaudo i suoi versi che danno del 'tu' al cielo. Vi stringo entrambi e ... ad astra Matteo!

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  2. Poesia davvero eccezionale per un quindicenne. Siamo di fronte ad un caso particolare, un vero e proprio poeta precoce.
    E' commovente soprattutto per una come me che ai giovani nella scuola ha dato tanto e tante vite ha visto crescere e menti svilupparsi.
    Indubbiamente questo ginnasiale si è già nutrito e si nutre di tante importanti letture...e questo è un magnifico lievito alla crescita.
    Complimenti di cuore a lui e a te per questo bell'incontro.. Giustamente osservi "Capita a volte"
    Auguri!
    Edda Conte

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  3. Vi ringrazio di cuore, amiche mie, per questi bei commenti. Si, a volte capita di trovare qualche perla. Oggi tra l'altro è il compleanno di Matteo, spero che legga queste righe, e che resti con i piedi per terra, solidamente piantati, perché lunga è la via... Detto questo, sono impaziente di conoscerlo; non so ancora quando sarà la premiazione nella bella cittadina di Ormea, credo questa estate, Covid permettendo.
    Grazie a voi e al professore per l'attenzione.

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