venerdì 29 gennaio 2016

MARIA RIZZI SU: GIUSEPPE UNGARETTI: "SONO UNA CREATURA"




Maria Rizzi collaboratrice di Lèucade


Com'era costume del grande Ungaretti la lirica è formata da tre strofe di varia lunghezza di versi liberi. Varia la misura dei versi, che sono senari, quinari, quaternari e ternari. La lirica è costruita secondo una struttura, che, nella sua rigorosa semplicità, rivela un attento dosaggio degli effetti, in modo da ottenere il massimo risultato espressivo con il minimo dispendio di parole poetiche. Due sono i procedimenti adottati dal poeta: il primo è quello dell’accumulazione ascendente, che tende, attraverso una serie di immagini in successione, a culminare in un vertice emotivo (climax). Il secondo procedimento consiste nell’uso della figura retorica dell’anafora: ancora una volta si raggiunge il vertice emotivo (climax) attraverso quattro versi costituiti da aggettivi di spessore semantico. Ma la struttura essenziale della lirica é funzionale al senso di dolore assoluto del Poeta. Egli si riferisce a San Michele, un monte del Carso dove ha combattuto durante la prima guerra mondiale, la sua anima é divenuta arida, brulla, come la montagna.dura
"così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata". 
Un'anima disanimata, arida, priva di lacrime per piangere. Il pianto del poeta è dolore intimo, straziante, nudo di orpelli... Quanto ricorda questa poesia l'altra superba Opera di Ungaretti "Veglia"! 
E la chiusa, che rappresenta una lirica in se stessa, comunica il concetto drammatico e paralizzante che dopo strazi così inesprimibili, la pace della morte si può 'scontare' solo continuando a ricordare, a patire le solitudine delle sofferenze. D'altronde é risaputo che nessuno può condividere dolori che non ha vissuto... 
Di fronte a questa lirica credo che finiamo per sentirci tutti impotenti e soli. Per il frammento di un'eternità avvertiamo la desolazione del Poeta e sentiamo che le parole non servono a molto. Occorre dire il minimo per creare la deflagrazione.
Io, leggendola, mi sono sentita, ancora una volta, sterile come un arbusto secco. E ho provato a commuovermi senza riuscirci...

Maria Rizzi


SONO UNA CREATURA
Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916

Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così  dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata.

Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede.

La morte
si sconta
vivendo.


Giuseppe Ungaretti

3 commenti:

  1. Com'era costume del grande Ungaretti la lirica è formata da tre strofe di varia lunghezza di versi liberi. Varia la misura dei versi, che sono senari, quinari, quaternari e ternari. La lirica è costruita secondo una struttura, che, nella sua rigorosa semplicità, rivela un attento dosaggio degli effetti, in modo da ottenere il massimo risultato espressivo con il minimo dispendio di parole poetiche. Due sono i procedimenti adottati dal poeta: il primo è quello dell’accumulazione ascendente, che tende, attraverso una serie di immagini in successione, a culminare in un vertice emotivo (climax). Il secondo procedimento consiste nell’uso della figura retorica dell’anafora: ancora una volta si raggiunge il vertice emotivo (climax) attraverso quattro versi costituiti da aggettivi di spessore semantico. Ma la struttura essenziale della lirica é funzionale al senso di dolore assoluto del Poeta. Egli si riferisce a San Michele, un monte del Carso dove ha combattuto durante la prima guerra mondiale, la sua anima é divenuta arida, brulla, come la montagna.dura
    "così prosciugata
    così refrattaria
    così totalmente
    disanimata".
    Un'anima disanimata, arida, priva di lacrime per piangere. Il pianto del poeta è dolore intimo, straziante, nudo di orpelli... Quanto ricorda questa poesia l'altra superba Opera di Ungaretti "Veglia"!
    E la chiusa, che rappresenta una lirica in se stessa, comunica il concetto drammatico e paralizzante che dopo strazi così inesprimibili, la pace della morte si può 'scontare' solo continuando a ricordare, a patire le solitudine delle sofferenze. D'altronde é risaputo che nessuno può condividere dolori che non ha vissuto...
    Di fronte a questa lirica credo che finiamo per sentirci tutti impotenti e soli. Per il frammento di un'eternità avvertiamo la desolazione del Poeta e sentiamo che le parole non servono a molto. Occorre dire il minimo per creare la deflagrazione.
    Io, leggendola, mi sono sentita, ancora una volta, sterile come un arbusto secco. E ho provato a commuovermi senza riuscirci...
    Maria Rizzi


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  2. Vorrei solo sottolineare come le scelte linguistiche ( al plurale, perché ogni singolo termine è frutto di scavo profondo, di selezione accuratissima) scolpiscano una condizione interiore dolorosamente vicina a quella morte che "si sconta / vivendo".
    L'anafora del "così", ripetuto cinque volte ad accompagnare aggettivi puntuali e specifici e, a mio parere, non disposti in forma di climax ma di tessere di mosaico giustapposte a formare un quadro di totale sofferenza, sottolinea l'incalzare di una creatività lucida e dolente, mestamente ripiegata su se stessa, ma che non teme di fare i conti con la vita e con la morte.
    Pasquale Balestriere

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  3. Una bella indagine su una poesia di Ungaretti, molto ben accurata ed eseguita sulla base di un excursus di ungarettiana memoria quale era il senso della vita e della morte nel poeta in esame.Uno scavo in cui si avverte forte il disperante incalzare del dolore e dove più esumante e scabro emerge un messaggio che utilizza il minimo per ottenere il massimo. Come era nel suo temperamento lirico: poche parole ma estremamente taglienti e misurate, per indicare l'inesprimibile strazio che conduce l'uomo su sentieri di particolare, acuminato tormento.
    Ninnj Di Stefano Busà

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