domenica 3 gennaio 2016

PIETRO RAINERO: "LO SPECCHIO DELLO SPAZZACAMINO", RACCONTO


Pietro Rainero collaboratore di Lèucade

                                Lo specchio dello spazzacamino

28 dicembre 1780. Salisburgo, Austria.

“Prego, si accomodi, signor Conte. Il Maestro la riceverà immediatamente”.
Detto ciò  Petra, la governante di casa Saliera, chiamò il padrone “ Signor Maestro, nella sala vi attende il Conte Ofizio, da parte di Sua Eccellenza l’Arcivescovo”.
Antonio Saliera, Maestro di Cappella, si precipitò nella saletta pensando “ meglio non farlo attendere, è un tipo piuttosto impaziente”.  
“Buongiorno, signor Conte, in cosa posso servirla?”
“Buongiorno, caro Maestro, si tratta di questo: Sua Eccellenza, il nostro amato Arcivescovo, vuoleche prepariate un dramma scherzoso per il concerto che si terrà a Vienna a Capodanno, come consuetudine”.
“Capodanno? Quale Capodanno?”.
“Come quale Capodanno! Tra quattro giorni!”.
“Quattro giorni? Un dramma in quattro dì? Non è possibile! Vi pare una cosa fattibile?”.
“La cosa è arcipossibile” tagliò corto il Conte “ e deve andar così. Ricordatevi che è un ordine dell’Arcivescovo, arrivederci” e senza aggiungere parola uscì.
Saliera dapprima si sentì un po’ gelare.  “Ma come!” pensò “ dovrebbe essere arcipossibile fare un lavoro in quattro giorni  solo perché lo dice un Arcivescovo?”.
Gli venne invece la pelle d’oca quando pensò (anzi, non osò pensare) a dove lo avrebbe trasferito l’Arcivescovo se avesse fallito.
Saliera si trovava benissimo a Salisburgo ( d’altro canto, dove una persona con tale cognome potrebbe star meglio che nel Borgo del Sale? ) ma l’ordine ricevuto lo aveva spaventato a morte perché, diciamo la verità, egli non era un talento musicale nato ( potreste forse pensare, e non sareste lontano dal vero, che nonostante un tale cognome non avesse tanto pepe in zucca ).
Era un buon compositore, nulla  più.
Nulla perlomeno se confrontato con Wolfgang Zartmo, emerito Maestro addirittura di Cattedrale, genio musicale per consenso unanime, dall’incredibile facilità di composizione, di cui si narravano i
più incredibili aneddoti e autore di melodie fantastiche, brillanti, scoppiettanti.
L’unico suo difetto, secondo Saliera, era che abitasse pure lui a Salisburgo.
Quando il conte Ofizio lo aveva messo al corrente dei desideri del loro amato Arcivescovo, egli aveva semplicemente risposto, prima di salutarlo “ Certamente, benissimo! Mi metto subito al lavoro”.        Aveva raccattato da terra qualche foglio intatto di spartito e si era messo di buona lena a macchiarlo di note, note che si disponevano in armoniosi disegni, corredati dai necessari diesis e bemolli ( e collocati nei punti giusti, per di più ).
Ora capirete  perché il buon Saliera tremava all’idea di cimentarsi al cospetto di  tale talento.
Cosa avrebbe inventato Zartmo in quattro giorni?  Probabilmente, lavorando giorno e notte, qualcosa di stupendo, mentre lui, che doveva cancellare per correggere una nota ogni tre che scriveva, quale orrore avrebbe messo insieme, ammesso di riuscirci, in così poco tempo?
No, non avrebbe potuto presentare i propri sforzi a Vienna!
Era disperato.    Prese un foglio di spartito e lo guardò, lo guardò a lungo: era ancora bianco.
Non gli veniva uno straccio di idea, non una! Di colpo fece capolino un’intuizione: si ricordò di una cosa che aveva notato molti anni prima.
Qualche minuto dopo era nuovamente di umore perlomeno accettabile.
Ma alla sua idea mancava qualcosa: l’occasione.
Doveva inventarsela, oppure approfittare degli eventi.  
E l’occasione, per fortuna sua, arrivò.
Tre giorni dopo, giorno di S.Silvestro, seppe da alcuni amici che il suo rivale aveva terminato lo scherzo musicale e che un noto violinista sarebbe passato in serata presso la sua abitazione per una prima prova.
Alle sette di sera del 31 dicembre 1770 tre spazzacamini ( o meglio, tre individui vestiti da spazzacamino ) suonarono alla porta di casa del Maestro di Cattedrale.
Aprì il Maestro in persona. Saliera, che come avrete già capito era uno dei tre personaggi, tirò un sospiro di sollievo e si disse “ Menomale che Wilfrida, la domestica, non è in casa; lui è così distratto che non riconoscerebbe neppure una mosca vestita da elefante”.
“Siamo venuti per l’ultimo controllo alla canna fumaria prima delle ferie” disse Saliera.
“Ah.. ma sì, certamente, da questa parte, bitte”. 
Wolfgang Zartmo li accompagnò nelle grande sala e lì li lasciò, perché suonarono nuovamente alla porta. Poco dopo i nostri tre furfanti erano già sistemati su per il camino ad origliare quanto si diceva nella sala.
Introducendovi il nuovo arrivato Zartmo disse “ Che piacere, per questo scherzo si scomoda addirittura il famoso Skiascianòcccici !”( un cognome russo che in tedesco potrebbe essere tradotto in qualcosa del tipo “ Noce di cocco africana spiaccicata” ).
Zartmo aggiunse nel caminetto due ceppi di legno e si accomodò beatamente in poltrona.
Il fuoco, ravvivato, indirizzò verso il camino una nube di fumo nero e polvere fuligginosa, che investì i tre compari facendoli tossire ed inveire.
I due uomini prezzolati da Saliera maledirono l’aver accettato tutti quegli scellini, mentre il musicista, semisoffocato, aveva perlomeno il proprio fine da perseguire.
Ivan Skiascianòcccici interpretò in modo sublime quella divertente partitura, tra la gioia di Zartmo e l’ammirazione incondizionata dei tre spazzacamini, uno dei quali era attentissimo a non perdersi una sola nota ed a memorizzare alla perfezione i vari brani.
Quando la prova finì Zartmo congedò, complimentandosi, il violinista russo e ritornò nella sala, dove trovò i tre neri come il carbone e mezzi affumicati. 
“Ecco fatto: abbiamo finito” disse Saliera.
“Bene, vedo che siete molto sporchi, probabilmente allora il mio camino sarà molto pulito” gli rispose il Maestro di Cattedrale, accompagnandoli all’uscita.
“Potete ben dirlo, Maestro” commentò l’abbronzato Saliera, che poi aggiunse “ a proposito, ho notato entrando che nella porta di ingresso vi sono quattro buchi, li avete fatti voi?”.
“Sicuro, la mia gatta ha dato alla luce una settimana fa tre micini: i tre fori più piccoli sono per loro  e quello più grande per la madre” spiegò il genio.
Saliera, uscito dalla casa del collega, pagò il compenso pattuito ai due compagni e si precipitò alla propria abitazione: non aveva molto tempo.
Lo attendeva una nottata insonne. Aprì uno spartito ancora intonso e, equipaggiato di penna di oca, inchiostro ed un buon caffè caldo, si mise all’opera.
Riscrisse tutto il lavoro musicale appena sentito come se lo vedesse riflesso in uno specchio posto esattamente a metà dei due pentagrammi, quello superiore nella chiave di violino e quello sotto nella chiave di basso, uno specchio che tramuti il basso in alto e viceversa.
Scambiò il LA con il MI, il SOL con il FA e il SI con il RE.
Ed il DO?, chiederete voi.    Bene, il DO lo scambiò con se stesso, lasciandolo invariato!

Si era accorto, molti anni prima, che questo modo di procedere produceva una musica certamente non così piacevole come l’originale, bisognosa di qualche arrangiamento qui e là, ma tuttavia abbastanza orecchiabile, accettabilissima.       
L’alba del nuovo anno sorprese il Maestro di Cappella che ammirava, con malcelata soddisfazione, l’esito dei suoi sforzi.
Canticchiando sottovoce la sua creazione, arrotolò la partitura, allegò una missiva di presentazione, aprì la gabbia, ne estrasse un piccione alla zampa del quale legò il tutto e lo liberò nei cieli austriaci.
Qualche ora dopo, nella capitale, fra sfarzosi vestiti, bellissime dame incipriate e brindisi beneauguranti furono eseguiti, a conclusione del tradizionale concerto, i due scherzi musicali dei nostri amici.  
Entrambe le composizioni furono salutate da un fioccar di battimani, anche se quella del genio ventiquattrenne finì con una vera ovazione.
Due sere dopo i due migliori compositori austriaci si ritrovarono insieme a cena in un antico maniero di proprietà della contessa di Innsbruck.
Saliera, consapevole che la composizione ricopiata (forse dovremmo dire riflessa) non era certo all’altezza dell’originale, era tuttavia molto soddisfatto di essere riuscito ad accontentare l’Arcivescovo, di aver letto critiche positive sui quotidiani e, più di tutto, di aver conservato il posto di Maestro di Cappella con relativo stipendio.
Zartmo, che invece era stato presente al concerto per il nuovo anno, aveva subito capito chi era il vero artefice della musica di Saliera e cosa era accaduto, fin dalle prime battute musicali.
Non provava comunque nessun astio per il rivale, sia perché sapeva quale fosse il proprio talento e quanto Saliera tenesse al proprio posto di lavoro (vi era pure una famiglia da sfamare), sia perché dopotutto la musica del Maestro di Cappella non era affatto disprezzabile ed era molto divertito dall’espediente utilizzato per ottenerla: era stata una buona idea.
“Ero presente a Vienna, caro Maestro,” esordì Zartmo sorridendo “e vi devo fare i complimenti per il vostro lavoro che ho trovato gradevole e decisamente con un che di FAMILIARE”.
“Vi ringrazio moltissimo” gli rispose Saliera, pure lui sorridente “non ho potuto ascoltare il vostro pezzo per impegni che mi hanno trattenuto a Salisburgo, ma non dubito che sia stato sublime e non mi stupisce che la mia musica la riteniate, dopo tanto tempo che ci conosciamo, così FAMILIARE”.
“Vi assicuro, Maestro,” concluse il genio ormai ridendo apertamente “che il vostro scherzo musicale aveva un’aria molto ma molto FAMILIARE, anzi ascoltandolo con attenzione ho avuto  la sensazione di sentire addirittura le MIE note, come se io stessi suonando al pianoforte la mia composizione e la musica venisse riflessa nella grande SPECCHIERA che ho nel salone di casa:
veramente uno SCHERZO pregevole”.
E si accomiatarono con un cenno di capo. 

 Pietro Rainero


                                                                         

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