sabato 24 luglio 2021

FLORIANO ROMBOLI: "IL TRENO E IL PIOPPO" DI GIUSEPPE BERTON

 

     Il  doloroso eppur  seducente  enigma della  vita  ne  Il treno e  il pioppo  di  Giuseppe Bertòn

 

Sono d’accordo con il prefatore Enzo Concardi nel rilevare, nell’àmbito della strategia ordinativa e compositiva che governa la raccolta poetica di Giuseppe Bertòn, l’essenzialità di un testo come Il treno e il pioppo, e non soltanto perché  dà il titolo all’intera silloge, della quale Luisa Randon offre la traduzione inglese. Gli è che tale lirica, per ammissione stessa dell’autore, definisce l’angolatura visuale della ricerca artistica, precisa il nucleo genetico dei significati fondamentali del discorso letterario: l’esperienza della vita è scandita e dominata dal tempo, inarrestabile nel suo continuo trascorrere e di cui il treno costituisce la raffigurazione emblematica (“Lui passava, sulla sera/colorata di magia./Sulla notte colorata di mistero./Correva verso la montagna,/ancora troppo lontana”, ivi, vv. 1-5); a fronte sono la sensibilità inquieta dello scrittore, la sua coscienza critico-problematica tesa a coglierne il senso non transeunte, i valori fondamentali, perché radicata come il pioppo nelle zone profonde dell’interiorità intellettuale e morale: “Lui stava così, alto, con le sue foglie/un po’ colorate d’oro, un po’ stanche./Così poteva guardare lontano” (ibidem, vv. 7-9).

Si tratta di un duplice movimento dell’immaginazione e della riflessione, di una sollecitazione orizzontale (“E ci porta via, così veloce”, Il giardino abbandonato, v.8 ) e di una verticale (“Ho visto la tua anima,/e l’ho sentita,/e si muoveva ed il mondo/non poteva placarla”, Vincent, vv. 9-12), il cui vivace rapporto dialettico non sembra conseguire risultati di verità positiva e appagante, di spiegazione esauriente del mistero   dell’esistenza, dei tanti enigmi che l’accompagnano e segnatamente la caratterizzano, originandone l’intrinseco ritmo triste, le frequenti situazioni antitetiche: “Sul tavolo da gioco/dove sei seduto, nella notte./Tu non sai quale mano ti tocca./Sul tavolo da gioco/con la luce soffusa, nella notte./Tu non sai chi ha fatto le carte”, Sul tavolo da gioco  (vv.4-9);  “Mille fili d’erba,/tutti insieme,/sotto una pioggia leggera./Mille anime,/tutte vicine,/sotto una sofferenza leggera./Mentre il treno passa veloce,/ sui fili d’erba, sulle nostre anime,/sui nostri sogni”, Fili d’erba (vv.13-21, cors. mio, come dopo);   “Questa sera il mare è meraviglioso e terribile/e scende l’oscurità, su noi, su tutto,/ad abbracciare il nostro dolore./Mentre siamo sospesi,/sull’abisso di noi stessi./Così irreale e così vero”, Il faro ( vv. 4-9).

Il ciclo vitale si svolge nel tempo, attrae la fantasia del poeta altresì per le uniformità, che lo contraddistinguono, nell’inesorabile susseguirsi di momenti pessimisticamente rappresentati, dall’antica Grecia ai giorni nostri, nella loro dolente analogia, nondimeno animata dalla sempre risorgente aspirazione alla gioia, alla bellezza, all’amore:  “Meraviglia dell’Ellade,/respiro d’Oriente/tormento dell’Anima./Forse tessevi la tela,/incantevole ragazza, mentre il sole/si spandeva sul mare, e su te (…) Un dolore antico, quasi nascosto,/nelle radici della vita, nei tuoi occhi profondi,/attraversa ancora il nostro sguardo (…) Mille anni dopo,/ho sentito un poeta dire le tue parole,/leggiadre e incantevoli”, Mille anni ( vv. 7-12, 25-27 e 43-45);  “Apollo, bellezza di forme,/parla parole soavi,/abbellisce la terra della Grecia/e gli occhi del mondo./Apollo sente il vento della musica./e vola, sul canto di Dioniso, per le vie della Grecia./E senza volerlo, tocca le nostre mani./Nella nostra anima, senza volerlo,/l’eterna sofferenza, è diventa, la nostra sofferenza./E’ diventata tragedia,/che giustifica la vita,/che giustifica i tuoi baci”, La notte (vv.10-21).

In una disposizione mentale siffatta, nell’attenzione commossa alla ripetitività propria della condizione umana è la radice della propensione - ricorrente nel libro - agli stilemi iterativi, alla formalizzazione dei contenuti attraverso le sequenze anaforiche, la tecnica della ripresa sintagmatica:  “In fondo alla strada/In fondo alla sera/In fondo a quando ti penso sempre/In fondo ai tuoi pensieri…”, In un sospiro  (vv.1-4);   “Non ho avuto coraggio,/nella stazione del treno,/di voltare lo sguardo,/a guardarlo./Non ho avuto coraggio,/nella stazione del treno,/di voltare lo sguardo,/A GUARDARMI”, Homeless (vv.9-16).

Anche il richiamo esplicito e studiato a Giacomo Leopardi, “poeta immenso”, nel suggestivo  componimento intitolato Alla luna, si rivela la conferma meditata di un determinato orientamento etico- ideale: “Il poeta immenso,/ha cantato di te,/perché sollevassi la sua pena,/perché gli sorridessi./Ma lui ancora va con le sue greggi/per valli scoscese e campi e sassi/con lo stesso dolore negli occhi./Così le nostre anime ancora vanno/per vie incerte e tormentate,/con dentro ferite che non passano” (vv.33-42).

Giuseppe Bertòn, Il treno e il pioppo, Guido Miano Editore, Milano, 2020, pp. 99                                                                                                                                                                                                                                 Floriano  Romboli

 

 

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