mercoledì 7 dicembre 2016

F. CAMPEGIANI LEGGE: "ASPIRAZIONI DI UN ADOLESCENTE" DI G. VINDIGNI


Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade

Dopo "Il Ritorno"
"Aspirazioni di un adolescente"
nuovo romanzo storico di Giorgio Vindigni




In "Aspirazioni di un adolescente" (Helicon editrice), Giorgio Vindigni continua il racconto della sua vita iniziato con l'opera precedente, intitolata "Il ritorno". Anche questo è un romanzo autobiografico cucito sullo sfondo di vicende internazionali di fondamentale importanza per la storia del XX secolo. Non si pensi pertanto al diario di intonazione intimistica. Non lo consente anzitutto l'uso della terza persona, anziché della prima, come è consuetudine in quella forma letteraria. Qui l'autore, Vindigni, prende le distanze da Giorgio, che è lui stesso, il protagonista dell'azione narrata.
C'è poi da considerare l'uso del tempo passato, anziché di quello presente, come accade nel diario generalmente scritto a caldo. E, si sa, il tempo passato, il tempo del ricordo, differisce l'azione narrativa collocandola all'indietro nel tempo, il che consente di osservare le vicende narrate da una certa distanza, di filtrarle dunque, senza adulterarle, rendendo in qualche modo oggettivo il racconto e stemperandone il calore intimistico. Dove si collocano i fatti? Geograficamente in due Paesi distinti, la Libia e l'Italia;  storicamente in quel lasso di tempo che va dalla fine degli anni Trenta alla fine dei Cinquanta, il ventennio cruciale del XX° secolo.
 E' il periodo postbellico, caratterizzato dal dilagare della società di massa dei tempi attuali, con la fine della società contadina, da un lato, e la ricostruzione civile dall'altro. Il periodo che vede la nascita, ma anche la graduale relativizzazione, di tutte le ideologie: il marxismo proletario da un lato e il cattolicesimo borghese dall'altro (Camillo e don Peppone, per intenderci), sullo sfondo di quel sogno americano che viepiù viene scivolando verso l'omologazione e il dominio tecnologico. Gli scenari descritti da Vindigni non riguardano tuttavia il mondo occidentale in senso stretto, ma vi si affiancano e lo completano, con l'affresco di quelle vicende del mondo arabo che sono parallele ad esso e con esso si fondono in un unico quadro storico.
Si è parlato giustamente di Neorealismo a proposito dello stile di Giorgio Vindigni, sostanzialmente veristico e filmico, caratterizzato da vivacità, colore e presa diretta sulla vita pubblica. Lo ha fatto in modo specifico Carmelo Consoli, parlando del precedente lavoro dell'autore, "Il Ritorno", e sottolineandone l'umanità, la schiettezza e il vigore narrativo, con quelle "ampie aperture epocali politiche, sociali, storiche, e quindi antropologiche, ad ampio respiro, tali da farlo risultare un grande affresco della nostra storia del '900 pre e post bellica un po' come lo sono stati in campo cinematografico i film del neo realismo italiano da Fellini a Visconti ad Antonioni".
C'è da specificare che il neorealismo di Vindigni non si esprime nei termini di una rappresentazione della vita popolare e del mondo operaio, ma è piuttosto una zumata sulla ricostruzione civile, sull'industrializzazione e sul cosiddetto miracolo economico che allo stesso titolo ha caratterizzato la storia di quegli anni. Non a caso il giovane Giorgio, dopo mille peripezie (fra cui quella di una vocazione sacerdotale incompiuta) si dedicherà a studi di indirizzo tecnico commerciale che lo introdurranno nel mondo delle banche. Tant'è che nel 1987, lui oramai cinquantenne, darà addirittura alle stampe un testo, "Bancaria", con il proposito di divulgare la tecnica del funzionamento di banca.
Sta qui il realismo, o il verismo, della scrittura vindignana, una scrittura che nasce dalla vita e che ha fede nella vita. Orizzonte, questo, che tiene lontano l'autore da ogni tentazione estetizzante o retorica, da ogni risucchio nell'orbita decadentistica, che pure attrae tanta letteratura dei nostri tempi. L'autore racconta in queste pagine i primi ventuno anni della propria esistenza, particolarmente avventurosi, con le incertezze sulla strada da percorrere, con i repentini cambi di rotta e di intenzioni, con i continui viaggi tra l'Italia e l'Africa, con i primi contatti con l'altro sesso, eccetera. Stupendo è quanto scrive nell'introduzione, a proposito di questo aprirsi del giovane alla vita.
Egli scrive: "L'adolescenza è l'età più bella... Usciti dal periodo della pubertà, ci si lancia verso nuove esperienze. Tutto è novità; la famiglia, la scuola, i compagni e gli amici. Un fiore che sboccia, apre lentamente i suoi petali; assaporando l'aria fresca del mattino, si schiude al sole che sorge e si scalda ai raggi che lo inondano dandogli colore e luminosità... Il fanciullo cresce, apprende, imita, scopre un mondo nuovo di cui si sente partecipe... Indaga su coloro che attirano la sua attenzione, sulle professioni da essi svolte... Si confronta con i suoi coetanei e comincia a progettare cosa mai farà da grande... A corredo della sua formazione concorrono tutti quegli avvenimenti che lo circondano, e fanno da cornice alla sua esistenza, durante il percorso degli anni del suo sviluppo".
Il racconto inizia con Giorgio poco più che bambino, quando insieme alla mamma Emma raggiunge il padre Antonio, trapiantato a Tripoli durante il periodo bellico. Madre e figlio vengono dalla Sicilia, da Modica per l'esattezza, in provincia di Ragusa, dopo la morte della sorella di Giorgio, Assunta, avvenuta in seguito ai bombardamenti inglesi. Questa fase iniziale della sua vita è davvero triste, ed è oltretutto aggravata da un incidente occorsogli per essere investito, mentre torna insieme al padre, in tandem, in bicicletta, da un camion di soldati inglesi che fuggono dai musulmani insorti contro gli invasori. L'incidente rappresenta l'inizio di un vero e proprio calvario per il bimbo, costretto a subire ripetuti interventi chirurgici alla gamba, con lunghissimi ricoveri ospedalieri.
Bersagliato da tante sofferenze, il ragazzo è stimolato a crescere rapidamente, maturando un carattere forte e antagonista, ricco di determinazione e di sana voglia di riscatto (non di rivalsa, ma di riscatto). In tutto quel tempo, egli medita profondamente su quanto potrà fare da grande, vagliando varie opportunità, a partire dalla sua spiccata attitudine canora, che gli procura notevoli soddisfazioni pubbliche. La scelta che sembra prevalere, anche se poi abbandonata, è tuttavia quella clericale, come già detto, spinto dal desiderio di aiutare la gioventù e di educarla, sull'esempio di Don Bosco e dei padri salesiani. Si iscrive pertanto nelle scuole salesiane di Napoli, in Aspirantato, dolorosamente consapevole di doversi allontanare dalla famiglia e soprattutto dall'autoritario, ma amatissimo padre, figura quasi miticizzata.  
"Aspirazioni di un adolescente" diviene così il racconto di una saga familiare le cui vicissitudini s'intrecciano sullo sfondo della storia generale del Novecento, riguardante in particolare i travagliati rapporti del mondo occidentale con il mondo arabo, in piena trasformazione entrambi. L'autore, narrando le proprie vicende, ritesse abilmente la trama delle difficili relazioni tra i due mondi, che, nate in quel tempo, o forse peggiorate in quel tempo, sembrano destinate a restare irrisolte, e fino ad oggi lo sono, deteriorandosi. Particolarmente illuminanti sono gli spaccati di vita politica e sociale che sapientemente egli innesta nell'esposizione romanzata delle proprie vicende e di quelle della sua famiglia. Ricapitoliamole.
Prima della Seconda Guerra Mondiale, la Libia è colonia dell'Impero Italiano, fin quando le nostre truppe non sono scacciate dagli Alleati nel '43. Da allora la Libia viene dominata dalla Francia e dal Regno Unito, fino a quando l'ONU stabilisce che la Libia deve diventare indipendente con regime monarchico, offrendone la corona a Idris Senussi, Califfo di Cirenaica e Tripolitania. Siamo nel '52, e poco dopo il Paese aderisce alla Lega Araba. A quel punto gli scenari si ampliano su tutto il mondo arabo: dall'ascesa di Nasser in Egitto, nel '54, fino all'inizio di quelle ostilità con Israele e con l'Occidente, che non verranno mai più risolte e si complicheranno fino ai nostri giorni. E' ancora lontano l'avvento del colonnello Gheddafi, che pure viene nominato nel libro, il quale nel '69 abbatterà la monarchia di Idris per imporre in Libia il suo regime.
Interessanti sono, oltre agli aspetti storici, gli aspetti antropologici del testo, dai rapporti frizzanti e vivaci con l'altro sesso ai contrasti generazionali, in particolar modo con l'autoritarismo paterno. E qui mi piace estrapolare un passo particolarmente emblematico: "Non fu facile per Giorgio ottenere dal padre il permesso per la notte di Capodanno a casa di Rosy, una compagna di studi che abitava nei pressi di casa sua, insieme con altri amici della stessa classe. Non lo avesse mai chiesto. Antonio reagì dicendo che egli non era un pipistrello e che non sarebbe dovuto stare fuori casa oltre le ventidue. Alle insistenze di Giorgio, il padre alzò il braccio per imprimere forza al suo discorso.
Il giovane, spaventato, gli afferrò il polso e gli suggerì di non usare quel metodo che riteneva sbagliato. Lo fissò negli occhi e salì di sopra, mentre Giorgio usciva per recarsi alla festa di fine anno; non voleva sfigurare con gli amici, a vent'anni si sentiva abbastanza responsabile delle sue azioni. Il padre non aveva forse tutti i torti; di notte avrebbe potuto imbattersi in qualche indigeno male intenzionato, il che non era cosa rara. Egli poté riprendere il dialogo con il padre non prima di una settimana; quest'ultimo non si sarebbe aspettata una tale reazione da parte del figlio che tanto stimava per la sua educazione e bontà d'animo.
I contrasti con il padre erano del tutto accademici; s'incentravano sugli avvenimenti riportati dalla radio italiana o da qualche giornale che giungeva dall'Italia, sempre il giorno dopo la sua uscita, per via aerea. Era il 1958 quando la radio trasmetteva notizie riguardanti un non lontano futuro in cui l'uomo avrebbe messo piede sulla luna; avvenimento da lui definito pazzesco ed irraggiungibile, ma Giorgio lo contraddiceva essendo più speranzoso nella scienza". Ci troviamo alla fine di un'epoca e all'inizio di un'altra. Tutto ciò avrebbe condotto alla costituzione di quella vita giovanile autonoma e - fatto nuovo nella storia - distaccata da quella degli adulti, destinata a produrre tra non molto i movimenti giovanili degli anni Sessanta.
Per concludere, la scrittura di Vindigni è minuziosa e limpida, con quella tramatura ricchissima di episodi privati e pubblici che ne fanno un grande affresco corale, ricco di umanità e di umori etici. Mirabile il paziente lavoro di ricostruzione memoriale, nonché l'acribia della ricerca storica. Un'ampia e documenta rappresentazione retrospettiva dell'età giovanile dell'autore, innestata nelle fasi conclusive di una cultura popolare che andava immolandosi sull'altare della grigia società di massa dei tempi attuali e che di lì a poco avrebbe prodotto la "società liquida" di cui parlerà Bauman, con i feticci del Postmoderno e le conquiste dell'era tecnologica. Ma di questo è prematuro parlare e immagino che sarà argomento di un prossimo libro dello scrittore. Lo aspettiamo con grande curiosità.  


 Franco Campegiani                                                                                     




1 commento:

  1. Nel leggere questa recensione dell'Amico Franco, rivivo il testo di Giorgio Vidigni e mi arricchisco di particolari che, pur avendo scritto la prefazione, non ho saputo cogliere. Il sommo Franco mette in risalto aspetti epocali e lessicali di grande importanza. E sottolinea quando l'Autore abbia saputo evitare l'aspetto diaristico del testo, adottando la terza persona e prendendo le distanze dal Giorgio del testo. E pensare che proprio l'Autore nel parlarmi del suo stile si definì 'giornalistico'. Franco ha letto il libro, la storia del nostro Vindigni e i sessant'anni di storia del nostro Paese. Ha saputo creare l'affresco di una grande saga neo -realista, che induce a riflettere ed è profondamente didattica.
    Ringrazio l'Autore e m'inchino a tanta recensione....
    Maria Rizzi

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