mercoledì 20 luglio 2016

GIUSEPPE PARINI: "LA VERGINE CUCCIA"

Tal ei parla, o signor: ma sorge in tanto
a quel pietoso favellar, da gli occhi
de la tua dama dolce lagrimetta,
pari a le stille tremule, brillanti,               
che a la nova stagion gemendo vanno
dai palmiti di Bacco, entro commossi
al tiepido spirar de le prim'aure
fecondatrici. Or le sovviene il giorno,
ahi fero giorno! allor che la sua bella      
vergine cuccia de le Grazie alunna,
giovenilmente vezzeggiando, il piede
villan del servo con gli eburnei denti
segnò di lieve nota: e questi audace
col sacrilego piè lanciolla: ed ella            
tre volte rotolò; tre volte scosse
lo scompigliato pelo, e da le vaghe
nari soffiò la polvere rodente:
indi i gemiti alzando: Aita, aita,
parea dicesse; e da le aurate volte        
a lei l'impietosita Eco rispose:
e dall'infime chiostre i mesti servi
asceser tutti; e da le somme stanze
le damigelle pallide, tremanti precipitâro.
Accorse ognuno; il volto                      
fu d'essenze spruzzato a la tua dama:
ella rinvenne al fine. Ira e dolore
l'agitavano ancor; fulminei sguardi
gettò sul servo; e con languida voce 
chiamò tre volte la sua cuccia: e questa
al sen le corse; in suo tenor vendetta
chieder sembrolle: e tu vendetta avesti
vergine cuccia de le Grazie alunna.
L'empio servo tremò; con gli occhi al suolo
udì la sua condanna. A lui non valse    
merito quadrilustre; a lui non valse
zelo d'arcani ufici. Ei nudo andonne
de le assise spogliato onde pur dianzi
era insigne a la plebe: e in van novello
signor sperò; ché le pietose dame        
inorridìro, e del misfatto atroce
odiâr l'autore. Il misero si giacque
con la squallida prole, e con la nuda
consorte a lato su la via, spargendo 
il passeggero inutili lamenti:               
e tu vergine cuccia idol placato
da le vittime umane isti superba.




1 commento:

  1. Che sorpresa i versi eterni del Parini, e che invito alla meditazione civile e poetica ci rivolge questa scelta controcorrente del blog pardiniano!
    Il grande Parini che ricerca la bellezza della poesia nella sublime serenità della forma, come espressione esternatrice dei massimi valori della civiltà.
    “Orecchio ama placato La Musa e mente arguta e cor gentile”: una meditazione che già Dante Isella, grande lettore pariniano, proponeva: “ Non nella tradizione classica è spenta la vita ma negli uomini d’oggi che non hanno la forza morale di ricreare quell’ardua bellezza, l’energia d’animo necessaria per colmarla di sé, per riviverla.” (D.Isella, Diagramma pariniano).
    Poesia come moralità. La moralità del comico.
    ..”Una satira che rende la superiorità di una coscienza morale”: “satira nel suo registro più alto.”
    E la soluzione artistica sarà la scoperta dell’ironia, nella sua libera coscienza critica.
    E l’endecasillabo: severo, franto, arduo….lavorato sull’esametro latino.

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