venerdì 1 luglio 2016

N. PARDINI: LETTURA DI "I MERLI DEL GIARDINO DI SAN PAOLO..." DI G. BARONI





GINCARLO BARONI: I MERLI DEL GIARDINO DI SAN PAOLO E ALTRI UCCELLI. GRAFICHE STEP. PARMA. 2016. PG. 80. € 10,00


Un libro accattivante questo di Giancarlo Baroni, per composizione, copertina, risvolti, per le illustrazioni di Vania Bellosi e Alberto Zannoni che danno lustro e significanza alla plaquette con l’immagine sul segnalibro di Vittorio Parisi da cui è stara tratta la copertina. Un libro che prendendo spunto dalla fauna avicola ci dice dell’uomo, del suo esistere, della sua voracità naturistica facendone motivo di visivo accostamento tra piacevoli pitture bucolico-espressionistiche e risvolti umani di grande valenza poetica;  una vera convivenza panica da cui partire per intraprendere icari azzardi verso azzurri di cielo. Il confronto fra uomo e milieu nasce spontaneo: alberi, vegetazione, volatili, e questa razza umana che per tanti versi ostacola il nascere o il crescere  degli alati e non solo; o che cerca di imitarne i movimenti mirandoli dal basso per desideri nascosti o palesi di scalate all’azzurro. L'Autore fa della realtà che lo circonda una cornucopia di simboli per dire in indirettamente dell'uomo. E quale immagine più appropriata delle ali per indicare la sua principale aspirazione? Il desiderio del volo; l’ambizione di fuga, di elevazione, di superamento della nostra vicenda dai risvolti ristretti e condizionati. Non per niente in esergo l’Autore cita una quartina di Angelo Maria Ripellino:

Volare via da me stesso
come un uccello migratore,
da questo roveto, da questo malessere,
da questo perenne dolore.

Tanti i riferimenti per una simbologia di concreta plurivocità; di polisemica intrusione. Tanti gli interrogativi che l’Autore si pone sul futuro del Creato:

(…)
Quali uccelli verranno
dopo di noi? e quali piante?

Osservare questi minuscoli esseri nel giardino dalle foglie cadenti; la loro leggerezza; il loro becchicchiare, è cosa eterea: “… quando sfiorata la terra neanche vi appoggiate”. Come invocare la loro presenza mentre  si giocano di noi:

(…)
Là in alto intanto voi ve la ridete
di noi che gridiamo
che fingiamo di invocarvi come ossessi.

E voci e sguardi e merli e colombi e creste e rami:

(…)
Conosciamo la vostra fitta
spola dai rami.

L’Autore si mischia anima e corpo ai loro voli, ai loro movimenti, al loro cinguettare; ne fa un tutt’uno,  diventando parte di questa simbiotica attrazione; facendosi becco rivolto in alto del beccaccino; piumaggio iridescente del pavone; svolare alto del falco di palude; o levarsi maestoso dell’airone, che, svelto più di una lancia, ingoia la ranocchia:

(…)
L’incedere
tuo elegante il bianco immacolata delle penne
non ci convincono.

D’altronde non è di sicuro la bellezza apparente a dare conferma di una verità etica, umana o sociale.
E tutti in volo, all’aperto, sugli alberi, sui terrazzi, le grondaie per noi che li osserviamo; ma l’occhio è rivolto anche a quelli in gabbia; alla loro disperazione di essere rinchiusi; alla loro improbabile ricerca di un passaggio:

(…)
Con il verso implori
di scovare una rotta.

Un vero grido di libertà.
E Baroni continua nella sua perlustrazione, nella sua osservazione scrupolosa e perspicace; attenta ed analitica: anatre e storni, aquile pinguini e pettirossi, rapaci, tarabusini, passeri, rondoni e quaglie:

siete esseri carenati
le vostre ossa fendono l’aria come vascelli
per questo non ci succede mai di imitarci
nemmeno quando più forte lo vogliamo.

Fino a Federico II e l’assedio di Parma col modello in argento della città offerto alla Madonna: Difendici da Federico; e alla seconda parte dedicata ai pennuti, o ad una torre d’avorio da cui l’autore può osservare dall’alto (DA QUASSU’):

A questa altezza i serpenti non esistono
molto oltre galleggiano per aria
in terra si trascinano
qui incontriamo soprattutto i nostri simili
e qualche oggetto che cerca di imitarli.

Meditazioni, riflessioni, sentimenti e giochi interiori oggettivati in parvenze policrome e di valente resa; e il tutto si conclude con uno sguardo rivolto al cielo foriero di ontologiche constatazioni su una realtà che sfugge:

Oggi il cielo è come un negozio di parrucchiera:
pieno di chiacchiere che gonfiano i capelli
e di pensieri inutili. Ma riflettere
senza accanirsi troppo o vedere
con uno sguardo appena è davvero
così deprecabile? Finestre e porte
spalancate ci invitano e sollevando
la testa i davanzali
conversano con noi di fiori. Finché
 chiudendo gli occhi immaginiamo
essere questa la realtà.

Nazario Pardini

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