sabato 1 agosto 2020

GIUSY FRISINA LEGGE: "IL SORRISO DEL MARE" DI NAZARIO PARDINI


                                     COMMENTO A 
                           “IL SORRISO DEL MARE”
                       DI NAZARIO PARDINI
   

W.H.Auden, nella sua più famosa raccolta poetica, pregava ironicamente (e disperatamente) i suoi lettori di rivelargli la verità sull’amore, scrivendone tuttavia come se si trattasse di un mistero inestricabile, sospeso tra lo scetticismo incombente e  la passione inspiegabile.
Forse non occorre precisare che la risposta comunque non c’è, o forse ci sono infinite risposte, tanti quanti sono i versi che i poeti di tutti i tempi  hanno dedicato a questo tema così fondamentale e sfuggente, pur se la verità è sempre una sola e irraggiungibile.
Anche Nazario Pardini, da straordinario poeta-filosofo qual è, in questa sua essenziale e quanto mai affascinante silloge, ci dà la sua esemplare risposta.
E ce la dice senza dirla mai esplicitamente, lasciando parlare le immagini fatte di sguardi intensi o appena accennati e di accattivanti sorrisi, tra squarci di solarità primaverili o estive, e scene idilliache su cui incombe sempre il temuto inverno. Immagini espresse nell’attimo fuggente, ovvero nella consapevolezza della tirannia del tempo, del cambiamento e della sparizione, e insieme nella loro persistenza stessa. Immagini  che talora riemergono improvvise dai misteriosi meandri   della memoria, come direbbe Sant’Agostino. Cito non a caso Agostino, perché stranamente in questa raccolta intravedo anche una sorta di mitologia religiosa, che mi ricorda anche un altro grande mistico d’Occidente, ovvero San Giovanni della Croce, il quale nel suo Cantico spirituale ci dà  anche lui la sua risposta sull’amore, parlandone come di un’esperienza  del tutto sconvolgente, per poi suggerirci:
“Bada che l’afflizione d’amore, non si cura se non con la presenza e la figura”…
Nazario Pardini invece cura la sua afflizione d’amore – che è sempre platonicamente “mancanza” - rincorrendo a un sogno dell’adolescenza, pur ben sapendo che l’amore reale è presenza importante, ma ricordando anche come il poeta abbia bisogno di ritrovare quel ragazzo timido,   emozionato e perso dietro a una giovane donna che, anche se davvero incontrata, in fondo rappresenta la sua anima inquieta, alla perenne ricerca della bellezza e della gioia, irrimediabilmente sulle “orme di una corsa senza fine”.
Ed infatti si chiede, pur senza alcun bisogno dell’ interrogativo: “ma tu dove sei, anima dei giorni miei”… e subito dopo aggiunge con rimpianto “portasti via con te la giovinezza”… Pure la giovinezza non è solo un fatto cronologico, è  l’entusiasmo, il batticuore, la meraviglia, è la voglia di vivere… ed è nello stesso tempo la felicità afferrata per un istante ma come se dovesse essere eterna.
Di queste cose ha soprattutto nostalgia il poeta, senza accorgersi che queste cose, basta un attimo, e le ha di nuovo all’improvviso tra le mani, proprio non appena si abbandona a queste miracolose immagini interiori.
Così la poesia assolve al suo straordinario compito di vedere l’invisibile, ma anche di trasformare il cuore di chi lo legge, come se fosse una preghiera o un inno. Di qui la sua connotazione tendenzialmente religiosa come dicevo, e non è a caso che tra tutte le poesie dedicate all’amore della donna perduta, appaia la struggente mancanza della figura paterna. Perché non della madre, mi sono chiesta, essendo la silloge dedicata alla natura femminile dell’anima? E al di là della testimonianza del commovente rapporto con la figura paterna, non ho potuto fare a meno di pensare alla metafora del divino, che sicuramente è anche “madre”, ma che nell’archetipo fondante è caratterizzato dall’immagine del padre, ovvero di colui che guida e che accende la luce come una cometa, per indicare la strada.
Le ultime due poesie parlano della musica e della sua magia. Il sogno e le immagini stesse si stemperano nell’armonia del suono e della luce dove la donna amata riappare in una visione di bellezza. Forse per riportare il cielo sulla terra e ricordare a chi se ne dimenticasse che la divinità è anche laica quando ritorna viva in mezzo a noi e si fa natura festosa e coinvolgente.
Proprio come il sorriso del mare, che sempre fa da sfondo, perché è tutto.

2 commenti:

  1. Giusy, sei un critico che fa tremare i polsi! Bellissima questa pagina nella quale sai connotare le dieci liriche d'amore, di saudade e di sogni del nostro magico Condottiero, con la filosofia tanto cara al tuo cuore. La tua interpretazione dei versi possiede un quid che li impreziosisce, li rende più completi e, comunque, sempre fruibili. Non ti nascondi dietro i chimismi, sai essere vera e ispirata anche quando leggi. Dono raro e purissimo. Il Poeta che recensisce il Poeta rappresenta sempre il cerchio che tende a chiudersi. Tu, come altri maghi dei versi, sai entrare nelle liriche e riesci a porgerle nella loro arcana, primigenia essenza. Stringo te e il Sommo con infinito affetto e gratitudine.

    RispondiElimina
  2. Giusy Frisina commenta le poesie de "Il sorriso del mare" di Nazario Pardini, una silloge che canta l' amore. Giusy parla d'amore in modo profondo, toccante, condivisibile.
    E il mare, così presente e caro alla penna di Giusy, fa da sfondo e sorride.
    Un caro saluto alla poetessa e al nostro Nume tutelare....
    Loredana D'Alfonso

    RispondiElimina