Ninnj Di Stefano Busà collaboratrice di Lèucade |
Soltanto una vita
di Ninnj Di Stefano Busà
Kairos Edizioni, Napoli, 2014
ISBN: 9788898029808
Pagine: 228
Costo: 14 €
Un
messaggio di rigogliosa apertura mentale e di speranza è quello che fuoriesce
dalla nuova fatica letteraria di Ninnj Di Stefano Busà, celebre poetessa che
vanta di un curriculum letterario di tutto rispetto. La poetessa ha deciso di
dedicarsi stavolta alla narrativa e lo ha fatto con grande padronanza
stilistica e concettuale tanto che Soltanto una vita, questo il titolo
del romanzo edito quest’anno da Kairos, può a ragione essere collocato in quel
filone del romanzo tradizionalista che ha dominato per decenni la letteratura
nostrana del Dopoguerra. Inutile dirlo, si avverte di continuo il tono lirico e
appassionato, il coinvolgimento della scrittrice che narra, più che la
consequenzialità dei nuclei dell’azione, l’approfondimento dei caratteri e la
resa dei relativi universi sensoriali e sentimentali. Un romanzo che copre un
periodo di tempo abbastanza esteso e, proprio in ragione di questo, viene ad
analizzare non tanto un personaggio calato nella sua dimensione sociale,
lavorativa e affettiva, ma un’intera famiglia: come essa nasce dall’incontro
accidentale immerso in uno scenario apocalittico di Julie e George, alla
nascita della loro figlia che, poi, crescendo, darà origine a una sua famiglia.
Come
si diceva, è il sentimento a dominare, l’esigenza di riscoprire la genuinità
delle piccole cose, il ricorso necessario al colloquio, al confronto (ci sono
molte parti dialogiche nel romanzo), l’intoccabile rispetto dell’altro, la fede
in se stessi, la forza di volontà e il desiderio di accogliere l’esistenza come
il bene più prezioso che va gioito, incarnato con ardore senza lasciarsi
ammorbare dal buio che, pure, esiste.
La
struttura del romanzo mi fa pensare a quei famosi “ribaltamenti di fortuna”
dell’epica germanica (e poi anche delle fiabe grimmiane) dove a un periodo di
tranquillità e felicità (l’incontro di Julie e George e il loro matrimonio)
segue un evento infausto che obbliga le persone a rivedere la loro vita, a
confessarsi con il Creato e il Creatore e a solidarizzare con la malattia (il
tumore di Julie) o a soprassedere a una mancanza (la morte del primo bambino di
Julie). E’ la forza di coraggio, l’amore, quel nutrimento fondamentale e
necessario che va nutrito e coltivato e non lasciato stemperare nel tempo o
lasciato ammorbare dalla tragedia a permettere di volta in volta quella
risalita (a volte lenta e difficoltosa) che permetta un nuovo rinascimento.
L’amore ne fuoriesce ancora più forte e la famiglia ancor più rinsaldata.
Non
mancano in questo itinerario generazionale che la scrittrice ci fa fare,
momenti di vera e propria devianza psichica e sociale che la scrittrice tratta
con puntigliosa attenzione: dallo schizofrenico e pericoloso ragazzo di Julie
all’apertura del romanzo, alla gelosa e caparbia prima moglie di George,
personaggi che, pur localizzandosi in un prima temporale della coppia
Julie-George lasciano di certo nei singoli personaggi una certa insoddisfazione
e incredulità, addirittura una dilemma scoraggiante come è per George che
dovrà, dopo anni e anni in cui la meschinità della ex compagna non ha
conosciuto mai un addolcimento, riconquistare la fiducia del figlio
allontanatogli mediante stratagemmi infami e che di certo hanno causato dolore
anche al ragazzo.
La
vita è fatta di luce ed ombre sembra dirci la scrittrice, ossia di piacere e
dolore, di entusiasmo e scoraggiamento, di felicità e tragedia, ma sta all’uomo
sapersi rialzare proprio grazie al suo spirito vitale improntato alla scoperta
e alla conservazione del bene e al rigetto del vittimismo, dell’incupimento e
della noia. Non sempre è facile, chiaramente ed è pure giusto osservare che non
sempre una malattia può essere vinta riportando la famiglia alla sua serenità
caratteristica prima della diagnosi, ma il messaggio di Ninnj Di Stefano Busà
va oltre a ciò, analizzando con uno spessore psicologico impressionante cosa
accade nei rapporti interpersonali quando subentra la minaccia, la sofferenza
per la malattia, il timore di un lutto. A tutto ciò si contrappone un messaggio
di speranza e di fede in sé stessi (che non necessariamente implica una fede
anche in Dio anche se, come chiosa la scrittrice in chiusura, è bene non
lasciarsi invischiare da pensieri ineluttabili quali il fatalismo anima).
Gli
scenari esotici descritti con meticolosità tanto nella loro componente
arboricola e silvestre quanto nelle loro caratterizzazioni climatiche, rendono
questa narrazione ulteriormente speziata permettendo al lettore di non
fossilizzarsi e attaccarsi mai troppo agli eventi contingenti quali può essere
una vita consuetudinaria vissuta nella quotidianità della propria dimora, e di
farlo spaziare, mettere in gioco, inaugurare una nuova abitazione, viaggiare,
farlo domandare e osservarlo da vicino come se fosse poi davvero un nostro
parente con il quale soffriamo e gioiamo a seconda degli intervalli umorali che
sono propri di quella esperienza sul mondo che la scrittrice condensa in quel “soltanto
una vita” che poi, per ritornare alla vena poetica della Nostra, non è che
un azzeccato ossimoro con il quale giocosamente e lucidamente ci consegna delle
pagine di indubbia caratura letteraria e valore morale: “Viviamo l’amore!
Non abbiamo molte vite, ce ne resta solo una, ed è molto breve!” (64).
Jesi,
03.08.2014
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