di Umberto Vicaretti
Si potrebbe configurare il reato di sequestro di persona nei
confronti di Giovanni Caso, stante il totale coinvolgimento emotivo e
sentimentale di fronte a questi versi. Come le acque del fiume scorrono verso
il mare, a un tempo fine del viaggio e ciclica, perenne ricongiunzione degli
elementi naturali, così le visionarie parole di Giovanni Caso ci conducono
verso una meta che è, insieme, paura dell’ignoto e desiderio di assoluto. Ma
anche qui assistiamo alla ricomposizione degli elementi naturali (“Polvere e
luce siamo”) e alla ricorrente riscoperta delle umane fragilità, però sostenute
dalla fede (speranza?) in una sempiterna rinascenza fisica e spirituale, una
sorta di salvifica ‘renovatio humanitatis’: “Nel ciclo inarrestabile dei giorni
/ tutto declina e tutto si rinnova, / fiume inesausto al ramo della foce ./
Forse la morte è solo un’illusione / e cerca anch’essa vita, nel tepore / d’un
vento estivo”. Oltre che quella di tanti grandi della letteratura, si avverte,
nei versi di Giovanni Caso, l’eco felice del panteismo spinoziano: la fede
nella inesausta vitalità degli elementi naturali, però illuminata e nobilitata
dalla forza rigeneratrice e prodigiosa della poesia e della parola, qui
sommessamente e quasi religiosamente evocata: “ Ti ringrazio se ancora mi
accompagni, / parola che mi sfiori e cerchi il foglio”.
Umberto Vicaretti
Umberto Vicaretti
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