Su lungo questo fiume di Elena Malta
La realtà che scopriamo
leggendo Elena Malta è semplice, quotidiana. Lo spunto è uno sguardo terreno ma
questo non basta per capire questa silloge, c’è una tensione dove nasce la poesia,
perché essa richiede sempre una tensione tra l’immagine e il simbolo portato.
La tensione è tra il
quotidiano e l’infinito. Le domande e gli oggetti, un filo di cotone, o
qualcosa di più grave, ricordi tristi, sono nella tensione di una ricerca spirituale.
Allora gli oggetti piangono, le stelle ci
parlano, l’arcobaleno è luogo dove cercare qualcosa. Si parla al vento, al
contrario di quanto si potrebbe pensare con ottimi risultati, tutto è vivo e
presente.
Tornando alla natura, essa non
è magica, abitata da una volontà o da spiriti, fate, o folletti ma è una natura
simbolica con la quale la memoria dialoga.
Elena Malta attraverso queste
immagini naturali o quotidiane recupera pezzi di storia, i suoi ricordi trovano
una forma che li rende collettivi, qui c’è la tensione verso l’infinito,
divenendo familiari a ciascuno queste immagini sono acquisite, sono delle
immagini che non finiscono, divengono degli archetipi.
Non perdere la memoria vuol
dire non perdere la propria vita, una situazione di cui stiamo per perdere il
ricordo si cristallizza attorno alle descrizioni di Elena, così la sua poesia
sostiene la memoria e ci dona una
coscienza maggiore di chi siamo.
L’approccio con la realtà è
terreno, concreto, come solo le donne sanno fare, e questo a loro vantaggio
intellettuale. Perché questa capacità di una visione concreta nel mondo è ciò
che manca alla filosofia e alla scienza come sono mancate le donne, escluse da
queste discipline per tanti secoli.
Quello che mi ha sorpreso è
che nei testi non c’è una volontà di stupire ma dopo che leggi, qualcosa ti
rimane e ti cambia.
Una caratteristica che mi ha
sempre affascinato della poesia in generale è che essa non è potente, non è
forte ma nella sua debolezza è quella goccia che fa un buco nella pietra, è
quell’acqua che penetra tutto, che è inarrestabile e anche se va sotterranea,
coperta tante volte dalla volgarità e la grettezza del mondo, poi emerge
improvvisa facendoci scoprire che la verità non è quella grettezza del mondo ma
la bellezza della poesia.
C’è stato un dibattito sulla
poesia in Italia, se ci sia in Italia qualche poeta degno di maggior fama, se
la scarsa rilevanza di quest’arte sia dovuta al fatto che mancano i poeti.
Secondo me è un dibattito triste come questo nostro tempo, perché nello
scetticismo, in questo disincanto generale in cui tutto alla fine si riduce ai
propri pensieri , in cui la verità è solo farsi i fatti propri, c’è una
semplificazione della realtà che è falsa. La realtà è complicata, anzi
terribilmente complicata e noi non riusciamo a capire tutto, possiamo soltanto
intuire qualcosa.
Saggiamente diceva Eugenio
Montale:
Non chiederci la parola
che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe,
e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda
come un croco
perduto in mezzo a un
polveroso prato.
Ah, l’uomo che se ne va
sicuro,
agli altri ed a se
stesso amico,
e l’ombra sua non cura
che la canicola
stampa sopra uno
scalcinato il muro!
Non domandarci la
formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba
e secca come un ramo.
Codesto solo oggi
possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò
che non vogliamo.
Proprio in questo tempo di
uomini noncuranti che stampano la propria ombra su uno scalcinato muro mi sembra
che la funzione della poesia sia di riportare la complessità di sentimenti e di
sensazioni. La poesia semplice di Elena Malta aiuta a capire il mondo
complicato, a trovare quel filo d’Arianna che Elena cerca in una delle sue
poesie, quel filo che non pretende di farci capire la realtà ma ci aiuta a
trovare la nostra felicità.
Luca Giordano
Su Viaggi di donne senza rime
di Valeria Bellobono
Tra le
varie capacità che sono in possesso dell’autrice di questo libro, una, quella
che salta subito agli occhi leggendo i primi tre racconti, è quella di saper
amalgamare tra loro queste storie, spezzettarle un po’ nel tempo e presentarle in
un ben delineato quadro d’insieme. Le prime tre novelle infatti, potrebbero
tranquillamente essere definite frammenti di un unico racconto che, per
l’importanza del tema trattato, va ad
esporre egregiamente quelle che sono le condizioni della donna nel vicino
Oriente. Qui, oltre a Monica, una
reporter di guerra, si parla di una donna, Fatima e della sua bambina Farah, che
appartengono all’etnia Hazara.
Tra le
diverse etnie esistenti in Afghanistan spiccano quella dei Pashtun, che va a
occupare i posti di maggior rilievo sia in ambito politico che in quello religioso
e quella degli Hazara, considerata un’etnia di grado inferiore, composta
prevalentemente da pastori e da agricoltori, o al massimo da mercanti. Valeria quindi, attraverso i vissuti di queste
donne, ci fa vedere una situazione
socio-politica assurda e allucinante, dominata dagli integralisti che, nel corso degli anni, hanno acutizzato i
già ferrei principi della Shari’a. In questo scenario si muovono quindi le
donne senza vita di Valeria, donne senza futuro che cercano come possono di
recuperare qualcosa donando addirittura i propri figli a degli sconosciuti,
affinché essi possano fornire loro un futuro migliore. La penna affonda in
questa realtà e fa affiorare in superficie quello che lei stessa, con afflato
poetico, avverte nel cuore.
Di
tutt’altro respiro e meno orientate verso il resoconto giornalistico appaiono invece
le altre storie, dove l’approccio ai vari inferni che assillano l’universo
femminile, assume un’identità diversa, più incentrata sulla psicologia dei personaggi. Nel racconto intitolato ‘Quando
lo zombie entra dalla porta’, è emblematico il fatto che questa entità
entri senza bussare nella mente di questa donna quasi marcando i limiti della
sua esistenza, insidiando, attraverso il manifestarsi in sogno, il suo stesso
equilibrio e la speranza in un futuro più sereno. E una sottile capacità
psico-analitica , derivante da una naturale predisposizione allo scrivere, è
inoltre presente in altri racconti. In ‘
la donna della legna’ ad esempio, aldilà della vicenda narrata, la nostra
autrice riesce a tracciare tra le righe quello che potrebbe definirsi un racconto parallelo che, pur senza mai
concretizzarsi e manifestarsi, ritrae e restituisce il profilo di questo personaggio e di come vive nel
proprio intimo la storia di cui è protagonista.
In ‘Il treno dell’amore’, altra novella in
cui si specchiano queste caratteristiche, il senso di costrizione nel quale
rischiano di incunearsi Chiara e la sua figlia adottiva, è affievolito dalle
anime da combattenti delle stesse. Qui Valeria affronta il tema della
prostituzione con grande garbo e delicatezza e la trama vola sulle ali di due
anime liberatesi in qualche modo dalla sudditanza psicologica che spesso impera
tra sfruttati e sfruttatori . Leggendo questo bel racconto si ha come l’impressione di assistere a due
vite sospese, che vengono esposte da un’anima, quella dell’autrice, che in
quelle vite sa immergersi con rispetto, un rispetto che vale molto in ambito
letterario e che, personalmente, tanto
per citare qualche esempio, ho avuto
modo di riscontrare anche in alcuni racconti di autori famosi come Bukowski e
Gabriel Garcia Marquez. L’uomo che picchia selvaggiamente Chiara poi, sembra
bucare la tela della narrazione ed entrarvi come fosse un intruso, benché sia
egli stesso il fautore di tale alienazione. Negli ultimi due pezzi della
raccolta , benché si tratti ancora di temi drammatici, lo stile diventa meno
graffiante, meno rabbioso e si addolcisce come un’onda che , dopo aver
attraversato il mare, va a lambire la riva in modo lieve. In ‘ Un giorno al mare’ si assiste a
un’azzeccata dicotomia tra le vite di due bambine, una occidentale, che
potrebbe dirsi di casa nostra e una che viene ancora dai regni della guerra e
della fame. Valeria qui si limita ad esporre , evita di dare giudizi
e lascia al lettore la possibilità di riflettere e di gustare queste
pagine impregnate ancora di un apprezzabilissimo garbo letterario.
In
tutti i racconti comunque,
l’affioramento spontaneo dei profili psicologici dei personaggi, va a
costituire, secondo il mio punto di vista, uno dei fili misteriosi che legano
tra loro queste storie e il senso di costrizione, di mancanza di libertà qui descritti, rivelano a loro volta il mondo interiore e quelle che
sono le aspirazioni di queste donne. Questo senso di prigionia deriva
ovviamente dalle condizioni imposte dal mondo esterno, dalla spietatezza di
alcuni contesti pescati qua e là nel presente e nei tempi della storia
dell’umanità e Valeria riesce a porre un
significativo accento su quella vicenda
intima fatta di lacrime e rabbia che caratterizza il dramma o la tragedia di
cui sono vittime le donne nelle varie realtà planetarie.
Roberto
De Luca
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