mercoledì 15 marzo 2017

CLAUDIO VICARIO "INEDITI"





A volte il sorriso ritorna

A volte il sorriso ritorna
per colmare i vuoti esistenziali
su aridi sentieri lontani
da questo mondo
che si occultano agli occhi.

Il sole emette raggi
pieni di speranza
da più vasti orizzonti
delle strade troppo strette,
troppo buie, troppo silenziose.

Anime con ali spezzate
dalla mano del destino
risorgono alla vita
nutrendosi di emozioni
per lenire il dolore.

Nuove luci si presentano
dinanzi allo sguardo
cullate da cristalline risacche
di remote realtà
recuperate alla vita.


Aspetterò

Aspetterò il mio giorno:
non guizzeranno i delfini
fuori dall’onda, né muoveranno
passi di danza, negati al sentire,
per non sciupare un germoglio
ancora non schiuso alla vita.

Odo stormire le foglie
per fatui messaggi,
qual tremulo soffio di vita
sul filo dell’ansia che chiama.
Nell’aria si avverte una brezza
rigonfia di trepide attese.

Un petalo sotto la neve
si nega alla vista
di luce assetata e di un sogno
che cerco negli occhi dei molti
che ancora non sanno guardare
e vivono senza parole.


Avrei voluto guardarti negli occhi

Avrei voluto guardarti negli occhi
respirando piano, ma non ti vedo,
sono lontano, disteso su un prato
ed ammiro la luce di un altro mattino,
l’alba di un nuovo giorno da scoprire
che si apre all’umano sentire.

Avrei voluto parlarti solo d’amore
per quello strano disegno del destino
che scala montagne, attraversa i deserti,
squarcia l’universo alla ricerca del vento,
un vento amico che mi porta via,
afferra le mie parole per donarle a te.

Vento amico, culla le mie parole
e portale da lei, saprò aspettare,
donale le emozioni della passione,
falla sognare, dille che ne ho bisogno
per non sentirmi solo nei tanti tramonti
assopiti, sognanti, sul calar della sera!

In questo mare limpido si tuffa un sospiro,
un gemito naufraga, dimenticato dal tempo.
Ascolto il pianto leggero di una capinera
alla quale è stato rubato un sogno nascosto
che fa tenerezza agli occhi tristi e affannati
che si perdono nel profondo dell’anima.

I sensi si sciolgono e il tormento assale,
quando si cede al dolore di un abbandono
che giunge inaspettato come neve d’inverno
per colmare spazi che coprono le distanze
fino a toccare l’impossibile, racchiuso nel tempo
fatto di un solo giorno in cui sentire ed amare.

Spengo il pensare, è solo un’illusione,
non è vera vita quella che vivo, non è reale,
non è un punto d’incontro interiore
simile ad un bocciolo che piano si schiude
e prende il volo verso un futuro migliore
in un arcobaleno di colori, di infiniti colori.

Anche nel buio si può trovare la luce,
il fascino misterioso di voci indelebili.
Perfino una finestra riesce a far sognare
quegli impercettibili sbandamenti persi
in una notte bagnata d’inchiostro
che affonda nel mare degli antichi ricordi.

Ogni suono si sbriciola nell’essenza
che scandaglia il silenzio, riflesso
del tempo, di un divenire che si annulla
e come una meteora, si polverizza,
brucia, si spegne senza far rumore
qual stella cadente muta, senza meta.

Sopravvivono pensieri che affiorano
e fanno dimenticare parole scritte
in un soffio, in un alito leggero, rubato,
ceduto alla notte, abbandonato a se stesso,
lasciato cadere là dove non esiste risposta
ad un’attesa che dura da sempre.

Chiedo alla nebbia di nascondermi,
all’eco di urlare il mio nome tra i monti,
alla pioggia di bagnarmi dove il tempo
lascia il suo segno, dove cielo e mare
si sfiorano senza toccarsi e scorrono
prima di scomparire al calar della sera.

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