giovedì 9 marzo 2017

N. PARDINI "E SORTONO LIEVI"




E sortono lievi                

E sortono lievi i profumi        
nel giorno che esplode le gemme.
Le ho viste improvvise;    
sui cespugli le penombre serali       
mi appaiono di già chiari segnali
di un’ora che volge alla fine.
I gridi che schiusero l’alba       
si sono zittiti d’incanto.           
Mi resta la sera chiazzata di voli            
e le gemme che tingono il rosso
di bianca innocenza.
Lo stormo di passo nel  blu
annuncia la notte. La gioia del meriggio
si strugge nel suono di un passo:
il solo rumore che resta.

I profumi che sciorano nelle sere di marzo         
mi portano immagini svelte:                               
frizzante fiorire di foglie,
azzurrarsi voglioso di cielo,                   
passire autunnale di spoglie.                  



11 commenti:

  1. Al caro Nazario è forse sfuggito che ci aveva proposto questo testo il 29 ottobre 2014. Sicché io, per fare il paio, ripropongo il mio commento d'allora, pur se la poesia, che conserva intatta e identica la sua potenza creativa, è stata qua e là ritoccata in un sagace lavoro di lima.
    "Dopo un incipit trionfante e quasi vitalistico, che ha come efficacissima punta il "giorno / che esplode le gemme", il tono si fa pensoso e mesto (" le penombre vesperali / mi appaiono di già chiari segnali /di un’ora che volge alla fine"). E infatti una rapida ricognizione lessicale ci apre un territorio verbale che, pur rigoglioso e sapido di vita ("profumi, giorno, esplode le gemme, alba, fughe di voli, rosso, bianca innocenza, gioia, meriggio, vita, " ecc.), lascia, in opposizione, spazio e carica allusiva a una terminologia che ossimoricamente definirei di serena inquietudine (penombre vesperali, fine, sera, notte, si strugge, marcire autunnale di spoglie"). La precarietà luminosa del giorno riesce quasi a confondere la severa necessità delle tenebre notturne, il barbaglio dei colori vividi della vita sembra annullare la triste atmosfera della morte. Insomma, in questa lirica, vita e morte sono in dialettico, serrato, policromo confronto, del quale alcuni passaggi ( “ Mi resta soltanto la sera ...”, “Ma lo stormo di passo nel blu / annuncia la notte”) anticipano e il verso finale ( “marcire autunnale di spoglie”) sancisce a chi - inevitabilmente - andrà la vittoria finale."
    In più ora colgo vari echi vagamente pascoliani e "stormi" carducciani, significativamente "pardinizzati".
    Pasquale Balestriere

    RispondiElimina
  2. "E sortono lievi i profumi"
    di viole già nate tra l'erbe,
    rugiada di mare apre i fiori
    in boccio ancor da novembre.
    Sull'alto del cedro del Libano
    il nido ora fa la cornacchia.
    E' un volo continuo, un cadere
    da un ramo ad un altro, fatica
    che riempie di fremiti l'aria.
    Eppure è già sera. Lontano
    si ode un suon di campana...


    Lo sai che il mio metro è l'endecasillabo, e non il novenario; mi hai fatto fare più fatica della cornacchia.

    Carla

    RispondiElimina
  3. Grande poesia, luminosa intuizione di vita-natura, di natura-vita in una successione accorata di luce ed ombra a segnare l'inizio, il prosieguo, e la fine di una stagione dai toni autunnali.
    Maria

    RispondiElimina
  4. Ha pienamente ragione Balestriere. Pardini ci aveva già proposto questa stupenda poesia. Rileggerla fa bene al cuore e all'anima.
    Roberto

    RispondiElimina
  5. I profumi che sciorano nelle sere di marzo
    mi portano immagini svelte:
    frizzante fiorire di foglie,
    azzurrarsi voglioso di cielo,
    passire autunnale di spoglie.

    Sta tutta qui, in questo finale energico e incalzante, la forza simbolica della poesia. Dalla primavera all'autunno è una corsa veloce: luce e gemme, ombre e spoglie. Un monito a viverla questa nostra esperienza in tutto il suo splendore; l'autunno si affaccerà alla nostra finestra improvvisamente lasciando solo una sacca di memorie.
    Luisa

    RispondiElimina
  6. l ritmo cadenzato del verso, direi quasi meditativo, ci induce a riflettere sul senso della vita e sul valore del tempo. Il tutto con una accezione euclidea dello scorrere del fiume. afferma in un celebre passo Blaise Pascal:
    Quando considero la breve durata della mia vita, inghiottita nell’eternità passata e futura, l’esiguo spazio che occupo, e che posso vedere, inabissato nell’infinita immensità di spazi che ignoro e che non mi conobbero, io sono atterrito, sono sorpreso di essere qui piuttosto che altrove; giacché non vi è motivo al perché qui anziché là, oggi anziché domani. Chi mi ha messo dove mi trovo? Per ordine e istruzione di chi mi sono stati assegnati questo posto e quest’epoca? L’eterno silenzio di questi spazi infiniti mi terrorizza.

    Interrogativi che ogni mortale si pone e a cui è difficile dare risposta. Siamo qui, invece che là. Il fatto è che ci siamo e quindi dobbiamo rispettare quel patrimonio che ci è stato dato, pur nel grande mistero dell'esistenza. Forse è proprio questo mistero a fare di noi degli infaticabili ricercatori del BELLO.
    Vito

    RispondiElimina
  7. Di fronte a tale poesia, dove il verso chiaro e simbolico si sintonizza con tanto sentire, c'è solo da imparare in rispettoso silenzio.

    Valeria

    RispondiElimina
  8. M'inchino, carissimo Nazario, dinanzi al tuo pensiero parlante in poesia.
    Riccardo

    RispondiElimina
  9. Su Lèucade un canto alla vita, una romanza allo sbocciare dei fiori, una sinfonia di Vivaldi alla bella stagione. E anche se l'autunno scivola verso di noi con le sue foglie cadenti, voglio pensare che il buio non l'abbia vinta, e che una luce più abbagliante potenzi il miracolo della vita.
    Egidia

    RispondiElimina
  10. Anche se "E SORTONO LIEVI" è stata tempo fa qui pubblicata e letta fa sempre piacere rileggerla per riassaporare il canto di una vera poesia che il prof.Pardini da par suo mettere in atto. Ultimamente sono rimasto estasiato della poesia CILENTO e spero quanto prima che il prof. Pardini ce la riproponga. Pasqualino Cinnirella

    RispondiElimina
  11. I gridi che schiusero l’alba
    si sono zittiti d’incanto.
    Mi resta la sera chiazzata di voli
    e le gemme che tingono il rosso
    di bianca innocenza.

    Stupenda questa poesia da leggere e rileggere, dove non c’è tristezza n’è felicità ma sublimi momenti di ricordi stretti gelosamente tra le mani, visioni che appaiono e scompaiono sulle pagine dell’immaginazione ma che restano ben salde nel cuore come parte imprescindibile del nostro essere.
    L’eterno ritorno.
    Una lirica da vivere con intensità dove si respira una dimensione mistica che implica l’accettazione del passato e la fede in ciò che verrà.
    Sempre più ammirata, carissimo Nazario. Un abbraccio.
    Emma

    RispondiElimina