L.
Pirandello poeta
Riprendo le considerazioni già fatte sul blog a proposito della pubblicazione di una poesia di C.E. Gadda: “Nel nostro variegato panorama letterario esistono Autori conosciuti soprattutto per la loro opera narrativa, ma che praticarono anche la poesia, in molti casi quasi di nascosto: Calvino, Volponi, Bassani, Bufalino, Lalla Romano … ” e questa volta dedico attenzione e lettura ad alcune poesie del grande romanziere L. Pirandello, che più di ogni altro ha segnato la letteratura e il teatro del Novecento e di cui si celebra il centocinquantesimo della nascita.
L.
Pirandello fa parte del novero di quegli
scrittori che avendo conseguito fama e successo con le sue opere in prosa-
romanzi, novelle e opere teatrali di ampio e interessante sviluppo e respiro -
è stato trascurato nello studio della fase giovanile, pur significativa, di
scrittore di poesie.
Eppure
ha pubblicato il primo volume di versi nel 1889, Mal giocondo dove è
possibile ritrovare le lezioni
esplicite degli autori ottocenteschi che
amava (Leopardi, Rapisardi, Olindo Guerrini, Boito, Graf, Praga,….) con l’aggiunta di una
pastosità descrittiva realistica più
tardi sconosciuta. Seguirono:
Pasqua
di Gea - le poesie furono scritte tra il 1889 e il 1890 a Bonn e
tutte dedicate a Jenny Schulz-Lander, la donna di cui fu innamorato in quel
periodo in cui visse in Germania, e vogliono
essere un canto di rinascita, di gioia, un invito alla vita; le Elegie
renane,- che sono pure
dedicate a Jenny-, e scritte a Bonn, ma vengono edite a Roma nel
1895. Avvertiamo, scrostando la
tristezza e il sentimento di dolcezza e
di abbandono che le caratterizza, una
impalpabile malinconia che tende talvolta all’angoscia, fino a diventare
quasi un imminente presagio della fine.
Seguiranno
Fuori di chiave, nel 1912, e Poesie varie, pubblicate sulle
riviste più disparate e scritte in anni diversi.
Il
titolo- Fuori di chiave- deriva dal linguaggio musicale e raccoglie
componimenti intenzionalmente dissonanti su temi difformi. L’esigenza di poesia
infatti in Pirandello fu costante e sempre molto forte. Infatti
agli inizi della carriera Pirandello vedeva se stesso come autore in
versi più che in prosa. Ne è prova il
carteggio con Luigi Capuana, il quale
però lo dissuase dal proseguire su
quella strada. Tuttavia, nei primi anni di attività è preponderante il taglio poetico.
Ricorda
lo stesso autore:
«Il
mio primo libro fu una raccolta di versi, Mal giocondo, pubblicata prima
della mia partenza per la Germania. Lo noto, perché han voluto dire che il mio
umorismo è provenuto dal mio soggiorno in Germania; e non è vero; in quella
prima raccolta di versi più della metà sono del più schietto umorismo, e allora
io non sapevo neppure che cosa fosse l’umorismo».
Si
presentava come un anti-Vate del verso,
un anti fanciullesco Pascoli, che a soli 20 anni aveva già riempito un paio di
quaderni con le sue liriche. E la passione
per la poesia non si esaurì neanche in vecchiaia. Amava la poesia
tradizionale: contro il fonosimbolismo
“pascolo-dannunziano” alla ricerca di un
verso dal tono minore, dal linguaggio comune, dalle tematiche quotidiane. Un
verso gozzaniano, di cui poi nuovi
poeti (come C. Pavese) si servirono ampiamente. I temi maggiori dei suoi racconti
compaiono già nelle poesie.
Raccontano dell’inettitudine dell’uomo moderno, della
maschere che ognuno di noi indossa per sopravvivere al proprio fallimento e
alla crudeltà delle società, ma anche dei suoi amori giovanili e della
necessità, a volte, di lasciar riposare quello “spirto guerrier ch’entro mi
rugge” (di foscoliana memoria).
E senza mai dimenticare la cifra massima che ha
reso Pirandello uno dei maggiori letterati del secolo breve: l ’ironia: la
volontà di ridere, ridere,e ancora ridere. Solo tramite il riso, infatti,
potremo comprendere fino in fondo la quintessenza di “questa fantocciata della
vita”.
Ricordo
alcune poesie dell’autore che ripercorrono il suo itinerario poetico.
In Casa
romita esprime la fase
naturalistica, il ricordo della casa siciliana permeata di un fascinoso “mare
africano” o di terre che sembrano “argille azzurrine” che ritorneranno quasi
inalterate in uno scritto come “Informazioni sul mio involontario soggiorno
sulla terra”, ma anche meditazione, terreno fertile per la formazione del suo
sentimento del contrario, del capovolgimento ironicamente amaro tra realtà e
illusione, come in L’occhio per la morte che anticipa i romanzi o come
in Panico di Zampogna:
Di
quest'intimità con la natura/ solitaria, del tutto inconsueta,
l'anima
mia divien tanto inquieta,/ quanto sarebbe forse per paura.
De'
suoi sacri silenzii ancor non degno/ dunque son io. Ma di notturne brine
tanto
mi bagnerò che, puro alfine,/ ella accoglier mi possa in questo regno.
Esiste
anche una vena riflessiva e intimistica nelle poesie, la quale fa capo
soprattutto al Leopardi della vanitas vanitatum (“vano” è il lemma più presente
nella poesia pirandelliana); una vena nichilistica, scettica, pessimistica,
come in Io son così:
“…quando
tu, in una parola, vivrai senza la vita,
penserai
senza un pensiero,/ sentirai senza cuore –
allora
tu non saprai che fare:
sarai
un viandante senza casa,/ un uccello senza nido.
Io
sono così.”
Accanto
a questo tema quello del contrario, come in Preludio orchestrale, allegoria ben riuscita, calibrata,
contrapposizione dissonante tra il violino che si sta esibendo nella sua
sonatina con sentimento e il contrabbasso rauco e severo che nasconde nella sua
cavità una donna magra e senza occhi: misteriosa,…. ma non troppo. Concerto
dissonante …come la vita, a cui invano il maestro-poeta cerca di dare regole di
armonia e consigli.
Ed
infine l’ironia disincantata di Senza titolo, “Non badate, vi prego, se
sorrido…” che sconfina nell’umorismo scettico.
Casa
romita.
Casa
romita in mezzo a la natia
campagna,
aerea qui, in su l'altopiano
d'azzurre
argille, al cui sommesso invia
fervor
di spume in mare africano,
te
sempre vedo, sempre, da lontano,
se
penso al punto in cui la vita mia
s'aprì
piccola al mondo immenso e vano:
da
qui-dico-da qui presi la via.
Da
questo sentieruolo tra gli olivi,
di
mentastro, di salvie profumato,
m'incamminai
pe'l mondo, ignaro e franco.
E
tanto, o fiorellini schivi.
Tra
l'erma siepe, tanto ho camminato.
Per
ricondurmi a voi, deluso e stanco.
*
Io son
così.
Quando
tu riesci a non aver più un ideale,
perché
osservando la vita sembra un enorme pupazzata,
senza
nesso, senza spiegazione mai;
quando
tu non hai più un sentimento,
perché
sei riuscito a non stimare,
a non
curare più gli uomini e le cose,
e ti
manca perciò l’abitudine, che non trovi,
e
l’occupazione, che sdegni
–
quando tu, in una parola, vivrai senza la vita,
penserai
senza un pensiero,
sentirai
senza cuore –
allora
tu non saprai che fare:
sarai
un viandante senza casa,
un
uccello senza nido.
Io sono
così.
*
PRELUDIO
ORCHESTRALE
Al
violin trillante una sua brava
sonatina
d’amor, con sentimento,
il
contrabbasso già da tempo dava
non so
che strano, rauco ammonimento.
Allora
io non sapea, che ne la cava
pancia
del mastodontico strumento
si
fosse ascosa una mia certa dama
molto
magra, senz’occhi, che si chiama?..
come
si chiama?
E
invano imperioso, nella destra
la
bacchetta ora stringo: quella mala
signora
è del concerto la maestra.
Da quel suo novo nascondiglio
esala
il suo
frigido fiato nell’orchestra:
sale
di tono ogni strumento o cala,
le
corde si rilassano, gli ottoni
s’arrochiscono
o mandan certi suoni…
Dio le
perdoni!
M’arrabbio,
grido, spezzo la bacchetta,
balzo
in piedi, m’ajuto con la mano.
La
sonata è patetica: dian retta
i
violini: piano, piano, piano…
Ma che
piano! Di là, la maledetta,
sforza
il tempo, rovescia l’uragano!
Da
otto nove a due quarti, a otto sei…
Vi
prego di pigliarvela con Lei,
signori
miei.
*
SENZA
TITOLO
Sperate
di rimuovere ogni danno?
Credo
nel vostro ardore, amici. A un grido
vostro,
tutti i dolenti insorgeranno.
Non
badate, vi prego, se sorrido.
Penso,
d ’autunno, quante foglie ho viste
levarsi
a un soffio d ’aria e poi pian piano
ricader
lasse su la terra triste.
Ma
certo, un soffio, giova; ancor che vano.
Le
pagliuzze, i relitti della via,
esposti
alla merce di chi cammina,
sogliono
anch’essi aver cosí nel mondo
il lor
breve momento d ’allegria;
quel
soffio d ’aria. Spira, li mulina.
Pajon
bambini che fan girotondo.
*
Maria Grazia Ferraris
Le poesie di Bon non sono altro che un anticipo del pensiero pirandelliano. Non certo della sua filosofia che tale non era la sua poetica. Egli stesso affermava: “In Italia pare si voglia insistere a seguire la falsariga di qualche critico che ha creduto di scoprire nelle mie cose un contenuto filosofico che non c’è, vi garantisco che non c’è”. Per Pirandello l’esistenza dell’uomo è una tragicomica vicenda di solitudine e di pena o, per dirla con le parole di un suo personaggio, “un’assai triste buffonata”. Se non si leggono i suoi brani poetici non possiamo avere una lucida e completa visione della sua vicenda artistica: l’uomo sdoppiato, la doppia personalità dei suoi personaggi: una parte schietta, autentica, vera; l’altra con la maschera; quello che l’uomo mostra è l’aspetto mascherato con cui difendersi da una società inquinata e con cui difendere i propri fallimenti. Questa visione esistenziale nei confronti del mondo; questo sentimento pessimistico che scaturisce dalla sua visione delle relazioni umane è già presente nelle liriche. Non si può capire a fondo lo spirito del Fu Mattia Pascal senza leggere le sue sillogi. Per lui l’arte, posta di fronte al reale,non deve essere uno specchio passivo, ma uno sguardo penetrante; non deve solo descrivere, ma anche interpretare. Soprattutto smascherare, perché la vita sociale e individuale si svolge all’insegna dell’infingimento e della mistificazione. Leggete attentamente il suo percorso poetico e troverete un Pirandello in nuce, un poeta che fa del suo foco teatrale una rappresentazione lirica.
RispondiEliminaComplimenti
Angelo Bozzi
Complimenti per la profonda e generosa pagina letteraria che arricchisce. Non entro nel merito della filosofia pirandelliana, la cui sintesi analitica della Ferraris lo fa già straordinariamente. Approfitto solamente per esprimere un'opinione e rifacendomi al titolo della pagina "grandi prosatori che scrivono poesia". Vien detto : il mio libro era in versi, e ancora, a soli vent'anni riempì due quaderni di poesie. Che Pirandello sia stato un "prosatore", e uno dei più grandi, è indubbio. Che abbia scritto poesie meravigliose, come quelle proposte, altrettanto. Perché continuano in molti, oggi, a ostinarsi, compresi alcuni critici, a non riconoscere la differenza tra prosa e poesia? Cosa spingeva gli AUTORI del passato a scrivere l'una e l'altra cosa, tracciandone la differenza? Emanuele Aloisi.
RispondiEliminaGent/ma M. Ferraris, quale conterraneo del Premio Nobel per la letteratura (1934)Luigi Pirandello e di Luigi Capuana sento di ringraziarla vivamente per questo magnifico elogio formulato in modo eccellente e dotto. Alcune cose da Lei descritte li sconoscevo come il fatto che il Capuana distolse Pirandello dal perseverare nella poesia. Sarebbe interessante saperne il perchè. Appena ventenne, in gita, visitai la Casa e la tomba del Vate site alle periferie di Agrigento. Ero alle prime armi con la poesia ma ricordo che rimasi colpito del luogo e della inusitata Sua ultima dimora in quanto -cremato-. Ciò mi diede lo spunto di alcuni versi che spero a Lei facciano piacere se li trascrivo. Sul sepolcro di Pirandello. "Come casa di barbari/fu l'ultima tua dimora./Quel bozzolo di spoglie che ti racchiude/giace nel cavo di una pietra/circondato dal suo tepore inerme./All'ombra di un vecchio pino/raccogli la freschezza che ti giova/e a due passi un mare che non sa/quale gemma possiede la solitaria sponda". Sia magnanima, sono versi di un ventenne. Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaDopo Carlo Emilio Gadda, ora è la volta di Luigi Pirandello: un altro grande prosatore di cui la Ferraris pone in evidenza un background poetico poco noto, ma di grande rilevanza, considerando i suoi influssi su voci poetiche fondamentali del Novecento (quali Cesare Pavese, ad esempio). Forse esagero, ma credo di percepire, in questa attenta disamina, un intento provocatorio che mi è molto caro, e cioè l'unità dello spirito creativo al di là dei mezzi espressivi con cui esso di volta in volta si espone: la poesia, la narrativa, la musica, la pittura e quant'altro, finanche la filosofia. Questi mezzi hanno una loro indiscutibile importanza, ma non possono e non debbono essere trasformati in fini. Faceva benissimo Pirandello - come ricorda il Prof. Angelo Bozzi - a smarcarsi dalle arie (accuse?) filosofiche con cui qualche critico intendeva connotare la sua letteratura, ma ciò è dovuto alla stessa rigidità con cui da sempre viene presentata la filosofia. Non dovremmo dimenticare che Platone ed Eraclito, tra i maggiori oppositori che la storia ricordi della poesia, furono anch'essi poeti. Sta qui, al di là di ogni altra giusta considerazione, l'unità dello spirito creativo.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Sono in piena sintonia con il pensiero di Franco Campegiani per ciò che concerne l'unità dello spirito creativo. La creatività - sotto qualunque forma la si voglia considerare (generi, giova ricordarlo, "costruiti" dall'uomo per comodità d'uso) - riconduce ad una sola matrice, all'originaria mitopoiesi, che si esplica in qualunque disciplina.
EliminaFa, dunque, bene Maria Grazia Ferraris ad evidenziare anche in Pirandello la facoltà poetica. E lo fa con il consueto acume: "I temi maggiori dei suoi racconti compaiono già nelle poesie..." - sostiene - come si evince chiaramente dai testi; uno in particolare: "Io son così", c'è tutto Pirandello in questa poesia. Grazie,
Sandro Angelucci
Ho già avuto modo di affermare che la poesia è un’arte che appartiene “costituzionalmente” al poeta, dicendo che si è poeti innanzitutto nel modo di pensare, di essere. Dunque non mi stupisco dove leggo:
RispondiElimina“I temi maggiori dei suoi racconti compaiono già nelle poesie”. La poesia, se c’è, è essenza primaria della persona che poi può esplicitarsi in altri ambiti in modo eccellente come è accaduto al grande prosatore- romanziere Pirandello. Non conoscevo la sua poesia e Maria Grazia Ferraris con la straordinaria competenza letteraria che le appartiene, mi ha dato modo di scoprirla e desiderio di approfondirla. Chissà, forse ora capisco perché, al di là del valore dei contenuti delle opere letterarie ho sempre amato Pirandello.
La poesia non si può “praticare di nascosto”, sborda inevitabilmente dal perimetro dell’anima di chi ha la grazia di possederla.
Annalisa Rodeghiero
Splendidi interventi intorno al grande Pirandello: sia dove il prof. Bozzi ricorda la poesia come matrice del pensiero pirandelliano, sia nell’intervento affettuoso e nostalgico di P. Cinnirella ventenne in visita alla casa di Pirandello ad Agrigento, il quale dedica una sua poesia alla tomba “all’ombra di un vecchio pino”, presso un mare ignoto di tanta gloria, sia di A. Rodeghiero che scopre le ragioni profonde del suo amore per il Poeta.
RispondiEliminaInteressante l’apertura al tema del rapporto prosa/poesia proposto da E. Aloisi e rinforzato da S. Angelucci che sostiene che “i generi, sono costruiti dall'uomo per comodità d'uso” – e riconduce ad una sola matrice, all'originaria mitopoiesi, che si esplica in qualunque disciplina, così come e F. Campegiani che ripropone la sua tesi: quello “dell’ unità dello spirito creativo al di là dei mezzi espressivi con cui esso di volta in volta si espone: la poesia, la narrativa, la musica, la pittura e quant'altro, finanche la filosofia. Questi mezzi hanno una loro indiscutibile importanza, ma non possono e non debbono essere trasformati in fini…”
Nessuna volontà polemica da parte mia, solo, da vecchia insegnante di letteratura, il desiderio di ricordare in modo meno convenzionale questi nostri grandi Autori.