Non penso che sia questione di teste, ma di sistema. Mi
spiego: chi sceglie cosa proporre al pubblico, editori di qualsiasi tipo, pensa
al risultato finanziario; inoltre, essendo i mass media un ambiente molto più frequentato di 30 o 40
anni fa, la competizione si è fatta sempre più difficile. L’imprenditore deve portare
i numeri, quindi propone quello che porta risultati e non lo si può condannare
per questo. Solo che, se negli anni 80 si pubblicavano 13000 titoli l'anno oggi
se ne pubblicano oltre 70000, e se proporre “pensiero” era di nicchia già ieri,
lo è ancora di più oggi; se negli anni 80 gli editori erano alcune centinaia,
oggi sono diverse migliaia, a questi si aggiunge l’auto-editoria e quel dannato
e subdolo fenomeno dell’auto-protagonismo delle reti sociali; se negli anni 80
le reti televisive erano una ventina (ed erano già troppe), oggi tra sky,
netflix, digitale terrestre eccetera, c’è da mettersi le mani nei capelli.
Insomma, l'offerta è quanto mai frammentata e in questa situazione non è facile
identificare la proposta portatrice di “pensiero”. Ma attenzione, l’offerta è
specchio della società, quindi la frammentazione la vediamo anche nel nostro
comportamento, nel nostro vivere, nel nostro rapportarci con il resto del mondo
(chi si è frammentato prima, se la società o l’offerta culturale, è un discorso
che non sono in grado di affrontare). Per farla breve, il sistema ha generato un
caos nel quale il “pensiero” è difficile da trovare, diventando l’ago nel
pagliaio. Dire cose del tipo “non ci sono più gli intellettuali di una volta”
accusando il “pensiero” è un errore gravissimo in quanto il problema è nel
sistema e non nel “pensiero”. Il presente non deve essere accusato di
sterilità, semmai il sistema che cerca lo scoop (quindi l’anti-pensiero), non
favorendo la diffusione del pensiero e contribuendo alla creazione del caos,
deve essere visto come un ambiente nel quale dobbiamo imparare a muoverci. Il
sistema va cambiato da dentro. È necessario reagire a questo meccanismo
annichilante con una dinamica propositiva, non con il mugugno che tanto ci
consola. Dal caos, prima o poi, nasce un nuovo ordinamento, ma dipende da noi,
e l’auto-protagonismo di Facebook e di altre reti sociali (dove oggi impera
l’antipensiero, l’antiqualsiasicosa purché sia io adirlo o
l’antitutto perdefinizione perché basta che si parli male di qualcosa per sentirsi rivoluzionari),
può diventare un veicolo di pensiero. Mi si dirà che questi mezzi sono fatti
apposta per ridurre un’argomentazione a titolo scandalistico e che ormai siamo
abituati a ragionare per slogan, e io risponderò: impariamo a mettere
l’argomentazione nel titolo, impariamo ad essere sintetici, impariamo a usare
il sistema per trasmette il pensiero (e quindi, essere anti-sistema). Impariamo
anche a scrivere su supporti che siano meno effimeri delle reti sociali, o
meglio, se pubblichi una foto su FB e non la conservi nell’album dei ricordi,
la dimentichi subito, questo sta succedendo nell’era di FB, non solo caos, ma
trasformazione dei valori in qualcosa di effimero… allora: ridiamo al pensiero
il valore dell’album delle foto di famiglia… ridiamo al ricordo il suo vero
valore, cioè quello di seme del pensiero… poi seminiamo quel seme e curiamo la
crescita della pianta. Finché non impareremo a farlo saremo vittime lamentose e
semplice elemento di un caos al quale non sappiamo ribellarci. Ma occorre
ricordare anche che ci vorrà tempo, tanto tempo… perché ciascuno di noi altro
non è che un granello di sabbia in una spiaggia immensa, un granello che non
conta nulla… eppure un granello senza il quale la spiaggia non sarà completa…
siate granelli di sabbia consapevoli di esser parte di un tutto.
Claudio Fiorentini
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