venerdì 5 giugno 2020

M. GRAZIA FERRARIS LEGGE: "ANTOLOGIA" DI LUCIANO POSTOGNA, GUIDO MIANO EDITORE


Luciano Postogna
ANTOLOGIA
Guido Miano Editore, 2020

Recensione di Maria Grazia Ferraris


Si intitola semplicemente ANTOLOGIA questa silloge di Luciano Postogna, presentata da Enzo Concardi, edita da G. Miano editore milanese, ed è effettivamente un’antologia, ricavata da sei raccolte di poesie scritte in un tempo dilatato, e pubblicate dal 2000 al 2020. 
Lo scorrere del tempo e l’insistita applicazione poetica dell’autore triestino, maturata nel luogo dove è nato e risiede, di cui è profondamente innamorato, si evidenzia con limpidezza e raccoglie con facilità temi ed emozioni che si approfondiscono se ne seguiamo con attenzione la scansione temporale.
La prima pubblicazione, la più semplice, del 2000, si intitola Pensieri nudi, nudi come possono essere le emozioni primordiali che ci toccano nel profondo, ci emozionano e ci spingono senza particolari ripensamenti estetici a fermarli sulla carta: ecco allora emergere alcune emozioni legate a figure sociali di emarginati, come il povero che tende la mano all’uscita di un mercato, “coi suoi occhi rossi/ e di vuoto pieni” che fissa isolato come un appestato orizzonti per lui inesistenti, o il terremotato disperato, tra i ruderi delle case sbranate dal terremoto, che semplicemente e desolatamente tocca con mano di non esistere più, senza le sue radici oppure, richiami biografici, di un se stesso in visita a una Venezia novembrina abbandonata e gelida, dal selciato viscido, lugubre, con le sue gondole nere, in una rinnovata e sospesa atmosfera di “morte a Venezia”, oppure al convento solitario sul colle dell’altipiano carsico, isolato e schiaffeggiato dal vento, che quasi annuncia vite invisibili eppure ancora vitali, a sé bastanti…
Ritorna il vento protagonista anche nella silloge successiva Ali d’arcangelo, pure pubblicata nel 2000: un vento furente che fa piangere i ferri non oliati, sbattere le imposte, frantumare i vetri, fuggire le nubi dalle cime frastagliate dei monti.., tipica presenza del pietroso paesaggio carsico, ma questa volta accompagnato con emozione da pensieri nostalgici, più sereni, come i ricordi delle nuove fantasiose speranze o dei sogni che si rincorrono dissolvendosi in un improvviso ed effimero arcobaleno: generano in lui o il ricordo infantile della “via dei giardini”, la via di casa, isolata e scura, paurosa, che diventava luminosa alla voce della madre o il ritrovato calore della casa amorosa: un paradiso lontano, costituito da povere cose, la cucina disadorna, il fuoco allegro, i racconti della nonna….
La terra carsica è la protagonista della terza raccolta del 2001, Raggi rossi al tramonto, dove l’autore ci parla anche delle sue attività preferite, come quella dello speleologo scalatore: “Uscito, col fango negli occhi,/ dal profondo abisso/… Contemplai solenne quella terra carsica,/ testè uscito dal suo ventre../ L’ammirai come mia madre/ che mi donò la vita…” (Terra carsica), oppure costruisce una grande analogia tra il paesaggio del Carso e il fiume Timavo e la sua vita: “Sotto il Carso scorre, / negli ascosi alvei, il Timavo / e la mia vita”. Ne ripercorre il percorso zigzagante misterioso dalla collina profumata, giù negli abissi calcarei, tra i fiori e le piante profumate …, sempre più giù fino a Duino e all’orrido di san Canziano, e poi nei campi di erba rossigna… nei boschi e lungo i viottoli erti, tra case di pietra…: fiume impetuoso e misterioso come la vita (Sotto il Carso scorre)…: è come il libro della sua vita, inquieta, cangiante e varia, che non è mai riuscito a scrivere, tra dubbi, debolezze, incertezze, illusioni e piccoli e grandi egoismi.
Vento e Carso ritornano anche nella nuova silloge del 2002, che porta il titolo di Anatomia del vento. Immagini espressionistiche di inusitata forza, parole nuove, ricercate, dotte, e ritmi brevi, spezzati, accompagnano il nuovo dire poetico che si immerge confondendosi fino a debordare nel paesaggio noto e in atmosfere lontane, perdute: “Fiordalisi lutei/ tra le rosse lande:/ smaccato quadro/ sulle pietre bianche/… La bora porta/ dei volti antichi,/ strappati,/ negli orti lapidari,/.. e spegne/ nei cimiteri, i lumi fatui… (Carso). Sono luoghi dove i pensieri, nella pioggia scrosciante, rabbiosa, e nella solitudine, filtrano lentamente fino a giungere “con ali di pietra” al regno dei morti, quello che appartiene al ricordo più intimo, e alla “ rassegnazione dell’ansia”.
Che sia proprio questo il paesaggio dell’anima del nostro poeta lo ribadisce anche in Oltre ogni orizzonte, del 2003, in cui una poesia non facile, spigolosa, dalla aggettivazione ricca, originale, ci presenta e si immerge nella natura e nelle sue stagioni, rievocate ed interrogate alla ricerca della verità ultima: “ impietoso Carso, immobile Carso, dove regna la pietra/ e delle serpi i covi”, mentre soffia la bora gelida “dell’autunno infingardo”, unendo in un nodo indissolubile “erba slavata, ricordi sbiaditi, calcari corrosi, sentieri silenti, doline assonnate, borghi di pietra, sotto stelle annebbiate”. Chiude l’Antologia la silloge del 2006, posta all’inizio del volume, dal titolo L’ombra dell’anima. Il Cantico che ne costituisce l’incipit “...La mia anima è a Trieste/ pallore della luna,/ la bora e voci calde;/ la mia anima è sul Colle/ prezioso ancor pei ruderi/ che diede Roma antica;/ la mia anima è tra i boschi/ e lande torturate/ del Carso novembrino (...)” manifesta tutta la sua appartenenza affettiva, sentimentale, ideale alla sua Terra, così come Fuga carsica, in cui vengono personificati paesaggio, situazione geografica-temporale, stati d’animo nell’inverno impietoso, tra vento, suoni, ombre, crepuscoli, notte, atmosfere che riconducono al tema ben frequentato del cimitero, che percorre tutta la raccolta. L’ascesa spirituale del poeta viene annunciata come chiave di lettura in esergo in Verso l’infinito, dove il poeta coglie il centro del suo vivere e l’illusione che nuove speranze daranno alla vita umana debole e precaria:

“.......
Attenderò, così oppresso, l’aurora
dalle scarlatte e seriche sembianze
e prenderò fiato alla prima brezza,
quando tacciono ancora i nidi arborei
e le cicale ammorzano la nenia.
Sarà ancora speranza ed illusione,
ma un altro giorno passerà veloce
poi lunga, aliena e dolente la notte
e così verso l’infinito arcano”.

Maria Grazia Ferraris, giugno 2020


Luciano Postogna, ANTOLOGIA, Guido Miano Editore, Milano 2020, pp. 88, €15,00; isbn 978-88-31497-09-1.


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