L'immensità per
Nazario Pardini
Nazario Pardini il Poeta
dell'impossibile: il mestiere di esistere circonda il suo itinerario artistico succinto
in vivere "nel frattempo".
Due colonne segmentano la sua epicità
lirica e i suoi pensieri metaforici: la vita e la morte.
Al di qua e al di là Nulla può
considerarsi sufficiente a valere un verso o una riga: è questo il contenuto
interno articolato in mille pensieri di immagini che spaziano dalla memoria alla
musicalità, dall'immensità dell'attimo ai campi, monti, prati, fiumi, luci e
stelle... l'elenco sarebbe lungo e Pardini non merita la ripetizione dei suoi
versi unici.
Tutto chiaro potreste dirmi, allora
perché commentarlo ancora?
Rispondo: non si tratta di commentarne
livelli artistici, ma di sottolinearne la originalità che trasluce sotto le
ombre delle parole e si rifugia nell'idea e nel colore (del mare... del
tramonto...), nella preghiera della Fantasia; a sostegno in sostanza nell'essere
di esserci.
Infatti nulla di quanto descritto in
questi versi è materico per il Poeta: operazione creativa insospettabile, ma
coerente ed affine alla filosofia pardiniana.
L'esistere è una piccola frazione di
immensità rapita voracemente dal flusso temporale dei "fatti" (anch'essi
insistenti) e delle teorie (senza scopo); l'essere dell'esistere personifica la
verità offuscata dalla "bugia" dell'amore (tema molto caro al Nostro)
nel ricordo dei suoi grappoli.
Ma di reale nulla appare se non nell'immaginazione
mentale (ultimo pensiero?) dell'artista che si affida all'energia quale suprema
Dea da rispettarsi.
Immensità, vuoto, isola fatata, suoni
di segmenti, movimenti celesti, graffiti silenzi, l'orlo della vita... quante
allusioni possiamo riscontrare a conforto di un "abbandono"
determinato dal tempo che corre... quanti riferimenti alla vacuità di reiterati
princìpi basilari che non possono sussistere autonomamente in quanto
inesistenti.
Per il Poeta tutto il consentibile è
ridotto alla pura necessità di esserci (per quanto concesso), ma senza
corollari di concrete testimonianze di prospettiva; la Natura è finzione (regata
poetica) al massimo un "palloncino" di sogni/suoni che non possono
inquadrarsi in matericità o reificazioni espressive, ma devono limitarsi a
immaginifiche "visioni" soggettive (masturbazioni mentali) che il "semaforo"
descrive con particolare efficacia verosimile.
Il Poeta è qui, nel suo vero, "immenso"
esistenziale, sommerso da una pletora di ricordi, di cose, di sensazioni che ne
disturbano l'essenzialità espressiva, vocata all'illimitato "senso di
eterno" e d'infinito.
L'universo esistenziale lascia comunque
aperta la riflessione filosofico-lirica sulla necessità di avvalorare la
propria "presenza" (esserci) connessa nell'essere superiore con le
citazioni di fatti e accadimenti sempre degni di commento "esteriore"
in quanto partecipi di quella dialettica della ragione che conduce ogni
spiritualità alla composizione e definizione finale.
In contestualità dialettica troviamo
inseriti avvenimenti importanti (dall'essere al non essere), rifiuto di parole
superate dagli eventi, similitudini (la gioia-ago nel pagliaio), cromi, entità
terrene, ma già catturate dalla celestialità artistico-metaforica del filosofo
che si trasforma di verso in verso e ritorno.
La capacità di Pardini si evidenzia
altresì, al massimo livello, nel "contestare" se stesso con grande
intelligente coraggio (contro le parole) per adottare la vera linearità della
compressione esistenziale (pareti, necrologi, feste familiari, sogni di ultimi
sospiri) dove tutto verrà sepolto nel silenzio di una ironia incisivamente ineludibile
e corrosiva.
Ma del resto, a che potrebbe servire
una descrizione pedissequa, inventata, pedante, per illustrare i servizi della
Natura: tutto è già stato scritto in pluri-forme e termini; non serve al Poeta
Pardini ripetersi ovvero ripetere.
Deve solo reimpostare, comunicare in se
stesso, revisionare princìpi, tesi, teorie, concetti usati e morti ormai, alla
luce di una vera "realtà" inesistente, concepita nel finale di una
vita analiticamente reinterpretata da "storie" di esseri che solo il
marciapiede può individuare nel suo potere totale e insondabile.
L'autenticità sfocia nell'ironia che
predomina e si inchina al Sole, alle stelle, alle ombre, al chiarore lunare...
il Poeta vigila, Esiste, presenzia, il resto è pura immedesimazione poetica della
sua arte d'elite dove ogni composto/componente si incardina (il cimitero, il
merlo, spazi di culti misterici, resurrezioni...) nell'impotenza delle parole
che solo un Pardini nella sua eccellenza può interpretare a chiusura del suo Io.
Marco
dei Ferrari
Sono sempre più stupita dalle letture che riuscite a dare a quest'Opera che anch'io ho avuto l'onore di assaporare. Marco, tu voli sui contenuti, eviti le citazioni e doni l'essenza dell'Opera, la 'contestazione'che è autocritica, l'assenza di materia, l'originalità che si cela dietro 'le ombre delle parole' - fantastico!-, 'l'immenso esistenziale' di Nazario che si svela... Permettimi di dirti, senz'ombra di piaggeria, che l'originalità fa parte del tuo essere, del tuo porgerti, del tuo scrivere e del tuo recensire. Talvolta non sono all'altezza dei tuoi contenuti e me ne scuso, ma qui... mi inchino. Complimenti a te e al carissimo Condottiero.
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