lunedì 21 gennaio 2019

ROBERTO DE LUCA LEGGE: "SULLA SCHIENA DEL CIELO" DI ALFREDO CAROSELLA


Sulla schiena del cielo
di Alfredo Carosella

La prima volta che nel libro viene menzionato il titolo ‘Sulla schiena del cielo’ , è quando l’autore, descrivendo la vita di Mizio, parla di Mattia, uno dei quattro ragazzini che  Mizio ogni mattina accompagna a scuola. Mattia da grande vorrebbe fare l’astronauta e camminare, o correre, rimbalzare sulla schiena del cielo che, in buona sostanza, non è altro che la curvatura dell’atmosfera terrestre, dove praticamente finisce il nostro cielo. Certamente da quella curvatura l’infinito si propaga poi nello spazio, ma il nostro cielo, quello che noi vediamo dalla Terra, quello azzurro, a cui tutti noi associamo anche, o perlomeno in buona parte, il concetto di infinito, finisce lì, in quell’ultimo strato dell’atmosfera terrestre, su quella schiena, curva nell’ atto di abbracciare la Terra. Verrebbe da dire che per risolvere i problemi e alleviare  il peso stesso dell’esistenza, l’uomo dovrebbe andare da quelle parti, dove non esiste nient’altro che cose lontanissime, e il nulla,  che è pur sempre un’entità,  anche se astratta. Bisognerebbe andare in un luogo dove non esiste la forza di gravità terrestre, che ancòra tutti alla Terra e in un certo senso tutti condanna all’esistenza.  Certo c’è un’enorme diversità di intenti tra Mattia e Mizio. Uno è bambino e l’altro è adulto, uno vorrebbe correre e saltare lungo quella linea e da lì osservare il mondo, magari per vedere i luoghi lontani dov’è nato, l’altro vorrebbe andare lassù, ci piace immaginare, semplicemente per  rilassarsi, senza aver l’assillo del dover vivere, ma non perché a Mizio non piaccia la Vita, anzi, più semplicemente perché quello è un luogo dove sentirsi leggero spiritualmente , oltre che fisicamente.
Questo libro di Alfredo Carosella, lascia ampio spazio a svariate interpretazioni, compreso il finale che, a mio avviso, risulta ‘volutamente interpretabile’.  La mia interpretazione del personaggio principale quindi, è che quest’ultimo risulta un uomo che si trascina dietro una serie di pesi di svariate grandezze, pesi che man mano che la trama avanza sembrano dissolversi per poi ricomparire; sembrano riproporsi senza lasciargli una vera e propria via di scampo, almeno apparentemente, lasciando affiorare qua e là una sottile vena,  forse nemmeno tanto voluta, di sano esistenzialismo. Non ha pesi sulla coscienza , Mizio, egli è puro, non ha colpe, ed è sostanzialmente uno che ha pagato gli scotti degli errori commessi da altri, dai genitori per l’appunto, con un padre che, per motivi che qui non citiamo,  se ne è andato quando lui era molto piccolo e una madre che, seguendo il suo istinto di protezione nei confronti del figlio, l’ha fatto crescere facendogli credere ciò che non era vero. Tutto questo sembra ripercuotersi su
 tutto ciò che è poi successo nella sua vita. Dalla mancata realizzazione
nel campo lavorativo, (egli è un architetto che ha anche delle buone idee e delle buone capacità e lo si capisce da come lo descrive l’autore) ai rapporti con le donne che ha amato e che ama ancora e con quelle che gli sono semplicemente piaciute;  rapporti che risentono di uno sbilanciamento, di una perdita di equilibrio dovuti al suo stesso modo di essere, alle sue stesse mancanze, quelle di Mizio, ovviamente.  
Il percorso esistenziale  del protagonista conosce una svolta nel momento in cui egli si mette sulle tracce del padre e vola dall’altra parte del mondo per andare incontro al suo futuro, che in qualche modo, anche se non totalmente, sembra finalmente delinearsi in maniera positiva. Mizio è ormai un uomo maturo , certe cose sarebbero state più facili da affrontare quando era più giovane, ma non è detta l’ultima parola e il solo fatto di sapere che suo padre è ancora in vita costituisce una svolta sia per lui, che è  il protagonista ,che  per la trama stessa del libro, andando a  costituire un nuovo intreccio  tra l’irrisolto e le nuove possibilità di risolvere.
Il percorso psicologico appena tracciato trova spazio in un’ambientazione a dir poco grandiosa. La penna di Carosella, con uno stile asciugato sapientemente da inutili orpelli ,caratterizzato da una semplicità conquistata sul campo e con descrizioni coinvolgenti, ci trasporta negli ambienti, nei ricordi, nelle passioni,  nelle solitudini e nelle inquietudini di Mizio.
A proposito di coinvolgenti descrizioni basterà citare,  ad esempio, le pagine in cui  Mizio va a cercare una delle sue donne del cuore nella sala da ballo, in quegli ambienti grandiosi, quelle grandi sale, dove un aristocratico cameriere li va a cercare per portar loro lo spumante e dove leggendo si sente il ticchettio elegante dei tacchi della donna, che rimbomba pieno di significati tra gli spazi della grande casa. Per quel che riguarda i contesti, si va da una cena di matrimonio che si svolge in questa sontuosa villa sita  nell’interland napoletano( lo si capisce soprattutto dalla simpatica parlata e dagli atteggiamenti  del custode del parcheggio ) alla accattivante descrizione di una serata e di una nottata passate tra le strade e i locali di New York, dove tra l’altro incontra le solitudini e le piccole manie psicologiche di una donna, Simona, la cui vita appare per certi versi abbastanza simile alla sua, anche se lei ha diverse reazioni comportamentali.
 Ci fermiamo qui, ma c’è molto altro da scoprire, ovviamente.  Tra le altre cose emerge una generazione, che è la stessa dell’autore . A mio parere è ivi descritta attraverso alcuni atteggiamenti e modi di fare, nonché dalla musica, dai brani e dai gruppi musicali ivi citati, per cui alcuni nati in quella stessa epoca possono certamente rispecchiarsi maggiormente, ritrovare un po’ di se stessi, anche se questo libro ha la capacità di coinvolgere  qualsiasi anima si apprestasse alla sua lettura. Carosella possiede la capacità di tirarci dentro alle pagine e dentro lo stimolante turbinio della storia qui raccontata, cosa che coincide col turbinio di sentimenti  che senza sosta si agita nell’animo del protagonista. 

Roberto De Luca      12/01/19



1 commento:

  1. Ringrazio sentitamente il mio Nazario per aver inserito la superba recensione di Roberto al libro che abbiamo presentato sabato alla libreria Horafelix, "Sulla schiena del cielo" di Alfredo Carosella. Un testo dal plot narrativo perfetto, giocato sul filo dell'Amarcord e stilisticamente moderno, immediato, morbido, filmico.
    Alfredo ha adottato nell'incipit la tecnica del flash forward, ovvero dell'anticipazione degli avvenimenti che si verificheranno in seguito, e la usa in modo funzionale al romanzo e utilissimo al lettore. Inoltre distilla linfa vitale dal lirismo. Basta pensare al titolo, che deriva dal ragionamento di un bimbo, che da grande vuole diventare astronauta e che non si arrende all'idea che oltre il nostro cielo ci sia il vuoto, per cui immagina tutto il peso dell'universo appoggiato 'sulla schiena del cielo'. I personaggi, contestualizzati in modo da sembrare visibili, sono tutti irrisolti e l'Autore ha spiegato che la scelta è dovuta al paragone con la vita. In fondo siamo tutti parzialmente 'irrisolti'. Bellissime le citazioni delle numerose canzoni, delle quali l'autore è appassionato e, in particolare della "canzone dei Vecchi amanti" di Jacques Brel, dalla quale Alfredo estrapola una frase che mi ha trafitta: "ci vuole talento per invecchiare senza diventare adulti". Un romanzo che si legge in stato di magico surplace, in quanto la levità del nostro amico gli consente di scandagliare gli abissi dell'anima senza giocare a farsi e a farci male...
    Ringrazio di cuore il nostro ospite napoletano, il suo Editore Stefano Giovinazzo (Edizioni della Sera), Roberto, eccelso relatore, Loredana D'Alfonso, raffinata e impeccabile nel ruolo di moderatrice e Federica Sciandivasci, lettrice magnifica!
    Maria Rizzi

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