domenica 3 aprile 2022

MARIA LUISA DANIELE TOFFANIN: "PIER PAOLO PASOLINI - IL VANGELO SECONDO MATTEO"

 

PIER PAOLO PASOLINI – IL VANGELO SECONDO MATTEO

di Maria Luisa Daniele Toffanin

 

 

Nelle celebrazioni di Pasolini per il centenario della sua nascita, traggo dal Quaderno di Praglia n. 36 alcune note critiche sul film “Il Vangelo secondo Matteo” la cui visione è stata condivisa col Cenacolo di Poesia di Praglia Insieme nell’Umano e nel Divino promosso dall’abate Norberto Villa e dalla scrivente. Lo riporto così, pur attualizzato in qualche punto, come omaggio alla poliedrica figura di Pasolini, pietra miliare della cultura del Novecento, antesignano nella ricerca di nuovi linguaggi espressivi, rabdomante inquieto della verità dilatata dal personale all’universale in una volontà di rinnovo quale energia vitale di tutta la sua produzione.

 

Note varie, sparse e confuse mi emergono ora dalla visione lontana del film “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini. Nella rivisitazione integrale del Vangelo, subito colpisce l’interpretazione proposta dal regista, della figura di Gesù: severa, uomo più che Dio, predicatore di un verbo riprodotto con autenticità, rispetto, come la prima voce di un mondo arcaico paleocristiano qui presentato  con austero rigore in ogni dettaglio storico, fisico, espressivo. Opera denigrata ed insieme esaltata dalla critica. In vero immediatamente ti catturano i particolari accorgimenti stilistici adottati dalla sensibilità dell’autore. Infatti nella recitazione risuonano rare parole: sono gli occhi che dicono, colti in continui primi piani. Occhi profondi, espressivi di volti sconosciuti: gente del popolo, perfino amici nella cultura, la madre stessa di Pier Paolo,  interpretedi Maria anziana. Occhi i suoi dallo sguardo intenso che esprime lo straziante  dolore materno per l’atroce morte del figlio e quindi rappresenta i dolori di tutte le madri, di tutte le donne tradite, attualizzando il discorso, violate e offese nel corpo e nell’anima come ora nella terra ucraina. Occhi altri che esprimono ingenuità, stupore autentici di fronte al mistero. Parla pure il paesaggio scabro di Matera o di altri  centri della Basilicata, opportunamente scelti dall’autore per ambientare la sua opera, in una sintonia perfetta con il tutto. È uno sfondo che si sfuma, si dilata, acquista, almeno al mio sentire, toni vari d’ocra, creando un senso di spazio-tempo primordiale. Parla pure il bianco e nero, usato dal regista, che esalta l’essenzialità degli elementi e permette allo spettatore di concentrarsi appunto sulle suggestioni emanate dai comportamenti, dai gesti, da quei volti quasi maschere tragiche, stereotipi della condizione umana di sofferenza degli umili di allora e di sempre. Sintesi, specchio di sentimenti eterni, verità-forza del messaggio evangelico pasolinianamente rivolto agli umili in un sogno sociale di riscatto; forse in una sottesa rivalsa contro il muoversi della chiesa del tempo? Una lettura quindi del Vangelo nella sua purezza originale, senza effetti speciali, ma basata su una comunicazione scarna, raffinata attraverso quelle particolari suggestioni già citate che suggeriscono continue emozioni sull’umana, e per noi divina, esperienza di Gesù, forti, capaci di provocare e commuovere profondamente.

 

Perché in questa narrazione filmica c’è davvero qualcos’altro: c’è del divino e me lo conferma lo stesso Pasoliniin una discussione del 1964: la mia lettura del Vangelo non poteva che essere la lettura di un marxista ma contemporaneamente – ecco perché qui non posso dire né si né no – contemporaneamente serpeggiava in me questo fascino dell’irrazionale, del divino, che domina tutto il Vangelo. Tutto il Vangelo è dominato da questo senso di qualcos’altro, che io come marxista non le posso spiegare e nemmeno lei può spiegare.

 

A questo suo dire facilmente associo la nota illuminata di ArunaVasuded:

Ma il vero successo di questo capolavoro è dovuto alla scelta di Pasolini di affidare il ruolo di Cristo a un giovane studente di letteratura spagnola, Enrique Irazoqui.

Nel miracolo dei pani e dei pesci, quando Cristo moltiplica cinque pagnotte e due pesci in una quantità inesauribile per una moltitudine di persone, egli chiede ai suoi seguaci di attraversare in barca un canale, dicendo loro che li raggiungerà dall’altra parte. Durante il trasbordo, i fedeli vedono uno spettro lontano che si avvicina a loro sull’acqua. Cala il silenzio, il vento svanisce, l’acqua cessa il suo sciabordio, mentre su di essa giocano baluginii luminosi. E si vede Cristo compiere un altro miracolo. La nuda bellezza del campo lungo sulla sagoma di Cristo che cammina sulle acque è rivelatrice. Non solo perché è in grado di rivaleggiare con gli effetti speciali in digitale di qualsiasi film contemporaneo, ma anche perché attira l’attenzione su se stessa all’interno di un’opera il cui approccio, altrimenti, è interamente Neorealistico. Si tratta di un momento sublime”.

 

È questa la grande magia dell’arte che sa mettere a nudo con onestà la verità altra che va oltre…

E qui si può ben concludere queste mie note sparse, con la sintesi, valido contributo di Giovanni Volpi:“Pasolini compie qui una lettura integrale del Vangelo di Matteo che ambienta tra i sassi di Matera che gli permettono, dice, una trasposizione non archeologica del mondo antico nel mondo moderno. Nel Vangelo Pasolini traspone, con sanguinante sincerità e un vissuto senso del sacro, i propri “maligni, cocenti, inafferrabili elementi religiosi”. E lo fa sul filo di una visione paleocristiana che nega ogni fiducia alla Chiesa-Istituzione, recuperando invece valori che sono parte di altre ideologie, prima fra tutte il marxismo. La sua è una religione che vuole parlare ai poveri del mondo, e in essa si fondono passione e ideologia: da cineasta la cui grandezza non è separabile dalle sue idee.

La sua poesia è appunto, alla lettera, vitale e scandaloso messaggio. Il suo Cristo eremita è un violento predicatore di una verità radicale, la sua parola, rigorosamente filologica, s’incarna nella lingua scritta della realtà (è anche il titolo di un suo “saggio eretico”). Il sacro, nella sua inattualità, si fa linguaggio attivo, crudo, ma pure, pasolinianamente, di un originale e colto sincretismo di figurazioni che cerca tra la gente reale il tipo originario rispondente al modello pittorico. Detto in altri termini, moraviani, in Pasolini la realtà si manifesta come cultura. E nel Vangelo produce quel narrare “epico nella povertà e sontuoso nella semplicità” che impressiona”.

 

E si può così attestare che il sacro, nella sua valenza, abita gli anfratti più segreti di ogni anima, allora che l’onestà intellettuale ti permette di riconoscerlo. Docet anche Andrea da Soligo. Ma c’è in quest’ora greve del marzo 2022, chi dissacra brutalmente la vita frantumando ogni senso del sacro. Ma come finale conforto e consolazione ascoltiamo le musiche classiche di Bach, Mozart…, la suggestiva forza dello spiritual e di altri coinvolgenti generi musicali che si diffondono nell’atmosfera cruda del paesaggio, forse accompagnando emotivamente i passaggi più significativi della narrazione filmica. Quasi un modo altro per segnare i volti, i gesti dei protagonisti in una compartecipazione intima al messaggio evangelico, all’umano dolore. E ancora qui il discorso può allargarsi all’infinito come accade ai grandi capolavori che così acquistano il sigillo della bellezza e dell’eternità dell’arte.

 

 

2 commenti:

  1. Una pagina di rara incontaminata folgorante bellezza, Marisa. Torni a parlarci di Pier Paolo Pasolini, il regista, scrittore e Poeta corsaro, che la cultura sta riscoprendo con un ritardo colpevole e ci presenti nel modo migliore uno dei suoi capolavori, ovvero "Il Vangelo secondo Matteo", un film che dopo 50 anni è stato riabilitato dalla chiesa. Amica cara, metti in evidenza il Gesù carico di tristezza e di solitudine, in cui Pasolini riversava la sua 'nostalgia del mitico, dell'epico, del tragico', per usare le sue parole. Una nostalgia o una resistenza che si contrapponevano a quel che odiava del suo tempo: grigiore cinico e brutalità pratica, disponibilità al compromesso e al conformismo. Un tempo che non amava, al quale si opponeva in una tensione continua fra nostalgia e profezia e contro il quale evocava "la scandalosa forza rivoluzionaria del passato". Ti avvali dell'illuminante contributo di Giovanni Volpi e scrivi:“Pasolini compie qui una lettura integrale del Vangelo di Matteo che ambienta tra i sassi di Matera che gli permettono, una trasposizione non archeologica del mondo antico nel mondo moderno. Nel Vangelo Pasolini traspone, con sanguinante sincerità e un vissuto senso del sacro, i propri “maligni, cocenti, inafferrabili elementi religiosi”. Il film lo guardi oggi, d'altronde lo stanno proiettando in alcune sale... e con la tua sensibilità straordinaria parli del tempo che ci tocca in sorte, del marzo 2022 che nulla ha di sacro, che celebra un'ulteriore, inimmaginabile sconfitta di noi uomini. Suggerisci "le musiche classiche di Bach, Mozart, la suggestiva forza dello spiritual e di altri coinvolgenti generi musicali che si diffondono nell’atmosfera cruda del paesaggio, forse accompagnando emotivamente i passaggi più significativi della narrazione filmica." e cerchi un antidoto, una risposta, una forma di salvezza. Ti ringrazio, Marisa. Mi sono commossa. Ti stringo al cuore insieme al nostro Capitano, che legge oltre le parole e le miserie del mondo.

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  2. Grazie, carissima Maria, della tua sentita e puntuale partecipazione. Sei unica nel condividere le parole dell'altro arricchendole delle tue conoscenze e rendendole preziose con la sensibilità della tua lettura. Ti sono grata immensamente di questo esserci insieme in eventi culturali di grande spessore umano e artistico. Con grande affetto, Marisa

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