La saga degli ulivi
La saga degli ulivi mi racconta
storie vissute alle lame di un sole
che spacca la terra. E dei ritorni
a mari che fragravano di voglie
di spazi aperti ai margini di un fiume.
Naviga l’uomo strinto alle sartie
di legni scricchiolanti in balia
di venti fedifraghi a promesse.
Si schiodano dagli antri delle Murge
tempi sepolti che tornano a galla
per dirci di guerrieri d’oltre mare;
per raccontare schegge di battaglie
su terre seccate dal cielo. Bisbigliano
le donne coperte di nero
nell’attesa di un arrivo all’orizzonte.
Ancora i tuoi castelli imperatore
sfidano le ferite degli ulivi
che cantano al grecale. Quelle note
esperte di un millennio
parlottano di amori cortigiani e con i falchi
volano indifferenti al treno che strèpe.
Piazza Belvedere
Piazza Belvedere, a sera, sul gradino
stavo disteso immaginando il cielo
e i sogni con voli fittizi senza esito
rischiavano sconfini,
gli stessi che fuggivo da bambino
nascosto nell’ombra di notte
per paura dei grovigli dell’azzurro.
Ficcavo la testa nell’erba
che ricordava profumi:
l’odore stridente del grano,
delle pesche giallo-luna appese al blu,
degli aghi di un pino sopra la cimasa.
Ronzava in sordina la fiaba
di un eroe che sconfiggeva le distanze.
Stasera mi sono disteso
sul gradino di piazza Belvedere;
ho sperso lo sguardo tra le stelle
annusando l’odore di gramigna:
strade bianche di polvere tra i cipressi,
chicchi di maggio a gonfiare le spighe,
spolveri perla dai rami degli ulivi
a spiovere sull’ocra di giunchiglie.
Ho ritrovato i brividi del vuoto
sillabando una fiaba nella mente.
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