mercoledì 22 giugno 2011

Prefazione a "Metà strada" di Enzo Gaia

Prefazione
a
                                  A metà strada
                                                           di
                                                   Enzo Gaia

  

Mi piace esordire dai versi della prima poesia della silloge A metà strada per mettere in chiaro, se così si può dire, e la struttura poetica e il filare dei contenuti che fortemente simbolici cercano di ampliare, slargare gli episodi della vita verso prospettive o aspettazioni sapientemente e ironicamente duttili. “Mutare il tramonto in poesia a volte pare proprio una follia” Cambiare i tramonti per vedervi profonde e intime insoluzioni è proprio dei poeti, seppur follia, ma forse proprio loro hanno quel superlativo potere di dare il colore ai suoni “Come il pittore / che sulla tela dipinge / il colore del vento.” Autoritratto Da qui lo stupendo “errore” degli artisti di non arrendersi alla realtà, ma di volervi vedere qualcosa di più foscolianamente appagante, di volerla leggere con un registro di lettura che la svincoli dalle ristrettezze nelle quali l’uomo si trova vincolato per natura. “Ed al computer / senza fantasia / a quarant’anni si vede ormai costretto” Canto notturno E tutti gli ingredienti di una poetica reale e realistica si succedono in un significante a volte più nascosto a volte più aperto e spietato. “Plasmare dal nulla i pensieri” “Ho un dubbio forse ho sbagliato sapone” “Dove trovare il sicomòro / sopra i rami del quale / arrampicarsi?” “Ed anche la morte...per l’uomo che crede è già vita” “Ben presto il mondo ancóra si accapiglia / e la bontà rimane un’utopia”. Per Leopardi (secondo Binni) la poesia riecheggia la brama umana dell’infinito. Per E. A. Poe “la creazione ritmica della bellezza”. Per Hesse (nel “Il mio credo”) “la pittura dal di dentro in fuori in una atmosfera di arcana sospensione in cui colore e parola si scorporano in astratta musicalità”. Per Th. Eliot il compito del poeta “non è quello di trovare nuove emozioni, ma di usare quelle comuni e di esprimere, trasformandoli in poesia, sentimenti che non si trovano nelle emozioni vere e proprie”. Fine umorismo inglese secondo cui il mistero di quest’arte, come quello dell’universo, è per lo più impenetrabile anche per la poetica; ma che non debba servire a mistificare contenuti con giuochi rocamboleschi, linguaggi astrusi, e oberati da orpelli, forse è un fatto accertato. E qualsiasi argomento si accinga ad affrontare o qualsiasi sentimento voglia esprimere, credo lo debba fare soprattutto con l’intenzione di mettere una platea nella possibilità di recepirli agevolmente, ricorrendo a figure che nascano e si sviluppino con naturalezza e con lo scopo di offrire colorito ed ausilio, e non confusione al messaggio poetico. Perché tutto questo. Non è certamente un fuoriprogramma se riferito al Nostro. La grande virtù di Gaia è quella di partire dal contatto diretto delle cose della vita e della quotidianità per collocare comunque le sue aspirazioni non tanto in speranze escatologiche, quanto in valori basilari e di portata umana quali quelli dell’autenticità dell’amicizia, da rafforzare soprattutto nei momenti di rischio. “Rimani ancora / ho catturato per te / una cometa / davvero più facile / sarà il nostro cammino.” Lirica per un amico. E la metafora “Questa sera / urla forte / l’uragano della mia / esistenza.” rende più incisivo e intenso il forte afflato di un recupero o di un eventuale potenziamento “Giochiamo insieme / affronteremo a viso aperto / la notte / e grideremo alla luna / la nostra voglia di vita” Positiva quindi la poesia di Gaia, come il suo dire che si distende ora veloce e scattante, ora più quieto, ma pur sempre chiaro e sintonizzato a pizzicare le corde di uno strumento che emetta note di alta sinfonia. E anche se non poco lo aiutano le allitterazioni, la pratica di una moderna rima interna, e di una sapiente utilizzazione metrica, pur sempre permane quel mistero di Heliot che Gaia sembra fare suo. “E se qualcuno, infine / ti chiamerà poeta / resta in silenzio / senza replicare: / accade spesso all’uomo / di...sbagliare.”

 
Nazario Pardini

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