Claudio Fiorentini collaboratore di Léucade |
RECENSIONE
A CURA DI CLAUDIO FIORENTINI
COLLABORATORE DI LÈUCADE
Marco Mastrilli: IMPRONTE SULL'ACQUA. Meditando la poesia. Kairòs Edizioni. 2014
La trasparenza di un velo delicato,
controluce, controvento e contro il silenzio, lascia passare tutto senza far
passare nulla. Passa la luce, il calore, il vento e il rumore, eppure non sono
gli stessi di prima del velo, qualcosa è stato filtrato, qualcosa è rimasto
fuori, come se un velo inutile fosse in grado di togliere il brusio dal rumore,
i colori dai riflessi, le carezze del vento dal vento… strano, il velo,
delicato, filtra le cose belle, come se volesse tenersele per sé, lasciando a
chi è dall’altra parte il lato sporco della vita. Ma il velo, quel velo
delicato non conta nulla, è sottile, chiaro, trasparente, si piega ai capricci
del vento quando è tenuto dall’alto, e si oppone con tutte le sue forze al suo
passaggio quando è su un telaio. Il velo, andrebbe rotto, andrebbe lacerato,
punito per tutte le cose belle che tiene per sé… ma è lì, immaterialmente vero
e vivo, a separare l’anima dall’esistenza.
Marco lo sa bene, e sa anche che non
può romperlo, occorre semmai capirne il senso, addomesticare i propri sensi
alla sua impietosa presenza. Quindi ricorre all’intuito: ciò che non posso
vedere, ascoltare, toccare e odorare, lo posso intuire, perché so che è lì,
dietro il velo. Addomesticando i sensi posso andare oltre il velo senza infrangerlo,
posso capire il colore che non vedo, ascoltare il brusio nel rumore, sentire il
profumo nell’odore e toccare qualcosa pur stando lontano.
Impronte sull’acqua, sottotitolato meditando la poesia, riesce a catturare questa visione del mondo e, pur non avendo la presunzione di insegnar nulla, la riproduce, la ripropone, e permette al lettore di aver voglia di veder cosa c’è oltre quel velo, perché qualcosa c’è.
Impronte sull’acqua, sottotitolato meditando la poesia, riesce a catturare questa visione del mondo e, pur non avendo la presunzione di insegnar nulla, la riproduce, la ripropone, e permette al lettore di aver voglia di veder cosa c’è oltre quel velo, perché qualcosa c’è.
Quindi, con il giusto atteggiamento
mentale, le parole e i silenzi si alternano dando un verso alla meditazione,
colta nella poesia, e scopriamo che pur apparendo breve e semplice, questo
libro è profondo e trova spunto nella conoscenza, o nella voglia di conoscenza,
di ciò che non si vede, ma si intuisce, e che anima le cose, la gente, la vita,
che anima… l’anima!
Marco cerca l’anima, e sa che deve
rinunciare a ninnoli e orpelli, ma non li rifiuta, del resto è un uomo come
noi, come tanti. Ciò che lo differenzia è il suo rapporto con la frenesia
dell’apparire, a cui non cede, contro la quale lotta ogni giorno, perché oltre
il velo c’è qualcosa di così bello e profondo che non si può ignorare. Ma
occorre conoscere il velo, sapere che i sensi possono andare oltre il velo,
sapere che le sensazioni possono crescere, sebbene siano sempre le stesse.
Non a caso Marco inizia il suo percorso
poetico dicendo:
chiudo gli occhi fuori
e li spalanco dentro.
Il verso libero, semplice, senza grosse
elaborazioni, si fa portatore di significati grandi, pesanti, immensi… e se i
versi sembrano carezze, il messaggio è un trampolino su un baratro. Come in
impronte sull’acqua:
inspirando
divento
un sasso
che
scivola verso il fondo, lentamente, dolcemente
inesorabilmente
e
faccio cerchi in superficie che però non restano
non
si allontanano
ma
vengono verso di me
e
io li accolgo.
Il nulla, la relatività dell’esistenza,
il sasso che cade in acqua, rigido e immutabile, le onde che formano cerchi
concentrici, e un uomo che le guarda, e se una parte si allontana, la parte
opposta si avvicina, ma è pur sempre una stessa onda.
Espirando
Avverto
il piacere del silenzio
E
colgo l’insegnamento di chi mi ha parlato attraverso la lingua del pianto
Che
poi è la mia prima voce.
Ecco la consapevolezza di essere nato,
e piangendo mandare il primo messaggio all’universo “ecco, sono qui, respiro”,
e quella voce ritrovata è la stessa che insegna il silenzio, perché nulla
comunica più del pianto, di quel pianto, puro e nuovo, al mondo.
Non
mi piace guardare una fine
Né
immaginare un principio
E
allora mi fermo lì
Poi
inizio
Dal
qui e ora.
Cos’altro ci è dato vivere se non il
qui e ora? Se non l’istante infinitesimo che diviene sempre, che cambia, che si
avvicina sempre di più verso quell che credevamo futuro, e che si rifiuta di
diventare passato, perché questo è il punto, il qui e ora si protende verso il
futuro, ma non è passato, non passa mai, è qui, e ora, sempre. E dal qui e ora,
si inizia ogni momento della vita. Sempre.
Respiro,
sorrido.
Osservo
il fiorire
Lasciando
indelebili impronte sull’acqua.
L’immagine delle impronte sull’acqua è
un delicato richiamo all’impossibile, o all’improbabile… eppure il nostro
passaggio sulla terra è così effimero che potrebbe essere paragonato a impronte
sull’acqua, qualcosa che non dura, che non esiste. Solo il vento scava le sue
impronte sull’acqua, ma non persistono, si muovono, cambiano. E allora forse il
nostro passaggio sulla terra è come un soffio di vento, e l’impronta che
lasciamo è un’onda che ora c’è, ma presto prenderà altre forme.
Fu
scegliendo i fiori che incontrai il profumo.
Sembra ovvio, ma non lo è. L’incontro
con il profumo è quell’accorgersi di essere vivi, presenti con tutti i cinque
sensi al miracolo dell’attimo. Il profumo, che si scopre, è un risveglio. Sei
qui ora, e tutto quello che ti circonda lo hai invitato a prender parte al tuo
passare sulla terra, per goderne la bellezza, i profumi, i colori…
Era
un pomeriggio di ghiaccio
Pieno
di grigie goccioline
Pieno
di rami all’ingiù.
Le
goccioline grigie, sui petali, sulle foglie, sono piccoli specchi emisferici,
sono coccinelle incolori, sono tensione superficiale, sono così belle e così
fragili che a toccarle non ce se ne accorge neanche. Eppure sono un globo di
bellezza, un occhio tremante sul mondo dove noi possiamo specchiarci deformati
e per intero.
E quelle gocce sono anche lacrime, e
queste vengono dall’anima, quando si parla con il mistero dietro il velo.
Ma al di qua del velo c’è pur sempre
vita, ed è intera, sana, completa, e va vissuta, colta, collezionata.
Nella
mia vita segreta colleziono foglie.
Foglie
mai cadute, ma prese mentre volteggiano.
Sospinte
dal vento.
Attratte
dalla terra.
Abbandonate
dagli alberi.
Non può essere altrimenti.
Le foglie vanno colte prima che cadano, per far nostro il loro volo. Le foglie volano senza saperlo, e il volo è l’ultimo slancio di vita. Sono cresciute sul ramo per staccarsi e volare. Una volta per terra non sono altro che concime e poltiglia, semplicemente non sono più vive. Per questo:
Le foglie vanno colte prima che cadano, per far nostro il loro volo. Le foglie volano senza saperlo, e il volo è l’ultimo slancio di vita. Sono cresciute sul ramo per staccarsi e volare. Una volta per terra non sono altro che concime e poltiglia, semplicemente non sono più vive. Per questo:
non
potevo non prenderti
eri
l’unica foglia che sapeva volare.
Tu
non lo sapevi, io sì.
Claudio Fiorentini
Non ho letto il libro di Marco e spero di poter presto colmare questa lacuna. La presentazione che ne fa Claudio è superba e particolarmente intrigante. Sono attratto, calamitato, da quei due versi in cui credo si racchiuda l'intera poetica di "Impronte sull'acqua": "chiudo gli occhi fuori / e li spalanco dentro". E' il vuoto mentale da cui bisogna necessariamente partire per trovare nuova linfa vitale. E' il silenzio che occorre coltivare per cercare nuovi percorsi di civiltà.
RispondiEliminaFranco Campegiani