mercoledì 9 settembre 2015

LORENA TURRI: LETTURA DI "TU ERI PER ME..." DI M. DONTE


Lorena Turri collaboratrice di Lèucade



Mi è capitato di leggere la lirica " Tu eri per me una dolce e acuta spina"di Maurizio Donte tratta dalla silloge (ancora) inedita "Nell'incanto" di cui il Nostro professor Nazario Pardini ci ha già dato una sua autorevole lettura critica:
http://nazariopardini.blogspot.it/2015/07/nellincanto-selezione-silloge-per.html
Ho trovato originale e interessante l'impianto formale utilizzato dall'autore.
Lo schema metrico AbCd dCbA AbC CbA aDD mi riconduce ad una forma nuova di sonetto.
L'alternarsi di versi endecasillabi e versi settenari lungo tutto il testo fanno pensare ad un mix di sonetto classico e sonetto minore e l'ultima terzina ad una cauda. Inoltre è da notare la specularità delle rime.
A mio leggere siamo quindi  di fronte ad una invenzione di forma degna di nota, una innovazione del sonetto anche abbastanza agevole da riprodurre a cui, per ora, non so trovare un nome.
Non ritengo questo lavoro un mero virtuosismo ma, anzi, una forma di ricerca sperimentale che soltanto chi ha acquisito una certa padronanza della creazione metrica è in grado di svolgere.
So bene che in tempi in cui "il dolce stile eterno" è dai più deprecato o quantomeno relegato a una sottospecie desueta di poesia, a qualcosa di anacronistico e di passato, nemmeno vintage, soffermarsi sull'analisi tecnica di un testo in metrica sembri inutile e fine a se stesso.
Per me non lo è. La metrica è uno strumento della poesia, così come lo sono la grammatica, la sintassi, il lessico. Non è la Poesia. E non si può prescindere dagli strumenti per creare un'opera d'arte, in ogni caso.
La Poesia, a mio vedere, o meglio, sentire, è una sostanza vitale informe. Vitale perché se il poeta non ne sentisse il bisogno non avrebbe ragione di scriverla e persino chi non sa scriverla sente il bisogno, comunque, di nutrirsene leggendola, e informe perché la poesia è sostanza di pensiero e sentimento.
Un pensiero poetico, affinché si trasformi in poesia scritta, deve assumere una forma. E' come l'acqua, insomma. Sostanza vitale che assume la forma del suo contenitore.
Come per l'acqua, anche per la poesia i contenitori sono svariati: piccoli, medi, grandi, di forma geometrica, precisa, di forma bizzarra, più libera e così via.
In virtù di questo, non si possono condannare le forme metriche, strutturate e di impronta classica. Credo, invece, che anche ai giorni nostri possa convivere perfettamente con altre forme cosidette moderne, sperimentali e/o avanguardiste, quantomeno come genere. E un buon critico dovrebbe saper obiettivamente apprezzare le une e le altre forme purchè al loro interno riconosca il fluido poetico.
Un modo per continuare, nella modernità,  il percorso iniziato dai nostri Padri Poeti, è proprio quello di ricercare nuove forme, nuovi contenitori  in cui immettere la materia liquida della poesia.
Per questo apprezzo il lavoro del Nostro autore che è riuscito a compiere con questa lirica.
E vorrei aggiungere anche una mia particolare lettura della stessa, che non si è fermata solo  alla struttura metrica. Scavando tra i versi, infatti, ho notato una sorprendente particolarità: leggendo il testo omettendo i settenari si ottiene un altro testo tutto in endecasillabi e anch'esso a schema metrico preciso, ovvero ABBA ABBA CC, che potrebbe intendersi un Madrigale. Dunque, una "poesia nella poesia".
Non credo che ciò sia un puro virtuosismo e che Maurizio abbia di proposito architettato tutto ciò. Credo invece sia  il frutto di una assimilazione strumentale che fa sì che ciò che è apparentemente artificioso diventi assolutamente naturale.
Complimenti, quindi, per questa bella prova.



TU ERI PER ME UNA DOLCE E ACUTA SPINA
 (di Maurizio Donte)

Io lo so di che fiamma mi bruciavi:
come ardere d'un rovo
era per me il tuo dire, acuta spina
il tenero sorriso

che ti muoveva il viso
e il lampo d'occhi, brace che rovina.
Tu, di dolore covo,
al vibrar della luce che evocavi

attorno, mentre il cuore mi graffiavi.
Si leva un vento nuovo
nell'aria fredda d'ombrosa mattina

e lento viene il mal che m'assassina.
Amore più non trovo
e non tornano gli attimi soävi,

eppure tu mi amavi,
prima che te ne andassi all'improvviso,
lasciando in me morire il Paradiso.



MADRIGALE da me rinvenuto all'interno della lirica leggendo di seguito solo i versi endecasillabi:

(Io lo so di che fiamma mi bruciavi)

Era per me il tuo dire, acuta spina
e il lampo d'occhi, brace che rovina
al vibrar della luce che evocavi
attorno, mentre il cuore mi graffiavi
nell'aria fredda d'ombrosa mattina.

E lento viene il mal che m'assassina
e non tornano gli attimi soävi.

(prima che te ne andassi all'improvviso,
lasciando in me morire il Paradiso.)

Lorena Turri


2 commenti:

  1. Commosso e felice, per tanto onore e stima, ringrazio Lorena Turri, la mia maestra e il Professor Pardini, di questa preziosa vetrina sulla quale generosamente di frequente m'accoglie.

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  2. Non era intenzionale, il madrigale nascosto dentro il sonetto, quando Lorena me l'ha fatto notare, sono rimasto sorpreso. Però è vero: ABBA ABBA CC, è schema da madrigale, senza dubbio.

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