martedì 8 settembre 2020

ENZO CONCARDI LEGGE: "SALITA E SIMILI - 28 NOVEMBRE" DI GABRIELLA VESCHI


GABRIELLA VESCHI
“SALITA E SIMILI – 28 NOVEMBRE”

Recensione di Enzo Concardi
  
In questa silloge l’anconetana Gabriella Veschi sussurra liriche che ci prendono per mano onde condurci nel suo mondo, tra attaccamento alla sua città e al suo mare, delicatezza di affetti domestici, paesaggi dipinti dolcemente, tracce lievi di esistenzialismo onirico e reale, incursioni nella società contemporanea, condizione sociale della donna, frammenti memoriali della trascorsa vita nel mondo scolastico e affermazione della libertà come valore assoluto, fino ad affermare: sono “prigioniera di me stessa ... ma la mia Prigionia / è la mia / Libertà”. Il libro è suddiviso in due parti. La prima parte, Salita e simili, contiene prevalentemente poesie ispirate e dedicate ad Ancona, con accenti intimistici; la seconda, 28 novembre (riferimento cronologico criptico, poiché non è svelato il legame con qualche accadimento), apre invece maggiormente lo sguardo sulla realtà odierna, con valenze più oggettive.
Come Saba in Trieste (“Ho attraversata tutta la città. / Poi ho salito un’erta, / popolosa in principio, in là deserta, / chiusa da un muricciolo /…/ Intorno / circola ad ogni cosa // un’aria strana / un’aria tormentosa / ...”) la poetessa esprime un sentimento sincero, ma non privo di contraddizioni, per la città natia, in cui non mancano quindi le tinte contrastanti degli ossimori e delle sinestesie analogiche. Anche in Salita c’è un’erta sulla quale ella s’inerpica curiosa di sapere dove porterà, ma resterà delusa: in cima non c’è che un piccolo vicolo, il Vicolo della Storta. L’amara sorpresa potrebbe essere metafora di tutte le attese deluse della vita, tanto più cocenti quanto più era stato grande l’investimento affettivo e il nome del vicolo potrebbe racchiudere una sottile quanto beffarda ironia. Colle Guasco è invece una contemplazione lineare ed armoniosa della città marchigiana, dove il paesaggio è interpretato come collage impreziosito soprattutto dai rioni antichi: “Bella la mia città, / quando il Duomo / da lontano / appare / e il mare l’inonda / d’azzurro”. Piazza Cavour e Nella baia di Portonovo paiono possedere una struttura simile all’idillio leopardiano, in cui dopo il canto paesistico subentra la riflessione esistenziale, qui alquanto breve ma intensa e diretta: una “strana solitudine” aleggia in quella piazza pur assolata, ma dove s’invera un “lento cammino senza più ritorno”, e le barche a vela in quella baia scompaiono come soggetti “in bilico tra la vita e la morte”. Sono evidenti i richiami al senso del destino umano, tratteggiato tuttavia con immagini fugaci e rarefatte, quasi come ad avvolgere la realtà di ombre e nebbie che offuscano la ricerca della verità. Ancona è anche la città dove la terra può tremare, ed ecco allora Esorcismo, lirica che esprime le angosce dell’autrice nel descrivere una notte passata in compagnia del terremoto.
 “Occhi di ardesia, / guance di seta rosa, / bocche di rugiada, / volti d’oro scolpito, / voci argentee, / i doni più preziosi / che la vita / mi ha dato” (Figli): ecco gli otto versi che esemplificano alla perfezione la poesia dei sentimenti familiari di Gabriella Veschi, ai quali vanno aggiunti i testi di Una ragazza speciale e di Ciò che basta. Soavità paesaggistiche sono colte Al tramonto (fruscii di vento, canne di bambù ondeggianti, orizzonte rosseggiante verso la soglia della notte …) e in Giochi di luce (il cielo, l’orizzonte accolgono i riverberi luminosi in arabeschi magici...). Se leggiamo invece poesie come Presagio, Atarassia, In corsia, si riaffacciano i chiaroscuri, i contrasti, le dicotomie di una realtà tutt’altro che armonica e serena: presagio della morte su un volto di luce; pace e quiete nel sogno, ma al risveglio c’è un’assenza; esperienza del dolore, uomini come numeri, soli, inutili e poi un’insolita quiete. Il suo mosaico d’incastri crea intrecci tra l’io e il mondo, in una continua altalena di dentro e fuori psicologici ed emozionali: ora i riflettori s’accendono sul Ventunesimo secolo, abitato da un’insensata umanità in cui non si riconosce; oltre la riflessione sosta su donne mussulmane, senza diritti, senza libertà, nell’indifferenza di chi non capisce (Donne); oppure la memoria prende il sopravvento se s’accendono bagliori sul suo passato d’insegnante (La ballata del gessetto, Gita scolastica a Frasassi) e l’amore per il suo mare, il mare Adriatico, le fa dire: “Sono una donna / infelice / senza di te”; “Per gli altri sei / una grande pozzanghera /…/ Per me sei l’immensità”. L’estetica s’avvale d’uno stile sobrio, senza ricercatezze di linguaggio, ma sa creare atmosfere e ambientazioni accattivanti con la sintesi del verso e dei concetti.

Enzo Concardi

Gabriella Veschi. Salita e simili - 28 novembre. Casa Editrice Italic, 2020, € 8,00.


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