Elisabetta
Bagli. Le nostre due anime. Il
Convivio Editore. Castiglione di Sicilia. 2017
Una
silloge carica di emozione e di creatività poetica dedicata a Elizabett Barrett Browning, come dal titolo (Le
nostre due anime) e da esergo (la
bellezza della forza, il sapore del coraggio). Una silloge zeppa di pathos
e di energia che ci dice di vicinanze emotivo-strutturali ispirate alla poetica
della scrittrice, alla quale è dedicata l’opera. Una poesia agile, snella, di
vita, di amore, di memorie, di echi. Una poesia apodittica attiva e fattiva che
ben reifica sentimenti, passione ed emozioni che trovano la sede giusta in una
versificazione asciutta e scorrevole. C’è il mare, il sogno, le ali; e c’è la
parola che affianca con franchezza visiva i moti dell’anima. Una
poesia che vive di ritorni emotivi, di contrapposizioni di natura eraclitea,
dove tutto scorre ma con dialettica dicotomica, con vicende contrastanti, con
ossimoriche conturbazioni, con un amore che traccia le varie articolazioni nel
corso della sua vicenda esistenziale. La silloge inizia con una dedica alla
“MIA PICCOLA PORTOGHESE” (Elisabeth Barrett Browning), che mette da subito in
evidenza lo stile, la forza rappresentativa, e la musicalità del dettato lirico: “S’io fossi ape, o Musa/ qual
nobil messaggera,/ ti insegnerei a cantare/ tra l’onde luminose,/ saziando
terra e cielo/ col nettare divino/ che nell’infanzia fu/ alimento e sacra
sorte/ di Zeus al monte Ida…”, dove una serie ininterrotta di settenari di
piacevole assonanza dà armonia al
correre del verso, mettendo in chiaro la maestria verbale e consonantica della
poetessa; un gioco di iuncturae di valenza narrativa. Nel corso del “poema” la
poetessa affronta varie tematiche, e tante le chiavi di lettura a cui ci
possiamo affidare per affondare la lama nella polpa del prosieguo e capirne,
così, il succo a livello contenutistico-formale. Di sicuro una silloge
polisemica, proteiforme, articolata, dove la vita, con tutta la sua entità
ontologica, dispiega i suoi tratti fondanti: l’amore in prima linea, in tutte le
sue angolature epigrammatiche: “Dimmi, amore mio,/riesci a sentire le note/
della nostra canzone?/a vivere nella distanza/la luce e le sue sfumature?...”
(Battito); la vastità del mare: “Il mare mi racconta di te,/di come le sue
gocce/ imperlano i tuoi piedi/e il loro bacio li rende vivi…” (Il mare); il
cuore: “Il tuo cuore/ è cucito al mio/ come la pelle/ che unisce i toraci/
aperti nella furia/ di un effimero abbraccio…” (Il tuo cuore); l’assenza: “Non voglio estate senza te,/senza
l’amore sul fieno/ e le mani assetate…” (Non senza te); la luna: “…e la luna
racconta/di baci lungo i muri/e corpi nudi e veri…” (E la luna racconta);
dimenticanze: “Uccelli notturni/si rincorrono nel cielo,/coprendo il volto
della luna./ /Colpevole sono io/ di questo gioco al massacro,/in cui il mio
viso ferito/ porta i solchi insanguinati/ del tuo rifiuto/ / Finirò i miei
giorni/dimenticandoti” (Dimenticandoti); la scala: “In cima alla scala buia/
dove la tristezza mi asfissia/ ricordo i tuoi occhi penetranti,…” (La scala); le
similitudini concretizzate in abbrivi panici: “Siamo latte e miele, vita
mia!/Come la terra e il Paradiso,/come la Luna ei Sole,/il Giorno e la Notte…”
(Milk Lennon e Yoko Ono); la notte: “Sulle sponde della notte/ sogno il bianco
del giorno,/armonica luce riempie miei
deliri/ nell’invitante oscurità…” (Sulle sponde della notte); il pianto: “Ti ho visto piangere/mentre i tuoi
occhi/ cercavano quell’abbraccio/che non ho saputo darti/e che ora ti darei…”
(Ti ho visto); le parole: “Incessante la pioggia/ sul vetro mente ti
penso./L’esplosione delle tue parole/implode dentro me…” (Pioggia di
parole); ritorni: “Ascolto il tuo
canto/ e torno da lontano/ a riveder le stelle/illuminare il mio corpo…” (Torno da te); la passione
erotica: “Spogliami e guardami/ con occhi arsi d’amore./ Baciami e accarezza il
mio seno/ con mani e occhi di brace./Stringi le mie corde di lino/ e gettami
nella tempesta…” (Tra le lenzuola); fino
a i ricordi: “… D’improvviso,/ il sorriso della mente/cede il passo/al pianto e
alla sottile/ speranza di ritrovare/ il volto amato, proprio lì,/in fondo al
lago” (Ricordi); e la Seine: “Sto morendo/ e non smetto di
pensare a te,/ al tuo sorriso, ai tuoi baci…// Je meures pour toi…/parce que tu
me manques…” (La Seine). Un erotismo che
cerca convalida concretizzante in corpi disseminati nel corso del “poema”:
notte, giorno, casa, pioggia, stelle, ali, seme, germogli… Ma tutto assegnato
ad una versificazione che si amplifica o
si riduce, che si fa ipertrofica o ipotrofica, per contenere i tanti sobbalzi
emotivi di un‘anima in braccio ai dettami apollinei. Sta qui il fascino di
questa silloge, sta nella combinazione
di sentimento e verbo, di dire e sentire, di un cuore in stato di grazia che
trova nella parola la valvola di scarico
del suo patema. Io parlerei più di
realismo lirico che di romanticismo. Di sicuro poesia che si collega alla
nostra tradizione petrarchesca più che alle rivoluzioni di positura prosastica
che tanti danni hanno fatto e continuano a fare. Anche se questo canto sfiora i
tratti di un canzoniere che richiamano non di rado sfondi romantici alla Vigny:
“Torno da te/ e mi immergo nella tua luce”.
Nazario Pardini
Ringrazio infinitamente il Prof. Pardini per questa sua meravigliosa lettura della mia silloge. Grazie di cuore.
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