PARDINI
"OMERICO"
(Nausicaa e Ulisse sul Serchio)
di Marco dei Ferrari collaboratore di Lèucade
Il
contrasto del contrario caratterizza questa visione onirica di Nazario Pardini.
I "rovi"
di fosche pinete accolgono fanciulle (nausichee) di una gaia leggerezza; la foce
di un fiume (il Serchio) tranquillo a fronte di naufraghi provati dalla furia
del mare; fanciulle nude giocano sulla spiaggia e l'Ulisse reduce, coperto da
una semplice frasca, si addormenta spossato dal naufragio.
È un'invisibile
"trama" di "opposte" visioni che il Poeta compendia in uno
scenario di omerica discendenza, ma non dipendenza.
Perché
Pardini ricama le immagini con liricismo essenziale ed avvincente incoronando la
fluidità del paesaggio naturale nella forza impressionante della corporeità (il
fisico di Ulisse scolpito dai salmastri... le forme tondeggianti dei glutei...)
sino alla compressione amorosa nel brivido della sorpresa di entrambi i
protagonisti (Ulisse - Nausicaa).
Amore
e bellezza; Natura e armonia sono i capisaldi essenziali di questo mosaico di
immagini: il Poeta trova una spazialità di atmosfere espressive oltre qualsiasi
codice di indirizzo e raggiunge la verticistica auto-referenzialità immaginifica
nel percorso il più controverso e complesso.
Infatti
non è la conformità poetico-narrativa a conquistare la "trama" e la
sua verità onirica (di matrice omerica), ma è il conflitto interiorizzato e
sostanziato in una valenza materica a conseguire l'obiettivo primario della "contrarietà
uniforme".
Il
tracciato di Pardini si elabora dunque nel profilo impressivo dei protagonisti
che si stenta a distinguere dai flussi energetici della Natura: la placidità
del Serchio; le grida delle Fanciulle; la bizza itinerante della palla che
finalizza il gioco a scoprire i corpi nascosti e dormienti dei naufraghi; la
liberatoria dagli affanni di Ulisse che solo la Rocca dei Feaci può consentire;
nell'amplessità annunciata dagli occhi scintillanti di Nausicaa...
Il
contesto/complesso dei richiami rielabora la difficoltà esistenziale in una
sorprendente visione di graziosa armonicità di passione inarrestabile ed
invincibile che trova nei "volti protagonisti" la sua chiave
interpretante.
I
corpi si avvicinano per annullarsi, il Poeta si supera liricamente nel "risveglio"
di tutto il narrato e le fughe si trasformano in sosta di piacere che gli Dei
protettori consentono e favoriscono.
Ma
la differenze dimensionali persistono e Pardini, nella sua ascensione spirituale,
modifica l'espressionalità in "essere", modulando il ritmo poetico-narrante
per cogliere con particolare sensibilità la profondità dei fenomeni/flussi.
E'
il ritorno di ogni risveglio immaginifico: la rocca dei Feaci ne è il nuovo
inizio; il Poeta ammirato di tale metamorfosi in divenire coglie la "divinità"
nello stupore complessivo del narrato esistente.
La
Natura, le ragazze, Nausicaa, Ulisse, i naufraghi, sono folgorati dalla
concessione generosa dell'attimo sorprendente che sorride al pericolo scampato
(l'urlo... il naufragio) e ne allontana gli effetti nello splendore della
giovinezza che predomina la multidimensione scenica.
Le
"metamorfosi" di Pardini
si completano e sono sigillate proprio in queste "rive" del Serchio
che ora abbandona il "mare" tempestoso; nell'urlo delle ragazze che
si tramuta in "inno" alla gioia e alla speranza; nel mondo "fittizio"
del sé poetico che si evidenzia realtà concreta e determinante per questa
scelta onirica; nel "tempo" che non è presenza opprimente, ma "splendore"
di anni da viversi...
Il "sogno"
del Poeta si abbandona alla "sublimazione" ontologica della trama
alimentandone pulsioni poli-esistenziali che percorrono e precorrono ogni
temporalità trasformandone presenzialità, spazialità, convergenze.
Ulisse
e Nausicaa non sono più i "personaggi" trainanti, ma tutto il
"contesto filosofico" del Poeta riassume la propria essenzialità
artistica di "guida" interiore in una delicata prova etica di visione
quasi "arcadica".
Ora Omero appartiene al passato, Pardini ne interpreta e commenta "simbolicamente" la transitorietà presente in una linearità permanente.
Marco
dei Ferrari
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