Il poeta Francesco (Maria) Mecarolo si è spento pochi
giorni fa. Negli ultimi 30 anni era diventato schivo, le sue uscite, una volta
dirompenti, divertenti, anche fanfaronesche, si erano fatte sempre più rare,
fino a svanire nella nebbia delle sue numerosissime patologie. Col tempo, la
sua poesia è diventata via via più magmatica, fino ad essere prettamente
meta-simbolica, frutto di un esperimento per certi versi mistico, accessibile
ai pochi iniziati perché il poeta non è un giullare, ma una persona che scava
dentro di sé, e lo scavo interiore è un cammino iniziatico. È infatti dagli
inizi degli anni ’80 che si è dedicato anima e corpo alla sperimentazione
poetica, fondando il movimento dei “Metasimbolisti”.
La sua poesia, poco conosciuta, è una pietra miliare
nella sperimentazione poetica e farà parte dei nostri ricordi pur se non ce ne
accorgeremo, perché la poesia è la rappresentazione del fermento culturale in
cui noi tutti siamo immersi.
Pochi, tra quelli che leggeranno questo post, hanno
conosciuto Francesco (Maria) Mecarolo, ma chi ha avuto questa fortuna ha ben
presente la sua forza, il suo carisma, la sua profondità di pensiero e… la sua
poesia.
Salutiamolo leggendo la sua “La gobba”:
Dimenticare quella stanza
nell’infinita raucedine
della mia penna,
tracciando nuovi gradini.
E quella zingara
a tagliar le mie lune
a scavar le mie ossa.
Ciao Francesco, che tu possa continuare a vivere nei tuoi
versi!
Grazie caro Francesco Maria Mecarolo, Carismatico collega di lavoro in Ericsson Roma
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