giovedì 14 maggio 2020

MARIO SANTORO LEGGE: "SENTIMENTO E INCISIVITA'" DI FRANCA MASCHIO



“Sentimento e incisività” di Franca Maschio,
ovvero la pittura come percorso dell’anima

Di Mario Santoro


Quando la pittura attira, conquista silenziosamente, avvolge e prende con delicatezza, senza arpionare e senza graffiare, ci troviamo dinanzi all’arte vera che suggestiona, alimentando richiami diversificati e riproponendo situazioni lontane nel tempo e nello spazio, ovvero vicine spiritualmente, emozioni che si personalizzano e si moltiplicano.
Accade anche in questo caso alla pittura di Franca Maschio che evidenzia una notevole forza di attrazione e trascina morbidamente perché le immagini testimoniano compattezza e coesione e, dall’insieme oltre che dai particolari, scaturiscono significanze plurime, quasi tasselli indicativi, ora capaci di mimetizzarsi, ora di aggrumarsi intorno a nuclei precisi, ora ancora pronti a manifestarsi apertamente e a farsi quasi dialoganti. Ne consegue un senso di appagamento e di serenità, nello sfogliare le varie sezioni del volume Sentimento e incisività (Guido Miano Editore, 2019), senza l’artificiosità e la pretesa velleitaria di certa pittura contemporanea; pare quasi che, a far da guida discreta e silenziosa, sia la delicatezza, non disgiunta da una evidente sicurezza espressiva. 
Succede poi che le immagini generino emozioni semplici e, al tempo stesso, tenaci ed originino rimandi che non appartengono più solo alla pittrice che le ha realizzate ma anche all’osservatore per percorsi sempre nuovi e diversificati e viaggi a ritroso nel tempo. Risulta evidente, nella pittura della Maschio, un chiaro senso di determinatezza sicché i dipinti non sono mai banali e sottendono tematiche significative, argomentazioni corpose e problematiche diverse che costringono ad interrogarsi e spingono alla riflessione e alla meditazione, suggerendo anche risposte possibili, ovviamente sempre aperte e mai definitive, e non mancano di allusioni, molte volte implicite, qualche volta finanche scoperte. L’arte pittorica dell’autrice si connota, dunque, per la sicurezza e la precisione del tocco, per l’assenza di sbavature, di sviste, di qualche dettaglio fuori posto, per il rispetto della proporzione e delle forme che, pur risultando generalmente ben definite, mantengono intatte la vivacità e una linea di dinamismo sotteso all’immobilità di certe situazioni. Il volume si caratterizza, già al primo impatto e senza tema di smentite, come una sorta di percorso doppiamente circolare, o meglio elicoidale e quindi sempre aperto a nuove possibilità ed è, con tutta evidenza, dettato da certe urgenze del ricco mondo interiore della pittrice coi dati della spontaneità, della direttività, della immediatezza, della forte tensione emotiva, di messaggi sottintesi, ma neppure poi tanto. Risulta sempre centrato sulla figura umana, sulla sua operosità, sul rapporto diretto con la natura e con alcuni aspetti del paesaggio, su una comunicazione che non abbisogna di filtri per arrivare direttamente al cuore, ed è sempre lontano da certe tentazioni accademistiche di maniera.
Alla iniziale circolarità tematica proposta, dal lontano al vicino sul piano temporale (Animali- chiese e funzioni religiose – Children) segue un secondo percorso, sempre dello stesso tipo (Gruppi di persone – Manichini – Paesaggi – Ritratti e personaggi), a coprire un lungo lasso di tempo nel segno del rinnovamento nella continuità e nella varietà e diversità delle raffigurazioni. La prima sezione si apre con oli su tavole e su tele con figure che campeggiano nella centralità della rappresentazione e si impongono avendo come sfondo la naturalezza del paesaggio, prevalentemente campestre, segnato, in maniera non marcata e talora appena sfumata, dal rapporto terra-cielo con colori non in contrasto e tali da creare un effetto insieme morbido e come vellutato, vicino eppure lontano, capace di ingenerare nell’osservatore una sensazione di quiete e di benessere, di gradevolezza e, al tempo stesso, di pensosità.
Tutto questo accade finanche nell’olio su tavola dal titolo Le pannocchie. Qui il rimando ad un mondo prevalentemente o esclusivamente contadino, con l’uomo, collocato volutamente di spalle, sul carretto carico di pannocchie, non solo è ricco di suggestioni, di possibili ipotesi, di rimandi ad un tempo che non c’è quasi più, ma mostra una chiara e scelta linea di equilibrio che testimonia, senza forzatura alcuna o accentuazione di elementi, il senso vero dell’attività e del lavoro, la quotidianità dell’esistenza, la semplicità della relazione rispettosa uomo-natura ed un’ampia cornice di silenzio e di solitudine che corrobora. Per questo si ha la sensazione di trovarsi a breve distanza dalla serafica Mucca al pascolo, quasi il bove di carducciana memoria per la lentezza solenne dei movimenti o la suggestiva immagine pascoliana della “opaca stalla” a ruminare la “laboriosa lupinella”. Pure efficace è il senso della libertà che esprime il cavallo, elegante nelle movenze. Ci si trova così proiettati in un mondo scomparso che ritorna per memoria e mantiene intatto il senso della nostalgia che morde piano.
E non si fa in tempo ad assorbire le sensazioni e le emozioni che un’altra sezione si apre all’osservatore: Chiese e funzioni religiose. Muta la situazione ambientale e cambiano i soggetti e di conseguenza le atmosfere si fanno cariche di spiritualità nella linearità del tocco. Pregno di tensione emotiva risulta il dipinto Ceri accesi che mostra figure appena abbozzate o almeno non ben definite e come tenute insieme dallo stesso anelito che un poco le deforma con il senso continuo delle allusioni in una colorazione decisa eppure al tempo stesso votata alla velatura e al nascondimento. Un’atmosfera analoga si ritrova in Chierichetti. Si tratta, e direi ovviamente, di dodici figure tutte abbigliate allo stesso modo, tenute insieme, quasi una foto ricordo, dalla stessa carica di pensosità e di religiosità, consegnate agli occhi chiusi e ai volti quasi sfuggenti e inespressivi e come rapiti. La luce torna a farsi chiara nel dipinto Processione con, in primo piano, sempre i chierichetti in movimento ordinato e composto e con chiaro e dichiarato richiamo alla storia, come commenta Laura Serena Miano e cioè alla Perdonanza Celestiniana, ossia a una “sorta di giubileo permanente voluto da un eremita, Pietro di Morrone, diventato papa con il nome di Celestino V ed incoronato nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio”. E, scrive ancora la Miano: “Il nome Perdonanza deriva dalla ‘Bolla del perdono’ che introduceva i concetti di pace, solidarietà, e riconciliazione”. A guardare bene, detti temi si respirano nel dipinto e in qualche modo tendono a nobilitare la figura dell’uomo che “fece per viltade il gran rifiuto”.
E ancora, in campo prettamente religioso e spirituale, si mantengono tanto La chiesa di San Marciano quanto l’opera Consacrazione. La prima spicca per la linearità e la sobrietà delle forme che recuperano un senso di spazialità, la seconda per la eleganza dei movimenti con l’imposizione delle mani sul capo del consacrando. In ogni caso si tratta di lavori a forte carica spirituale che la Maschio sembra, a tratti, privilegiare e che aprono la strada alla sezione denominata Children con alcune figure, tenere e come sorprese o forse anche un po’ smarrite, di bambini, presumibilmente mai venuti alla luce, che mostrano significativi sguardi come perduti e sono ricoperti da una ricca e varia simbologia come risulta dai copricapi, di diversa foggia e colore, ma anche dai cerchi alle braccia e da altri rimandi facilmente decodificabili: il cuore, il gioiello, la corona. Va da sé che si tratta di immagini che interrogano e sollecitano a riflettere in un contesto sociale che sembra disinteressarsi di quella che Michele Miano, in prefazione, chiama “la tragedia di bambini non nati” con il sotteso interrogativo di “ciò che sarebbero stati” e di “cosa avrebbero fatto”.
Ed è vero quanto sostiene Bruno Gallo e cioè che “sarebbe arduo catalogare Franca Maschio in un determinato spazio artistico” e ciò sia perché l’arte pittorica spesso risulta estremamente varia e non riconducibile, se non in parte, a questo o a quel fenomeno particolare, col rischio della “diminutio”, sia perché l’interesse della pittrice è variegato, pur nella tendenza a privilegiare taluni aspetti, come il rapporto uomo-natura, anzidetto, che risulta particolarmente evidente nella sezione, non a caso la più ampia, Gruppi di persone. Il primo dipinto, dal significativo titolo Ritrovarsi, esprime a tutto tondo il desiderio di comunicazione nel gruppetto di persone e testimonia la voglia di stare insieme e contemporaneamente la difficoltà di interrelazione. Il palese silenzio, quasi come a significare l’inutilità, in certe situazioni, della parola, si coglie nelle pose, tutte diverse, nelle bocche rigorosamente chiuse, nelle mani che si nascondono nelle tasche o, al massimo, dietro la schiena, e genera una linea di malinconia, che non scade nella tristezza, e di isolamento da certi contesti confusionari e caotici, determinando una sorta di raccoglimento che appare evidente nell’immobilismo dei soggetti e che è anche, o forse soprattutto, processo interiore e quasi intesa tacita. Il dipinto è davvero uno spaccato significativo di vita quotidiana, quella di un tempo andato, con i suoi valori e i disvalori, i modi di vita, i ritmi lenti e tranquilli e la semplicità dei rapporti. Si tratta di gruppo-non gruppo nel senso sociologico del termine perché è come se ogni figura fosse distaccata dall’altra pur in una condizione generale di condivisione e di socializzazione. Ed accade esattamente il contrario nel dipinto Ballerine, sia per la bella ed elegante coreografia, sia per la giovinezza delle figure, sia per l’esilità delle gambe, quasi fenicotteri in riva a un lago, sia, infine, per la snellezza dei corpi in movimento sincronizzato con la conseguente armonia e levità dell’insieme. E sono corpi che dialogano, sia pure senza parole.
Ugualmente corale, sulla linea della spontaneità è, in Fuochi artificiali, la partecipazione della gente all’evento straordinario dei fuochi pirotecnici che aggrega anche gli sconosciuti ed è resa al meglio dalla vivacità dei colori che illuminano la notte trapuntata di lampi e di scoppiettii e la rischiarano con effetti benefici per l’anima. Si torna quindi all’atmosfera calma e tranquilla con Pioggia di grano che davvero fa compiere un salto all’indietro nel tempo con l’immagine antica, e quasi votata alla sacralità, del rituale scomparso delle donne impegnate nell’aia: una a setacciare, l’altra a stendere il grano alla luce e al calore. E’ uno spaccato che consente di allungare lo sguardo oltre la collina e fino ai monti che sono dominati dal cielo pulito con solo qualche sbuffo di nubi. L’autrice è decisamente a suo agio in queste situazioni campestri e lo si coglie facilmente nel dipinto Al ritorno dai campi con figure di contadini che sembrano uguali eppure al tempo stesso diverse nel loro incedere compassato con ai due lati il giallo del grano a dominare, quasi una sorta di maestosità. Il dipinto impiacevolisce ed attira riproponendo condizioni di vita assolutamente inedite; ci si attarda sui particolari, come i berretti a proteggere la testa, la maglia gettata sulla spalla e l’orcio, probabilmente vuoto dal momento che siamo al ritorno, ma è l’insieme che tiene nella compattezza e nella dinamismo calmo. Si tratta di un rientro che interroga anche e solo nel senso della direzione di marcia del gruppo, visto di spalle, che spiazza un po’ l’osservatore perché contrario all’immaginato effetto ordinario. E non è a caso che l’autrice ripropone in copertina la stessa immagine che, in qualche modo, funge da linea guida.
Anche i tre uomini, di cui al dipinto Ricordi, trasmettono un senso di quiete e di pace, di rasserenamento e di riposo, di abbandono della mente a memorie e mostra gli sguardi, appena accennati, in direzioni diverse e, alle spalle, un mondo che non sembra debba riguardarli. L’immagine di un paese fermo e quasi privo di vita è ben rappresentata dall’olio su tavola Gente di paese. Qui le poche persone sono in gran parte sedute su gradini o più propriamente su crepidini, probabilmente dinanzi alla chiesa. Ognuno sembra essere solo con i suoi pensieri, le preoccupazioni ordinarie e quotidiane, pur essendo quasi del tutto raggruppati e come pronti ad aprirsi al dialogo. Anche l’aria intorno sembra immobile e dà un senso pieno di solitudine e di silenzio così come il portone enorme del tutto chiuso o quasi. Il contrario accade nel gruppo di famiglia di cui alla Fagiolata con una sorta di operosità serena che tiene uniti i presenti con la possibile conversazione affidata per lo più a poche frasi e a qualche cenno d’intesa. E tutta l’atmosfera ha sapore di buono.
La stessa situazione, con qualche dettaglio che muta, sembra coinvolgere i due uomini seduti all’aperto su una panchina a godere, ben coperti, il tiepido calore del Sole d’inverno mentre tutto muta nel quadro dove campeggiano due belle ragazze, colte in atto di dialogo, quasi una sorta di confabulazione leggera proprio come esili appaiono le loro figure nell’abbigliamento pratico e sportivo. Irrompono, poi, nella sezione Manichini immagini stilizzate, quasi artefatte, come logica impone, con dettagli ben rimarcati e colori definiti, ad indicare, quasi in chiave problematico-critica, col sottile velo di ironia, la presunzione di modernità di una società sempre instabile, inquieta e in corsa senza meta, alla ricerca del futile e del passeggero.
E chiude la interessante ed intrigante serie il Manichino in rosso che viene, opportunamente, riproposto in quarta di copertina. Seguono nel volume tanti paesaggi diversi con molti elementi naturali e quasi l’assenza dell’uomo o la sua indiretta presenza. E ci sono colline dolcemente ondulate e pianori, casolari che sottendono la vita e le attività umane, stradine tortuose, distese enormi coltivate, zone lacustri, ochette in cammino, ben ordinate ed impettite, osservate, a breve distanza dall’uomo che quasi si confonde con il giallo oro dei campi alle spalle e ancora riposanti paesaggi sotto il sole o chiari riferimenti a situazioni concrete: Castel Camponeschi, Lungarno di Pisa, Laguna sarda. E c’è ancora tutto un susseguirsi di paesini e specchi d’acqua, di marine con in bella evidenza la risacca. Natura per la natura quasi del tutto incontaminata.
E dopo una bella immagine della Madonna, commentata da Laura Serena Miano nel rimando ad altre più note immagini, la rassegna si chiude con Ritratti e personaggi: due volti di ragazzi nello splendore della giovinezza, un uomo che si muove lentissimamente ed è, come dichiara il titolo, Pensieroso, una donna che è mamma e sprigiona tenerezze e, in ultimo, il bel ritratto, che non va commentato, di un uomo del tutto speciale.

Mario Santoro


 Franca Maschio
SENTIMENTO E INCISIVITÀ
Guido Miano Editore, 2019
mianoposta@gmail.com


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