Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade |
Omaggio alla Giornata pro Grammatica.
Venerdì 17 ottobre 2014 "Radio3 - La
Lingua Batte" in collaborazione con il Miur e il sostegno di Accademia
della Crusca e Asli (Associazione per la
Storia della Lingua Italiana), dopo il successo della scorsa edizione ha organizzato la seconda Giornata proGrammatica, un'ideale maratona tra la radio e le scuole
d'Italia per promuovere e valorizzare la nostra lingua in tutti i suoi aspetti.
Il tema scelto quest'anno è la punteggiatura.
Dal Decalogo
della punteggiatura di Francesca Serafini, autrice di Questo è il punto
(Laterza)
1. Io
sono la punteggiatura, prezioso strumento tuo. Non avrai altro segno
all’infuori di me per orientare il tuo testo di lettere e di parole così che
possa comunicare in modo chiaro le sue informazioni…; o che possa esprimere
tutto il suo potenziale di bellezza (e questo succede nel miracolo della
letteratura).
2. Non
pronunciare invano il nome della pausa che è foriera di indicazioni fuorvianti
sulla punteggiatura. I punti e le virgole (e tanto più le virgolette o
l’asterisco) sono strumenti dello scritto che non c’entrano niente col parlato
e le pause della respirazione; e invece condizionano i significati, orientando
il testo logicamente e sintatticamente (altrimenti «Sono vivo e vegeto» e «Sono
vivo. E vegeto» – come ha intuito Paolo Cananzi – vorrebbero dire la stessa
cosa).
3.Ricordati
di santificare il punto e virgola: inseriscilo nei giusti contesti (e cioè in
periodi complessi, in cui si resta sullo stesso argomento: dove quindi non è
opportuno usare il punto; e dove però la virgola costituirebbe una barriera
troppo esile per gestire il flusso delle informazioni); e colleziona tutti gli
esempi che puoi per dimostrare a chi lo dà per spacciato che non solo non è
morto ma che potrebbe godere di ottima salute, se solo ci si prendesse la cura
di usarlo come in questo periodo lunghissimo.
4.
Onora il padre punto (che serve a chiudere il periodo segnalando un cambio
d’argomento) e la madre virgola (che serve a legare tra loro frasi prive di
congiunzioni, a separare i nomi negli elenchi, a creare incisi), senza i quali
nessuna famiglia interpuntiva sarebbe stata mai possibile.
5.Non
uccidere il senso di un inciso dimenticando di chiuderlo e ricorda sempre che
se apri una parentesi, poi la devi chiudere.
6.Non
commettere atti sintatticamente impuri – ma certe eccezioni d’autore sono
accettabili perfino qui – separando con una virgola il soggetto dal suo
predicato, il predicato dal suo complemento oggetto e il verbo essere dalla
parte nominale.
7.Non
rubare agli altri segni il loro ruolo. Lascia che il punto svolga la sua
funzione e non usarlo mai al posto della
virgola o di altre segni a tutto vantaggio della comprensione complessiva di
ciò che hai scritto.
8.Non
pronunciare falsa testimonianza sull’importanza della punteggiatura (per troppo
tempo considerata un elemento marginale della lingua) e ricorda che – come ha
scritto Isaak Babel’ – «Non c’è ferro che possa trafiggere il cuore con più
forza di un punto messo al posto giusto».
9.Non
desiderare i punti degli altri, e fidati di quelli italiani. Ricordati però di
usarli tutti, ognuno per quello che serve e vedrai che non sentirai l’esigenza
di altro.
10.Non
desiderare la dogmaticità dell’altro decalogo. Anche quello, del resto, prevede
il libero arbitrio. Nel caso del nostro, tuttavia, se decidi consapevolmente di
disattenderne le prescrizioni, non sarai costretto a nessun atto di dolore. Non
esiste inferno nel paradiso della consapevolezza linguistica.
--
E
ricordando il Maestro G. Rodari:
Sul punto, il segno più deciso di
interpunzione, che segna una pausa forte, una cesura, è illuminante la
filastrocca dal titolo Il Dittatore
che ne offre una interpretazione sociale e morale, da par suo.
Un
punto piccoletto,
superbioso
e iracondo
“dopo
di me – gridava -
verrà
la fine del mondo!”
Le
parole protestarono:
“Ma
che grilli hai pel capo?
Si
crede un Punto – e – basta,
e non
è che un Punto – e – a – capo”.
Tutto
solo a mezza pagina
lo
piantarono in asso,
e il
mondo continuò
una
riga più in basso.
Il
punto è un dittatore, dice Rodari. Infatti il punto è messo lì a rallentare la
nostra andatura sulla strada. “Dopo averlo superato, si prosegue per la stessa
via ma qualcosa è inevitabilmente cambiato perché stiamo percorrendo un nuovo
tratto. E i punti che troviamo man mano che procediamo, definiscono un ritmo
alla nostra andatura, spezzano il fiato, aumentano l’attesa.”.
L’uso
limitato ed oculato del punto degli autori degli anni Sessanta (Vittorini,
Mastronardi, Morselli) vuol sottintendere, nella sobrietà e snellezza del
periodo, la ricerca della essenzialità delle ragioni esistenziali fino a
giungere alla disarticolazione sintattica ossessiva.
L’assenza
del punto d’altro canto sortisce altrettanti effetti stilistici. Pensiamo alla
scrittura di Marcel Proust che colleziona dettagli di mondo, frammenti, uno
dopo l’altro, in una serie ininterrotta di parole e immagini, o all’assenza
quasi totale di punteggiatura negli esperimenti di stream of consciousness che tentano
di ricalcare la forma del pensiero, ininterrotto, senza respiro alcuno.
L’espansione
della virgola invece è per così dire ‘debole’.
Ma
proprio per questo suo statuto incerto, può essere tragica, come
umoristicamente diceva sorridendo Rodari in Tragedia
di una virgola:
C'era
una volta
una
povera virgola
che
per colpa di uno scolaro
disattento
capitò
al posto di un punto
dopo
l'ultima parola
del
componimento.
La
poverina, da sola,
doveva
reggere il peso
di
cento paroloni,
alcuni
perfino con l'accento.
Per la
fatica atroce morì.
Fu
seppellita
sotto
una croce
dalla
matita
blu
del maestro,
e al
posto di crisantemi e sempreverdi
s'ebbe
un mazzetto
di
punti esclamativi.
Il
punto e virgola presenta un uso più
problematico e, negli ultimi tempi, è finito pressoché nel dimenticatoio per
essere sostituito con altri di più certa e intuitiva funzione (come la virgola
o il punto o il due punti). La virgola unisce e il punto separa, la virgola è
la pausa in cui si trattiene il fiato,
il punto la pausa silenziosa e più lunga
dove il respiro è libero da vincoli di lettura
La
congiunzione e tra i due termini (punto/virgola) smorza ogni antitesi creando piuttosto due
livelli complementari di lavoro. È
qualcosa di ben di più di un gradiente di pausa, è infatti un separatore di proposizioni, come
il punto, anche se, a dispetto di quest’ultimo, non assegna alla frase la
risolutezza della definitività del
punto e a capo.
Il
punto e virgola raggruppa parole di un
unico contesto temporale o di spazio senza per questo ‘chiudere’ il discorso.
Ricorriamo ancora a G. Rodari che invece dà a questo segno ambiguo una
interpretazione morale ed umoristica:
C’era
una volta un punto
e
c’era anche una virgola:
erano
tanto amici,
si
sposarono e furono felici.
Di
notte e di giorno
andavano
intorno
sempre
a braccetto:
“Che
coppia modello –
la
gente diceva -
che
vera meraviglia
la
famiglia Punto-e-virgola”.
Al
loro passaggio
in
segno di omaggio
perfino
le maiuscole
diventavano
minuscole:
e se
qualcuna, poi,
a
inchinarsi non è lesta
la
matita del maestro
le
taglia la testa.
*
Maria Grazia Ferraris
Complimenti a Maria Grazia Ferraris per questo testo veramente interessante. Offre spunti di approfondimento ed è materiale di utilizzo a scuola, dove la punteggiatura è diventata un optional. Soprattutto nell'uso del punto e virgola che, piano piano, va in disuso. Questi giovani si devono avvicinare a queste lezioni - tra l'altro esposte con grazia ed ironia - per il bene loro e della nostra lingua.
RispondiEliminaUn grazie di cuore per avermela fatta leggere.
Prof Angelo Bozzi
Veramente divertente e significante.
RispondiEliminaLo utilizzerò.
Anna Ceragioli, Firenze
Ironico, divertente, istruttivo, poetico.
RispondiEliminaFrancesco Grassi, Taranto
Giornata importante che dovrebbe avere più spazio nelle scuole. Brava l'Autrice a ricordarla in modo simpatico e gioioso.
RispondiEliminaGiulio Esposito
Bellissimo il testo posto da Maria Gazia Ferraris. La punteggiatura è costantemente sottovalutata, ma credo si possa considerare lo spartito sul quale viene prodotta buona letteratura. La virgola, ignorata o inflazionata, è dettata in realtà, dalle pause del respiro nel parlato. Le regole citati da Rodari sono quelle fondamentali, ma anche volendo evitare l'uso perfetto della 'signora punteggiatura', occorre ricordare la virgola rigorosamente prima della congiunzione avversativa 'ma' e ogni volta che un periodo ha valenza di inciso. Negli altri casi basta attenersi al dire quotidiano. Nel parlare ci fermiamo e... la virgola è quella breve presa di fiato. Ho avuto un grande Maestro, non sempre so onorarlo, ma ricordo col sorriso il giorno in cui mi disse che 'si è soliti scrivere lanciando punti e virgole, virgole, punti esclamativi e punti sospensivi sui fogli'. Un caro saluto a tutti.
RispondiEliminaMaria Rizzi