Ninnj Di Stefano Busà collaboratrice di Lèucade |
UN
LIBRO IN LINEA CON LA STORIA, CHE PUR NELLA SUA CRUDEZZA CALAMITA L’ATTENZIONE
DEL LETTORE
di
Ninnj Di Stefano Busà
Libro
potente eppure avvincente per le sue molteplici implicanze, per i tratti della Storia
che vengono evidenziati con grande sagacia e veridicità, con obiettività ed
estremo rigore d’indagine, quello di Francesco Belluomini. Il titolo è molto
azzeccato: Sul crinale dell’utopia, non
poteva essere più evidente. Si tratta di un romanzo affascinante, ma anche
crudo e inclemente verso sommovimenti spietati e rivoluzionari che hanno fatto
la vicenda cronologica di tutti i tempi.
Il
libro è fortemente impregnato di idealismo dei suoi personaggi, a partire dalle
istanze utopistiche del primo, certo Eugenio Del Sarto che fu veramente
impersonato da Eugenio Del Magro, anarchico e sovversivo elemento di spicco del
movimento comunista viareggino.
La
storia si svolge attraverso numerose e disperanti vicissitudini dell’uomo:
dalla persecuzione fascista, alla fuga con al seguito la famigliola verso altri
territori neutrali di mezza Europa, fino a riparare in esilio in Unione
Sovietica, dove giunge con moglie e figli piccoli appresso, per sfuggire a
morte sicura. Vi si reca in qualità di giornalista, ma nella realtà come
rifugiato politico, per scampare alle peripezie e intolleranze di un regime
fascista. Purtroppo anche qui, la sua indole ribelle, combattiva e anarchica
viene a scontrarsi con il potere e la censura russa, notoriamente dittatoriali.
Viene
internato per attività illecite controrivoluzionarie della Repubblica del
Baltico, rinchiuso in un gulag della Crimea dove morirà nel 1938.
Altro
grande protagonista della trama è Fiodor Levkilyi (immaginario interprete) di
altre avventure rivoluzionarie, (anime inquiete! si direbbe) se non fosse che
il mondo è pieno di questi uomini, trabocca di questi personaggi che hanno
fatto la Storia dell’ultimo secolo e non solo). Fiodor finisce nelle maglie
della legge come disertore. La vicenda dei due appare complementare, anche se
diverse come personalità e indole, sembrano affini per molti versi, soprattutto
per essere entrambi “teste calde”, anime combattive che le traversie della vita
hanno contribuito a privarli di quella pace interiore che le rivoluzioni vere o
ideologico-retoriche di tutti i tempi hanno innescato.
Vige
un sottofondo di morale in tutto il romanzo. A mio avviso, Francesco Belluomini
vuole mettere in evidenza il “male assoluto”: le guerre, le dittature, le
ingiustizie, della cui necrosi si rende responsabile verso La Storia ogni uomo
che si arroga un diritto nei confronti dei suoi simili, in second’ordine le
conseguenze che ogni azione forzosa (nella fattispecie ogni potere assoluto, privato
di democrazia) riflette sugli esiti esistenziali di chi non ha voce, dei
diseredati, dei miseri.
In
questo romanzo Belluomini appare obiettivo e onesto nell’evidenziare fatti e
personaggi; estremamente fedele alla storia e ai suoi accadimenti fino ad indurre
il lettore a riflessioni sui metodi fascisti, come delle dittature di tutte le
rivoluzioni bolsceviche (compresa quella odierna).
Delinea
con rigore e aderenza logica l’orrore dei “gulag” staliniani alla fine degli
anni Trenta. Lo fa con una capacità storiografica retrospettiva tra le più
autentiche e avvertite. La saggezza dell’autore sta nell’indurre il lettore
alla logica azione che comporta ogni sopraffazione. Un libro da leggere, un
romanzo storico che innesca una certa curiosità per fatti e processi
ontologici che giungono fino ai nostri
giorni con gli attacchi di Mosca e della vecchia URSS, i bombardamenti aerei e
di terra del premier moscovita verso le piccole regioni che chiedono
l’indipendenza e i diritti alla libertà.
Un
romanzo che ancora sta evidenziando lutti e perdite del patrimonio umano che
continua a perpetrare il suo guasto nei gangli indifesi delle popolazioni
indigenti.
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