WENDELL BERRY
da Collected Poems 1957/1982
Una scelta ontologica da lui
stesso definita non completa delle sue poesie.
Traduzione e commento a cura
di
Anna
Vincitorio
In una
conferenza al Lyceum di Firenze e precisamente giovedì 12 gennaio 2018, il
Prof. Giulio Guidorizzi dell’Università di Torino, ha parlato su: “Gli eroi di
Omero e il sogno”. Nel corso di tale esposizione ha citato alcuni versi di
Wendell Berry.
Non mi
era noto ma la sua figura mi aveva incuriosito. Ho iniziato a ricercarlo per
saperne di più. È uno scrittore, poeta ambientalista statunitense nato il 5
agosto 1934 a Henry County nel Kentucky. I suoi scritti sono il riflesso del
profondo sentire: ambiente, agricoltura, famiglia, le comunità tradizionali, il
coesistere armonioso fra uomo e natura. La sua scrittura è volta essenzialmente
verso la salute del mondo.
Laureato
in letteratura inglese all’Università del Kentucky ha insegnato letteratura e
scrittura creativa tra il 1957 e il 1964 nelle sedi universitarie del Kentucky,
di New York e della California. Nel 1965 è ritornato nel Kentucky vivendo nella
fattoria dove era nato e dove la sua famiglia risiede dal 1800. Fa il
coltivatore seguendo metodi tradizionali e biologici. Il New York Times lo
definisce il “profeta dell’America rurale”.
Alcuni
puntuali giudizi su Wendell Berry:
– The New York Times Book Review. David Ray dice:
Wendell Berry poetry is a validation of his decision nearly twenty year ago to
give up the literary life in New York and seek a deeper bond with his ancestral
home, a hill side fram in Henry County, Kentucky, on the Kentucky River…He can
be said to have returned American poetry to a Wordsworthian clarity of
purpose”.
–
L’opera poetica di Wendell Berry è una convalida della sua decisione di circa
venti anni fa di rinunciare alla vita letteraria a New York e ricercare un
vincolo più profondo con la sua casa ancestrale, una fattoria sul fianco della
collina in Henry County, Kentucky, sul fiume Kentucky…Si può dire che in lui
c’è un ritorno alla chiarezza wordswortiana d’intenti.
– The Christian Science Monitor: “[Berry’s poems]
shine with the gentle wisdom of croftsmann who has thought deeply about the
paradoxial strangeness and wonder of life”.
“Le
poesie di Berry illuminano con delicata saggezza di un artigiano-artista chi ha
pensato profondamente alla singolarità e al miracolo della vita”.
– The Baltimore Sun: “For all his earthiness, Mr.
Berry is a sophisticated, philosophical poet, in the line descending from
Emerson and Thoreau…Ranging from the ‘Known’ to the ‘celestial’ from rich
concreteness to prophetical intonation, Mr. Berry’s Collected poems establishes
him as a major poet of over time”.
– Per
il suo essere legato alla terra Mr. Berry è un sofisticato poeta, sulla linea
di Emerson e Thoreau…classificandosi dal conosciuto al ‘celestiale’, dalla
ricca concretezza alle inflessioni profetiche, il testo Collected poems di Mr.
Berry lo pone tra i maggiori poeti del nostro tempo”.
– The Blombury Review: Wendell Bery is one of those
rare individuals who speak to us always of responsability, of the individual
cultivation of an active and aware participation in the arts of life, be they
those of composing a poem, preparing a hill for planting, raising a family, working
for the good of oneself and one’s neighbors, loving”.
–
Wendell Berry è uno di quei rari individui che ci parlano sempre di
responsabilità, di coltivazioni individuali, di una attiva e consapevole
partecipazione nelle arti del vivere; questi sono gli elementi che compongono
un poema, preparare una collina per l’interramento, creare una famiglia,
lavorare per il benessere di se stesso e di una dei vicini, con amore.
Con
riferimento alla raccolta ‘The Unsetting of America, Culture and
agriculture’,
in cui Berry critica aspramente la politica agricola degli Stati Uniti con
effetti di sovrapproduzione, inquinamento, erosione del suolo, Leon V. Driskell
che ha contribuito al Dictionary of Literary Biography, ha definito tale lavoro
un “apocalyctic book and environmental problems of the American Nation”. Libro
apocalittico che mette in forte rilievo i problemi ecologici e ambientali della
nazione americana.
Un
articolo del 07/02/2016 di Andrea Colombo sulla Stampa parla della uscita
di un
saggio ulteriore di W. Berry, ‘Solo la terra ci potrà salvare’: “Si definisce
un autentico patriota e difende i valori rurali di una America in via di
estinzione. Il suo ecologismo radicale non ha nulla a che fare con gli slogan
modaioli dei patiti del web. Berry non usa neanche il telefono, figurarsi
internet…È, come molti americani, un pragmatico che intende salvare la terra
dall’autodistruzione…Nel 2013 è stato premiato da Obama con la National
Humanities Medal; il suo manifesto ‘Mangiare è un atto agricolo’ ha ispirato numerose
iniziative e movimenti, fra cui Slow Food; la National Book Critics Circle
Awards, il Nobel statunitense per la letteratura, ha annunziato che gli
consegnerà il premio alla carriera. Robert Redford sta girando un film
documentario su di lui…”
Del 18
marzo 2017: ‘Leggere Wendell Berry o dell’esser parte della terra che abitiamo’,
un lungo articolo di Francesca Matteoni che ha conosciuto il poeta attraverso
il regalo di amici, riporta esaurientemente notizie su vari saggi dello
scrittore in ‘Suolo e salute’ contenuto in Mangiare è un atto agricolo Berry
scrive che “La natura è il valore ultimo del mondo reale e di quello
economico…Ancora: In difesa della lingua (La strada dell’ignoranza), Wendell
Berry scrive: “La competenza linguistica non costituisce un ornamento ma una
necessità…senza di essa restiamo alla deriva nel presente, tra i relitti del
passato, nell’incontro del futuro”. Francesca Matteoni accenna anche al romanza
‘Hannah Coulter’ nel quale la protagonista dice che “i vivi hanno il dovere di
proteggere i morti”.
Questa
varietà di notizie permette una vasta inquadratura del pensiero dello
scrittore-poeta. Io mi sono procurata direttamente dall’America ‘Collected
Poems – 1957/1982’ irreperibile in Italia operando una scelta scaturita dalle
emozioni in me suscitate dalla lettura.
Spero
con le mie traduzioni di rendere possibile almeno in parte la conoscenza del
mondo poetico di Wendell Berry.
“Guarda
come senza caos questo è tutto
quello
che è e come perfetta è
la sua
grazia…”
Un
poeta per penetrarlo va letto più volte fino a sentirsi in perfetta simbiosi
con lui. Gli elementi che delineano il suo pensiero è come se si schiudessero e
noi, con lui, diveniamo colore, vento, uccelli, musica.
La
poesia di Wendell Berry si è dipanata nel tempo. Una sottile malinconia ci accompagna
con lui diveniamo “figure emergenti come ombre nel fuoco”. Il poeta ha un
interlocutore che gli parla della bellezza della morte. È il suo angelo nero e
nelle sue nere ali risorge per cantare e ripercorre la sua vita dalla primavera
al tramonto compiendo quegli atti della quotidianità che costituiscono
l’essenza dell’esistere. Una vita nella quale gli uccelli cantano; una vita in
cui “un uomo e una donna avvinti/ al centro della stanza/ si abbracciano e
baciano/ come se si fossero incontrati per caso…”. L’uomo cammina e canta verso
la sua morte. Cosa lo tiene legato alla vita? I ricordi. Le poesie del nostro
parlano di momenti, di amicizie che temperano la solitudine e il freddo soffio
dell’inverno. Importante è che ci sia una presenza: può essere il colore di una
stanza, vecchi ninnoli testimoni di un passato non dimenticato. Intorno
all’uomo l’universo. “Lo avvolge di sera con le stelle/ vaganti sopra il freddo
bosco che è cresciuto, adesso al calar della notte nella totale oscurità, le
stelle/ nel cielo più sconfinato che buio;/ …”.
L’uomo
è circondato dalla natura in tutta la sua bellezza. Gli alberi sono una
componente della vita che si dipana nell’oscurità: “regna il silenzio nel
bosco,/ Nella quiete di tutti gli uccelli che amano la luce…”.
Wendell
Berry ama profondamente la natura anche se selvaggia e eliotianamente desolata
e la umanizza. Le sue componenti lo circondano nella tristezza come nella
gioia. In una poesia parla di crepuscolo e osserva un martin pescatore che
schizza sull’acqua, quell’acqua che s’incupa come la vita verso il suo finire.
Aspetta il buio ma non lo teme.
“Io
vado e giaccio dove il maschio dell’anatra/ si allunga sull’acqua nel suo
splendore/ e si nutre il grande airone/ Io entro nella pace delle cose
selvagge…/ Davanti a me ancora l’acqua immobile/ e avverto sopra di me le
stelle cieche di giorno/ …”.
Però
sempre in lui presente la grazia del mondo. Mondo tradizionale dal quale
si è
allontanato. La solitudine, il silenzio gli sono compagni e nella grazia del
mondo (quello libero disseminato di stoppie, dove la natura respira
incontaminata) là, trova la sua libertà e quella pace nell’attesa del buio che
verrà ma che lui non teme.
Le sue
scelte lo hanno portato ad uno stato di grazia probabilmente virtuale
perché
il mondo in cui viviamo è crudele ma è importante credere e adoperarsi perché
tutto cambi e si torni ad una vita bucolica. “Ho dedicato un altro giorno per
entrare in questa notte/ come se lì dimorasse/ una tenerezza in cose/ di cui
sono consapevole/ …”
Nello
scambievole amore, un nuovo sorgere, una nuova gioia che non si può
trattenere.
Vivere e amare la terra. “L’uomo nato per l’agricoltura (il giardiniere/ le cui
mani si curano del terreno che germoglia/ per lui il suolo è una droga divina…/
Io cammino con passo gravoso con la semente, spargendo/ sulla luminosa collina
i germogli del verde/ trifoglio…Io chiedo e agisco congiunto/ al destino del
mondo”.
La
lettura di queste poesie visualizza Wendell Berry, il suo cammino coerente negli
anni, lontano dal clamore con il desiderio di tornare alle origini. “L’acqua
irrompeva in suoni e scintillii/ portando il gusto del luogo alla fonte della
sorgente/ la roccia profonda, dolcezza/ fuori dal buio. Lui si è piegato e ha
bevuto/ schiavo del terreno”.
In lui
una costante: il buio; è lì che siamo diretti ma per il suo sentire “anche il buio
fiorisce e canta,/ attraversato da piedi scure e oscure ali”. In contrasto la
quiete della natura e gli uomini che “fanno progetti, consumandosi/
trascorrendo la loro vita/ con l’intenzione/ di uccidersi l’un l’altro”. In lui
il fascino “di alberi antichi, di gigli selvatici oscillanti/ sui loro steli,
nella loro fragile bellezza…”. Un mondo pacato dove la campagna è piena di
contadini e delle loro spose/ e raccogliere i frutti/ seminando e mietendo…”.
Un
mondo abitato dagli spiriti del bosco. Questa sua scelta di vivere in grandi spazi,
nello splendore del grano e nella raccolta delle sementi è un vangelo che
esalta la stagione dei frutti, il faggio dorato. Questo suo dimorare è nel
silenzio. In esso la sua speranza: “il mondo vive nella morte del linguaggio/ e
canta”.
Nel
suo viaggio attraverso il tempo Wendell Berry proietta la fine della vita verso
la stella.
“Volando
nella notte, al di sopra delle nuvole/ ogni traccia della terra è rifiutata,/
perduto nel Paradiso dove il quieto ingresso/ deve essere guadagnato,/ qui non
provo piacere, né alcun desiderio,/ E poi vedo una luce lì sotto simile a una
stella”.
Ho
operato una scelta progressiva che spero possa aiutare a conoscere un artista
particolare, grande nella sua semplicità e che ha cantato la sua anima e il suo
sentire. La sua poesia per taluni aspetti me lo fa sentire affine a un poeta
italiano: Franco Manescalchi che nell’ ‘Iris Azzurra: nella luce degli anni’,
col pensiero rivolto alla morte, pensa al suo incontro con Dio al quale
restituirà tutti i doni ricevuti, “dai suoi lontani amori di adolescente/ senza
aver peccato/ dal pane, gli antichi sapori/ che dalla terra buona ha
assaporato/ e dalla mano dei miei genitori/ che in questo mondo mi hanno
avviato”. Anche lui ha un suo cielo che raccoglie i colori dell’Iris.
Anna
Vincitorio
24
marzo 2018 – Firenze
I miei ringraziamenti all’anglista Clara Tomaselli per il
suo prezioso contributo.
WENDELL BERRY DA COLLECTED POEMS 1957-1982
Da
The Broken Ground 1964
Verde e bianco
Il
vento che logora la baia
è come
un campo di erba verde,
e i
bianchi gabbiani a galla fluttuanti
nelle
increspature della baia verde
sono
simili a fiori bianchi
in
boccio nel campo.
Sono
bianchi,
giungono
qui e sostano ancora
per un
momento, poi se ne vanno
e
andandosene non lasceranno
alcun
segno della loro sosta.
Il
verde non lascia memoria del bianco.
In
questo il pericolo. Loro volano
al di
là dell’idea di tornare indietro.
L’uomo uccello killer
Il suo
nemico, l’universo, lo avvolge di sera con le stelle
vaganti
sopra il freddo bosco che è cresciuto
adesso
al calar della notte nella totale oscurità, le stelle
nel
cielo più sconfinato che buio; i suoi pensieri
si
allontanano soli nei venti di quell’oscuro bosco.
Lui
siede sul vano della porta e in suono sommesso
suona
la chitarra;
le sue
dita sono rigide, pesanti
e
sfiorano le corde non abilmente cosìché lui suona
la sua
canzone, non la fedele esecuzione di una melodia;
talvolta
le note sfuggono alla melodia,
si
forgiano singolarmente, svaniscono una ad una,
nella
parte cava dello strumento come isolate piccole
luci
nel buio; la sua musica manifesta questa passione
che
lui suona come sa suonare. Tutto il giorno lui
ha
camminato nel bosco con la sua arma letale, rovina
dell’estate,
di un bronzo ricurvo e rugginoso,
sotto gli
alberi spogli, canzone divorante.
Ora
gli alberi nella oscurità crescono alti ed estesi,
regna
il silenzio nel bosco.
Nella
quiete di tutti gli uccelli che amano la luce,
lui
lascia libere di morire nell’ampio bosco
nel
buio le note del suo canto.
Da OPENING
1968
Prima del buio
Dalla
veranda al crepuscolo ho osservato
un
martin pescatore selvatico in volo
lui
potrebbe averlo fatto solo per rallegrarsi.
È
sceso lungo il fiume schizzando
contro
la superficie dell’acqua al suo incupirsi
come
una pietra che scivola, passando oltre
già
fuori della vista. E ancora
Io
potrei udire gli schizzi
più
lontani mentre aumentava il buio
Lui ha
percorso nuovamente
la
stessa via come la sua ombra
inaspettata
oltre i salici
Gli
schizzi si ripetevano affievolendosi.
Era
buio allora. Da qualche parte
la
notte lo aveva accolto
nel
luogo dove era diretto
o dove
è giunto trasportato dalla sua stessa gioia.
La pace delle cose selvagge
Quando
la costernazione per il mondo si accresce in me
e io
mi sveglio nella notte al minimo suono
temendo
ciò che per la mia vita e la vita dei miei figli potrebbe essere
Io
vado e giaccio dove il maschio dell’anatra
si
allunga sull’acqua nel suo splendore
e si
nutre il grande airone
Io
entro nella pace delle cose selvagge
che
non gravano le loro vite
anticipando
il dolore.
Davanti
a me ancora l’acqua immobile
e
avverto sopra di me le stelle cieche di giorno
(che
trattengono la loro luce)
Per un
certo tempo mi soffermo nella grazia
del
mondo e sono libero.
Who – usato con riferimento
alle cose umanizzate
Wendell Berry è un poeta-pensatore in cui mi sono imbattuto molto tempo fa, nei primi anni anni Ottanta, mi pare, nel corso della mia ricerca spasmodica di tutto ciò che potesse dissetare la mia fortissima sete di terra e di verità, di quella elementarità da cui i nostri paradisi artificiali si stanno follemente escludendo, imboccando la via senza ritorno dell'autodistruzione. La civiltà è nata trentamila anni fa con la scoperta dell'agricoltura, ed ora che l'agricoltura sta scomparendo (come cultura intendo, e non come pura e semplice lavorazione dei campi) non abbiamo altre strade di fronte che quelle di una scellerata regressione verso la barbarie più fosca ed assoluta. Grazie dunque ad Anna Vincitorio per averci ricordato questo profeta di vera civiltà, il cui sguardo non è calato verso il passato, come si potrebbe pensare, ma è profondamente calato nel presente e negli orizzonti del moderno caos megalopolitano.
RispondiEliminaFranco Campegiani