mercoledì 1 gennaio 2020

NAZARIO PARDINI LEGGE: "RELICTA" DI BENEDETTO MAGGIO


Benedetto Maggio. Relicta. Macabor Editore. 2019



Una silloge complessa e articolata che con versi reificanti passioni, amore, memoriale, rimpianti, nostalgie affronta il quanto mai difficile e tormentato dilemma dell’esistere. E lo fa con una scansione di armonica andatura dove l’endecasillabo utilizza vari accessori metrici, brevi o più ampi, per mettere in luce impennate liriche di ontologica valenza; o lo fa con una successione di endecasillabi e settenari che tanto richiamano lo stile leopardiano: “... E la  lama che incide ancora il giorno/ baciandomi la fronte/ sia più tagliente, sempre più affilata/ fino al nuovo solstizio...”.  L’armonia contorna con la sua portata sinfonica il procedere del “poema”. Tutto è vòlto a concretizzare le emozioni; a dare un senso al fatto di esistere.

Dal Gioco delle voci:

Il gioco delle voci
si è già spento
e un ritornello d’ombre segna il tempo
giù  nel cortile
sempre più vasto, sempre più profondo
dirama dagli asfalti sopra i muri
invade i prati, spegne i fili d’erba e...

Al Quel flusso di fotoni
:
Un’elica di riccio delicata
t’allunga le sue spire
fino al labbro...

Dal Nei miei occhi

E se un fischio erompeva o una risata
crepitava lontano,
era il frangersi  fresco di quell’onda
sull’umana battigia.

A  Com’è fresco ancora

Il mio nome
sulle tue labbra
nel filo del tuo inchiostro...

Un diagramma musicale fatto di crescite e decrescite, di alternanze metriche per seguire le emozioni impellenti del dettato lirico. Ma dice, anche, della brevità della vita, della sua fugacità, del suo incessante procedere: verso dove? Da qui i dilemmi del vivere e morire, di tutte le questioni che rendono problematica la nostra vicenda.  Sì, c’è l’amore, quei delicati tratti erotici, che invitano a vivere e a carpire l’attimo fuggente. Un realismo lirico di grande intrusione epigrammatica; il poeta vive una storia, tante storie e le accatasta nell’animo; poi, dopo una lunga macerazione, ridà loro vita intingendole di saudade, di abbrivi attivi e partecipativi. E’ così che nasce la poesia: è presenza non assenza; essa chiede animo, passione, brandelli di vita, ricordi, inquietudini, per farsi esteticamente pura, onesta, emotivamente viva e vivace. Non è certamente la poesia fatta di assenze, impersonale, di positura prosastica, di spersonalizzazione quella di Maggio. Egli riempie di suoni, emozioni, stratagemmi stilistici il suo percorso poematico a ché si identifichi e corrisponda ecfrasticamente ai suoi slanci emotivi. Come non è cosa rara incontrare nei suoi versi sinestetici allunghi o  giochi di visiva metaforicità. Tutto per dare qualcosa di più, per allungare il tiro verso il vero, per estendere la valenza del verbo sino all’inverosimile, dato che lo stesso verso non si accontenta della canonica voce grammaticale; richiede un’architettura di esperita valenza e di una brama espressiva che il poeta sente urgente dentro sé. Dato che la vita è tutta nel protendersi verso l’irraggiungibile, verso un’isola che nemmeno si vede all’orizzonte, ma che ci chiama, ci attira, per scoprire le nostre debolezze umane:
“Istanti/eventi che ci destano/la coscienza di esistere./E mentendo aneliamo/ a mondi senza croci/ o sofferenza.”, e navigare, andare, viaggiare è il succo del canto; non di certo fermarsi ad attendere di raggiungerla l’ispirazione, dato che è essa che ci avvolge nella sua rete, quando vuole: “Non cercare mai la poesia/ perché Lei non lo vuole./Non ama i cercatori, non ama i seduttori/ fugge da spasimanti egoisti che l’incalzano...”. Insomma una plaquette che dalla metapoesia  passa agilmente a tutte quelle che sono le questioni dell’uomo vivente; di colui che gioisce o soffre del fatto di esistere e prova per dirla con Hugo “la gioia di essere triste”. Anche se: “Un comune irripetibile vestito/ di distratta mutevole bellezza/ci fu dato dall’anima;/sopra la pelle nuda l’indossiamo/e solo stanchi lo dismettiamo/a sera. Poi ci copre un pigiama felpato/trapunto di stelle”.

Nazario Pardini 

1 commento:

  1. Ringrazio il Prof. Nazario per la sua bellissima presentazione, che coglie mirabilmente come al rallentatore aspetti anche istantanei o annidati, talvolta inconsapevoli; interpreta dilata estende e amplifica il senso e il suono dei miei versi. Sparsi in citazione nella sua trama espositiva, mi sembrano molto più belli, significativi e pregnanti di quanto io stesso non li riconoscessi nel testo originario. Grazie ancora. Benedetto

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