mercoledì 1 gennaio 2020

M.LUISA DANIELE TOFFANIN: "LA POESIA NELLA SCUOLA"


LA POESIA NELLA SCUOLA

Ho avuto la fortuna e il piacere di insegnare nelle scuole di ogni ordine e grado. E di solito nei consigli o nei collegi si discuteva e si organizzavano i progetti di programmazione annuale. Lavoro, che, se ben fatto e steso con passione e competenza, dava dei frutti. Soprattutto perché alla fine dei trimestri si verificavano gli obiettivi programmati. Di solito c’era sempre una fascia di due o tre ragazzi che o per mancanza di interessi o per altro non ce la facevano a seguire i programmi. Quindi ci si organizzava in maniera da effettuare recuperi e potenziamento con la divisione della classe. Ma quello che più contava della programmazione erano gli obiettivi da conseguire: specifici e trasversali; vale a dire quelli che riguardavano la materia singola e quelli che riguardavano trasversalmente tutte le discipline. Questo mio lungo discorso per confermare la validità dell’utilizzo, con dovuta attenzione, della poesia; Maria Luisa Daniele Toffanin n dettaglia il procedimento con ampia precisazione, soffermandosi sui vantaggi che ne derivano  per gli alunni e gli insegnanti. Tali contenuti non riguardano solo una singola disciplina, ma sono finalizzati a potenziare gli obiettivi generali dell’intera programmazione: comprensione del testo, lessico, analisi, deduzione e intuizione, espressione, sintesi, osservazione, descrizione, interessi...  Per questa ragione auguro lunga vita a questa intelligente operazione didattica, e spero che trovi terreno fertile nelle scuole che vorranno aderire. Ma per ulteriori chiarimenti vi proponiamo o schema suggeritomi dalla Toffanin:

Nazario Pardini

Caratteristiche essenziali: È un progetto vissuto con altre insegnanti della scuola primaria per ridare linfa alla poesia partendo dal racconto di una favola di cui è protagonista un albero parlante. L’albicocco della nonna muove tutta la ricerca lessicale, apre il mondo della natura e quello della fantasia dei ragazzi che, attraverso l’animazione e il gioco, daranno vita agli haiku. Esperienza individuale e collettiva insieme. Pubblico a cui si rivolge: insegnanti di scuola primaria e secondaria di primo grado. Per quali ragioni dovrebbero acquistare l’opera? Alcuni insegnanti contattati lo acquisterebbero per avvicinare in modo nuovo, attraverso il divertimento e la partecipazione animata, i bambini alla poesia. Quali sono gli eventuali titoli che i lettori potrebbero acquistare in alternativa? È un libro particolare e quindi non esistono attualmente proposte simili. Per quali ragioni dovrebbe essere preferito il volume proposto? Proprio perché in forma leggera e attraverso l’esperienza poetica degli haiku l’alunno potrebbe avvicinarsi e amare la poesia ma anche osservare più attentamente la natura, esprimersi in maniera sintetica, acquistare un linguaggio appropriato attraverso anche un divertimento corale. Un percorso individuale ma realizzato insieme. Dovrebbe essere preferito perché si propone in veste piacevole ma anche didattica. In quali delle nostre collane desidererebbe sia pubblicato il volume? Didattica.

ALTRE INFORMAZIONI UTILI PER VALUTARE IL VOLUME

È un progetto collaudato che offre un percorso con possibilità di dilatarlo e adattarlo alla classe e alle capacità inventive delle insegnanti. Inoltre aggiungeremo al testo manoscritto che ti invio anche delle fotografie relative all’albicocco in questione, alle classi, all’opera, alcune pagine di haiku create dai bambini.

Maria Luisa

APPROCCIO ALLA POESIA PER LA SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA DI PRIMO GRADO
dal progetto per classi prime e seconde “SCOPRIAMO INSIEME LA POESIA BAMBINA”
di Maria Luisa Daniele Toffanin

Piace introdurre il progetto con una nota personale: ho sempre amato la poesia forse perché sono cresciuta in un habitat familiare e amicale dove si respirava rispetto, anzi passione per questo genere di scrittura. Oltre le abituali recite sulla sedia più alta, della poesia di Natale e di Pasqua, c’erano altre mille occasioni magari per ripetere a memoria il testo assegnato dalla maestra di allora che usava un sussidiario ricco di versi di contemporanei quali Diego Valeri, Angelo Silvio Novaro, Marino Moretti, Giulio Alessi... Inoltre ha inciso in me l’amicizia con Giannina Facco, grande scrittrice per ragazzi e pure poetessa, e con la sorella Maria pittrice, presenze vive del nostro vissuto. Durante il cammino scolastico il tutto si è arricchito grazie all’incontro con insegnanti veramente umanistici da ricordare onorandoli: Silvia Gamba, Vittorio Zaccaria, Federico Viscidi e Cesira Gasparotto che ci hanno fatto godere della bellezza dell’arte, della poesia come invenzione fantastica ma anche come opera del pensiero umano espressa in un ritmo diverso dalla prosa. Mitica pure, nell’ambito domestico, la figura dello zio Leone, illuminato professore di italiano e latino nei licei cittadini. Proprio lui ha acceso ancora più questo fuoco, con l’analisi di molti passi famosi del Manzoni, come gli endecasillabi di “… Addio ai monti sorgenti…”, e di alcuni dialoghi dei Malavoglia. Essenziale è stata la sua passione condivisa con me per tutta la poesia dell’Ottocento e in particolare per i Sepolcri. Conseguente la scelta di Lettere Moderne all’università di Padova e la tesi di laurea con l’emerito slavista Arturo Cronia sull’autore ermetico serbo-croato Drago Ivanisevic, tradotto e commentato criticamente appunto nelle pagine della tesi con congratulazioni finali della commissione e dello stesso presidente Carlo Diano. Guidata da tale amore, ho operato nelle successive esperienze scolastiche evidenziando agli alunni, in primis dell’Istituto d’Arte, il bello in un’analisi estetica ed etica dei vari autori soprattutto del Novecento ma anche precedenti, il bello poi che facilmente si reperisce dall’esame di ogni espressione artistica dei vari momenti storici, e pure del teatro, forma a mio sentire vicina alla poesia quale comunicazione diretta con l’altro. Questo è avvenuto anche grazie al mio veloce inserimento nella scuola superiore che mi ha permesso non solo l’approfondimento con gli studenti degli aspetti letterari del Novecento, ma anche del loro approccio con il teatro, con la partecipazione a spettacoli al teatro Verdi di Padova, precedentemente rivisitati insieme. Importanti le ore extra moenia dedicate alla poesia del Novecento con grande consenso degli studenti. Ma questo percorso nella bellezza non si è esaurito con il pensionamento perché ho deciso di proseguirlo dando vita ad Abano ad uno dei tanti Centri di Orientamento Levi-Montalcini, a quel tempo molto frequentati, e poi aperto ad altre attività culturali promosse con l’appoggio dell’assessore alla cultura di Abano, Eloisa Pennisi. Ricorrenti erano gli incontri da noi organizzati per i ragazzi e gli insegnanti con critici, scrittori e poeti quali Andrea Zanzotto, Ferdinando Camon, Silvio Ramat, Mario Richter, Cesare Ruffato… Incontri molto intensi in questi primi 10 anni di vita come è testimoniato nel libretto-ricordo dell’Associazione, da me sostenuti perché partivo dal presupposto che un buon orientamento scolastico si potesse fare solo avendo una ricchezza culturale a tutto tondo, quindi anche umanistica, artistica, ecc., che permettesse di conoscersi meglio e di fare scelte più convinte e qualificate. Quindi come coordinatrice culturale ho avuto diverse occasioni di avvicinare le classi alla poesia con progetti realizzati insieme agli insegnanti e di creare con gli alunni percorsi poetici attraverso i miei libri, soprattutto Per colli e cieli insieme mia euganea terra, con continui riferimenti ad altri poeti del Novecento. L’esperienza si è allargata dalle scuole elementari alle medie, alle superiori, grazie all’incontro con insegnanti sensibili e ragazzi disponibili alla poesia. Certamente fondamentale è stata l’esperienza realizzata con Luca Brunoro nella scuola media Malipiero patrocinata dalla biblioteca di Marcon: una combinazione di musica e di mie poesie per condurre i ragazzi ad esprimere i loro sentimenti in versi ritmati e con linguaggio poetico. Questo percorso è durato per lungo tempo in varie classi della scuola secondaria con felici soluzioni. Altri, svolti solo da me in scuole primarie, hanno avuto esito positivo con la proposta degli haiku come mezzo per osservare la natura, sintetizzare le proprie emozioni con un certo arricchimento lessicale. Tutto questo mi ha stimolato a preparare il progetto da realizzare alla scuola primaria Don Bosco di Torreglia, vista la sensibilità dell’assessore alla cultura Cristina Conardi e della bibliotecaria Fiorella Lunardi, progetto che qui espongo con l’intenzione di stimolare, come allora, i bambini ad esprimere tutto quel mondo di bellezza di cui inconsapevolmente sono depositari, prestando una nuova attenzione alla natura proprio come il viandante che annota quello che vede e lo rende sinteticamente in tre versi con un linguaggio mirato.
Da questa esperienza e da altre precedenti ho maturato nel tempo un percorso successivo rivolto agli alunni di ogni tipologia scolastica e ai loro insegnanti con il titolo “Nati per la bellezza”, realizzato in collaborazione con Katia Scabello, esperta di letteratura per l’infanzia, e Cinzia Favaro, psicoterapeuta e mediatrice familiare: una ricerca e scoperta della poesia-bellezza che abita in ognuno di noi. 

PRESENTAZIONE DEL PROGETTO “SCOPRIAMO INSIEME LA POESIA BAMBINA” INVIATO AL COMUNE DI TORREGLIA E RELAZIONE SUGLI ESITI DEL SUO SVOLGIMENTO

DESTINATARI
Il progetto “Scopriamo insieme la poesia bambina” è rivolto ai bambini ancora inesperti di poesia per avvicinarli alla magia della Parola capace di esprimere colori, suoni, emozioni come un disegno o una musica.
Vuole dimostrare loro che la poesia è un’esperienza semplice e accessibile a tutti: nasce dall’osservazione, dall’ascolto della natura – momento di intensa emozione personale traducibile in haiku cioè brevi pensieri – versi costruiti insieme come un gioco.
È solo l’inizio di un discorso che può gradualmente sensibilizzare l’anima alla bellezza della poesia e allargarsi nel tempo alla composizione, ma anche alla piacevole lettura dei versi dei poeti di ogni tempo.

TEMA
La natura visitata dai bambini con soste in particolare tra gli alberi, osservati nelle varie parti, alla scoperta della loro vitalità, generosità, mutazioni e colori. E questo dall’osservatorio classe-casa che guarda sul giardino, sui colli vicini, con pause sui sentimenti provati.

MODALITÀ DI ATTUAZIONE
Il progetto consta di due incontri della durata di ore 1.30 ciascuno realizzati singolarmente nelle classi prime e seconde della scuola primaria e comprende una serie di mini laboratori ognuno dei quali si apre con una favola di cui è protagonista l’albero umanizzato: questo permette al bambino di entrare psicologicamente nel mondo vegetale e lo sollecita a scoprirne la vita, suscitando in lui delle emozioni.
Si procede poi alla raccolta in un recinto del lessico utile per le composizioni (già concordato con le insegnanti) attraverso un gioco che coinvolge tutta la classe, “Un bastimento carico di…” ripetuto ad ogni incontro, gioco che ovviamente anima la classe, li coinvolge e li rende attivi ricollegandosi sempre con la favola. Gioco annunciato già precedentemente. Si propone quindi un primo haiku come modello da seguire e si invitano i bambini ad esprimere le loro impressioni sul tema guidandoli nella composizione di brevi versi e poi di un disegno.
A casa potranno osservare gli alberi del loro giardino o dei colli ascoltandone le voci e preparando anche oralmente dei pensieri, supportati sempre dai docenti.
Il secondo incontro sarà impegnato nella costruzione insieme di altri semplici haiku contando soprattutto sulla spontaneità e lo stupore elementi propulsori della parola bambina.
Filastrocche, nenie, cantilene tratte dalla memoria veneta potranno essere inserite come conclusione del lavoro o in altra fase.
Il progetto può essere realizzato solo con la stretta collaborazione delle insegnanti per la conoscenza dell’argomento, la ricerca del linguaggio ed altri particolari da definire insieme.

FINALITÀ:
-creare nei bambini l’amore per la natura vissuto come un colloquio con la realtà che li circonda, premessa al rispetto per l’ambiente;
-cogliere la poesia che è in loro espressa in innocenza, stupore e spontaneità, sviluppando anche la capacità fantastica e affinando la sensibilità;
-arricchire il lessico;
-esercitarli all’analisi e alla sintesi secondo le premesse poste;
-sollecitare l’attenzione verso il suono e il ritmo: l tutto in modo naturale senza forzature.
Auspicabile alla fine una piccola raccolta degli haiku e dei disegni realizzati come testimonianza dell’esperienza vissuta.
Come già accennato precedentemente, l’uso dell’antico verso giapponese, poesia del viandante, offre l’occasione di ascoltare nel cammino quotidiano la voce della natura nelle sue mutazioni stagionali e di sentire le proprie emozioni. Sollecita a rendere il tutto in tre brevi versi con linguaggio quindi appropriato e mirato in un gioco anche costruito insieme ma che rispetta le diverse individualità. Così la vita sopravvive soltanto facendosi opera d'arte di se stessa e questo è il pregio proprio dell’haiku che rappresenta un po’ una rivoluzione che va oltre le vecchie forme, i vecchi schemi.
La proposta sarà adattata in maniera comprensibile agli alunni delle classi prima e seconda e svolta in stretta collaborazione con i docenti come integrazione del programma curriculare sia di lingua italiana che di altre discipline in due incontri di ore 1.30 ciascuno. E tutto questo secondo i principi dello statuto dell’Associazione Levi-Montalcini.
Si chiede per il laboratorio un contributo da concordare e versare sul conto corrente dell’Associazione.
L’ALIBICOCCO DELLA NONNA
Favola di Maria Luisa Daniele Toffanin

C’era una volta in un grande orto un albero di albicocco ancora giovane che tremava, con i suoi rami nudi di foglie, al vento freddo di novembre.
“Perché tremi così come se fossi triste?” gli chiese un passero saltellante sull’erba. “È vero, sono triste – rispose l’albicocco con voce di pianto – sono triste perché quest’orto è ormai abbandonato, la casa è chiusa, la mia padrona, nonna di tanti nipoti, è volata in cielo. E io non voglio rimanere nella malinconia di questo autunno qui solo a piangere.”
E il passero affettuoso lo consolò: “Non pensarci amico: la vita è così per gli uomini, gli alberi e per noi uccelli. Dormi ora perché l’inverno è vicino, sogna le tue albicocche vellutate e dolci che quest’estate ho mangiato anch’io. Dormi tranquillo che la fata primavera ritornerà e con i suoi colori dipingerà la natura e tu sarai bellissimo coperto di fiori e poi di foglie”.
“Ma tu caro passero – rispose l’albicocco – fai presto a parlare perché voli da una parte all’altra in cerca di luoghi più felici. Ma a me mancano la carezza della nonna e l’abbraccio dei nipoti al mio tronco.” E pensoso con le lacrime agli occhi lentamente si addormentò.
Una mattina d’inverno Marco arrivò nell’orto e, anche se era tanto freddo, scavò una buca intorno all’albero e lo portò via addormentato avvolgendo bene le sue radici con un una vecchia tela. Lo piantò nel suo giardino come ricordo della nonna. E ogni giorno andava a parlargli e accarezzarlo perché temeva che con il freddo potesse morire. L’albero invece continuava a dormire sognando farfalle sui rami, cieli azzurri pieni di sole e succose albicocche gialle.
Ai primi tepori di febbraio illuminato da qualche raggio di sole l’albicocco cominciò a liberarsi dal freddo battendo i piedi nascosti dalla terra, muovendo le sue braccia ramose senza mani di foglie non ancora spuntate. E lentamente aprì anche gli occhi guardandosi intorno: “Dove sono? – si chiese – Questo non è il grande orto dove abitavo prima con l’amico passero. È un giardino più piccolo e, mi sembra, allegro. Anch’io mi sento diverso, come più vivo: la mia linfa scorre calda per il mio corpo! Chissà che sia arrivata la primavera.”
Un pettirosso lì vicino lo sentì parlare ad alta voce e subito gli disse: “Ciao amico, ben svegliato. Tu forse non ti sei accorto, ma sei già pieno di piccolissime gemme che diventeranno lentamente più grandi e si apriranno poi in tante corolle dai petali delicati. Evviva la vita! Tutti ne saranno felici qui nella casa.”
L’albicocco non capiva più niente: era contento e insieme sorpreso, ma voleva sapere dove si trovasse.
L’amico pettirosso che aveva compreso tutto quello che gli passava per la mente, gli spiegò: “Sei nella casa di Marco, il nipote di quella nonna che ti voleva bene. Ti ha piantato qui come un ricordo della vecchia casa, e ti ha curato sempre con amore perché voleva che tu vivessi.” L’albero sorrise con le sue gemme a quelle belle parole e ormai completamente sveglio attese ogni giorno il nuovo sole per fiorire, muovendo piano le braccia ramose come per salutarlo. Marco vedendolo colmo di gemme rosate che presto sarebbero diventati fiori, poi piccoli frutti verdi maturati dal sole estivo fra tante mani piccine di foglia, lo abbracciò commosso per il miracolo avvenuto. E l’albero felice sentì la sua linfa muoversi dalle radici al tronco ai rami. Lasciò che il giovane tagliasse quelli troppo alti e li portasse in casa perché si aprissero subito al calore e dessero gioia alla famiglia. A metà marzo era tutto una nuvola di petali delicati come la pelle di un bambino, leggeri come il volo di una farfalla nel vento.
E con i pistilli bianchi sottili come fili di seta sussurrò a Marco. “Grazie amico, ti donerò albicocche dolci e morbide quest’estate e tanta ombra verde per riposarti dal sole.” Il giovane abbracciò con affetto l’amico albero, sentendo di stringere al cuore anche la sua nonna.
E così i due amici aspettarono insieme l’estate con il dono dei bei frutti splendenti tra le foglie.
Aspettarono tante altre stagioni con il pettirosso che partiva e ritornava e il passero invece che restava sempre lì con loro. L’albero e il giovane divennero grandi insieme e vissero felici e contenti anche perché nella casa, nel giardino si muoveva ora una bambina molto piccola con le guance morbide come due albicocche.

ESECUZIONE DEL PROGETTO – CLASSE SECONDA
Approvato dalla commissione il progetto sopra esposto, procedo per organizzare un incontro con le insegnanti la cui collaborazione è essenziale per un buon esito del lavoro. Ci conosciamo proprio nel giardino della scuola e ci accordiamo sulla lettura della favola, a loro nota: protagonista ne è l’albero. Quindi propongo di dare un grande spazio nei loro contatti con i bambini, a tutto il lessico ad esso relativo: nomi, aggettivi, verbi aderenti alla vita dell’albero. Inoltre le invito ad attirare la loro attenzione sul mondo vegetale da me umanizzato nella favola, con l’intervento anche di animali parlanti. Questo per suscitare sorpresa, stupore e accendere le emozioni dei piccoli che onestamente in famiglia non sono sempre stimolati a tutto questo a causa di un insieme di motivazioni facilmente reperibili nel ritmo d’oggi. Poste queste basi con le insegnanti, mi sento rassicurata perché avremmo in questa maniera lavorato all’unisono, come si è realizzato poi. Nei giorni fissati giungo in classe con dei rami di albicocco, il famoso protagonista della favola, con i boccioli ancora chiusi, e li pongo in un vaso per poter assistere in quei giorni al loro aprirsi. Certamente questa attesa conquista l’attenzione dei bambini già allertati dalle insegnanti. E ci prepariamo all’aprirsi della corolla, immaginando i suoi colori, le forme dei petali, i pistilli, riflettiamo sui loro sentimenti di fronte a questo miracolo, sentimenti che possono diventare poesia che è emozione, stupore, nata da un bocciolo. Così in modo spontaneo si scopre che cos’è una poesia: osservazione della natura, espressione dei propri sentimenti che diventa parola quasi in un gioco divertente. Sottolineo quindi l’importanza dell’attenzione al ramo, al bocciolo, all’ascolto di quello che vuole dirci che diviene nostra emozione per questo dono della natura a primavera.
L’occasione ci è offerta proprio dal nostro ramo sulla cattedra ma anche dalla pianta che è fuori nell’aiuola del giardino della scuola o di casa o dei colli. Essenziale però è percepire i sentimenti suscitati da questo albero che può sognare come noi, soffrire, sorridere. Ed ecco, per rendere più vere queste affermazioni, leggo lentamente la favola che mi permette di parlare di me, di farmi conoscere e di creare una certa confidenza con gli allievi. La lettura desta un vivo ascolto nella classe e induce a dar vita al gioco per comporre poi gli haiku. Un bambino più curioso degli altri esclama: «Che parola strana haiku».
Ed io brevemente spiego che noi siamo sempre in viaggio e con gli occhi fotografiamo tutte le cose che ci rimangono dentro. Così gli haiku sono mini liriche, cioè piccole poesie, scritte in Giappone, nate dall’osservazione della natura, composte da tre versi e che ora ricostruiremo come in un gioco.
Raccolgo le parole, come annunciato nel progetto, lanciando un fazzoletto ad un bambino e dicendo “È arrivato un bastimento carico di… R”, al che la risposta è ovvia: rami, radici, raggi…; “carico di… S” (sentimenti) e la risposta è: sogno, sole, sospiro… E così per tutte le lettere dell’alfabeto. Li sollecito intanto a vedere il giardino della nonna d’autunno con gli occhi della fantasia e a percepire la voce dell’albero umanizzato. Questo per suscitare in altro modo quella poesia che è celata nella loro spontaneità, nella purezza dei loro cuori, in modo da creare tra loro e la natura un contatto, per smuovere così le loro emozioni e tradurle in versi proprio con quelle espressioni già raccolte, assimilate dalla favola. E così guidandoli all’uso di parole brevi per realizzare spontaneamente il classico haiku (due quinari e un settenario) propongo: sospira l’albero / con le sue foglie al vento / triste l’autunno. E qui i bambini stessi, come spinti da un nuovo entusiasmo, si aprono a gara a verbi, aggettivi che indicano la vita, la gioia, la sofferenza vegetale. Sull’esempio proposto nascono i loro primi versi collettivi:

Sorride l’albero / con le guance rosate / è felicità.

L’albero trema / con le radici e il tronco / la linfa è fredda.

L’albero sogna / verdi tenere foglie / dono di vita.

La classe partecipa tutta: si crea insieme. Ognuno potrà poi rendere in forma di disegno l’emozione avvertita. Non mi soffermo sulla metrica, come già detto, perché i bambini hanno dentro un loro canto, una musicalità ravvivata anche dalle filastrocche a loro già note e che io riprendo. Non voglio inoltre appesantire il divertimento, togliere il piacere ma rendere tutto naturale, senza forzature. E così sarà una gara alla ricerca di parole e di nuove scoperte.
A casa li sollecito all’esplorazione del giardino, degli alberi della strada, di Torreglia e dei Colli, fermandosi, ascoltando la loro voce e scrivendo dei pensierini brevi sotto la guida dell’insegnante sempre presente al nostro colloquio. Il progetto di tre ore in tutto con lo stesso metodo è sviluppato nell’incontro successivo. Il lessico però è ora molto più ricco di colori, di verbi, di immagini anche perché a casa qualche bambino ha osservato oltre: le rondini sotto il portico, i pulcini, immagini legate alla primavera, ma anche alla Pasqua vicina. Ed ecco che nell’incontro conclusivo è ormai una gara nel creare recinti di parole nuove sempre più ampi, a proporre haiku articolati in una ricchezza inaspettata di figure, colori e soprattutto con entusiasmo reciproco di esprimere insieme le loro emozioni. Il recinto di parole si allarga sempre più anche al tema pasquale vicino intrecciato con l’albicocco, gli ulivi.

Pasqua festosa / vestita di rosa / Cristo è risorto.

Petali lievi / parole in noi sincere / pace e perdono.

Il momento si trasforma in una cascata di sempre nuove visioni e sentimenti creati con quella libertà, conseguenza dell’impostazione del primo incontro, della collaborazione delle insegnanti catturate dalle nuove esperienze, come ben afferma Francesca Colombis:
“Noi adulti dobbiamo avere” la curiosità per il conoscere e un’umiltà verso l’altro, che può sempre, “darci qualcosa”, per poter passare il “testimone” ai piccoli.
Ogni tipo di esperienza, a qualsiasi genere essa appartenga, è CONOSCENZA. La CONOSCENZA è un bagaglio culturale che ognuno di noi può avere, poi questo BAGAGLIO potrà nel corso della vita essere aperto e da una di quelle “valigie”, che ti porti dietro o dentro, si potrà tirare fuori quello che servirà nel viaggio di vita; ma anche no, se si decide di non usarlo, però si sa che c’è.
Quindi proporre ai bambini il tuo tipo di esperienza e conoscenza non può che essere stato positivo, sarà LUI \LEI, bambino, ragazzo, adulto che, nel tempo, penserà come usarlo.
Io ho visto che quello che tu avevi presentato ai nostri piccoli, anche come gioco, ha permesso loro, in quel caso, di stimolare la fantasia, con il racconto che tu hai letto, giocare con le parole, conoscere un lessico che non viene usato giornalmente e non sempre in modo corretto e consapevole ed inoltre portarli a ricercare e tirare fuori una loro creatività.
Ultima cosa: ogni esperienza, pur negativa, può essere bagaglio personale di conoscenza, nel momento in cui la fai. Ma questo non è stato il nostro caso (negatività), perché ci siamo anche divertiti e anche questo è importante.”

Basta poco con i bambini in cui originariamente abitano stupore ed emozioni: basta tirarle fuori perché diano voce al loro mondo immacolato.

REALIZZAZIONE DEL PROGETTO – CLASSE PRIMA
L’esperienza in classe prima si rivela particolare come era già intuibile: i bambini, da poco inseriti nel nuovo mondo scolastico, sono alla ricerca di una loro dimensione, inoltre non sono autonomi ancora nella scrittura (siamo solo nel mese di marzo) e sono quindi supportati dall’insegnante che scrive per loro alla lavagna. È positiva però la freschezza del loro entusiasmo alla lettura della favola a cui partecipano con tutto se stessi, tanto che racconto, anche per coinvolgerli maggiormente, l’ambientazione spazio-temporale della favola. Così vedono con gli occhi della loro fantasia proprio il luogo in cui è avvenuto l’evento: l’orto della nonna, che era poi la mia mamma, d’autunno, d’inverno, con il vento che muove le ultime foglie che cadono a terra per sempre, mentre nascono nell’albicocco sogni di gemme. Evidenzio poi una fase successiva: il giardino di Marco, mio figlio, d’inverno con il timore che l’albero lì trasportato possa morire, poi con il primo sole di primavera, e le immagini delle gemme che tentano di uscire dalla scorza come i bambini possono realmente osservare dai rami da me portati in classe. Questo perché possano seguire l’evoluzione della gemma che poi si apre, diventa corolla. Così i piccoli si avvicinano di più a me, al mio vissuto, capiscono che la favola nasce da una realtà. Vedendo poi il lento aprirsi delle gemme esprimono su mia sollecitazione il loro pensiero, le loro impressioni, usando espressioni tratte dalla stessa favola: le corolle sono delicate come la pelle di un bambino, petali leggeri simili a farfalle che danzano al vento, annuncio di possibili similitudini da usare poi. Ma quello che, come detto, colpisce è questa loro capacità di assorbire gli eventi con entusiasmo generale sentendomi anche più empatica con loro e di rivivere con i loro mimi l’albero nella sua umanizzazione, nelle sue parole, nei suoi movimenti, perfino di rendere il linguaggio degli uccelli da loro incamerato e ora tradotto in gesti quindi anche in brevi osservazioni. Io accompagno intanto la loro animazione con la lettura di vecchie filastrocche per creare un ritmo musicale che hanno già dentro ma che così viene rievocato. L’haiku nascerà poi come esperienza conclusiva, per il primo giorno, determinata da tutte le loro brevi osservazioni, dal gioco “È arrivato un bastimento carico di…” che ci permette la raccolta in un recinto ancora minimo di parole per rendere situazioni già mimate. Questo per procedere secondo le tempistiche dei bambini perché tutto venga assimilato e reso in modo spontaneo. Riportiamo alcuni esempi di questi primi haiku:

Tremava l’albero / con i rami spogli / è inverno.

Si spoglia l’albero / sogna un’altra primavera / ricca di gioia.

Sogna l’albero / con tutti i suoi rami / è primavera.

È già molto e l’esame dell’albero verrà ampliato, approfondito grazie alla collaborazione dell’insegnante che li preparerà all’incontro conclusivo con l’osservazione di altri alberi di casa, dei colli, della natura stessa, con riflessioni sui loro sentimenti di fronte al mondo vegetale. Così fa il viandante giapponese che viaggiando – la vita è un viaggio continuo – osserva, guarda, fotografa, esprime sintetizzando in tre brevi versi il tutto come in un flash lirico, poetico. L’incontro successivo, grazie al lavoro sopracitato delle insegnanti, si allarga a un recinto di parole più completo che comprende anche altri verbi, aggettivi, sostantivi che esprimono le loro emozioni (gioia, felicità, sorpresa, tristezza, …) come risulta da altri esempi riportati che evidenziano il processo evolutivo nell’analisi dell’albero ma anche nell’esame delle proprie emozioni. Il lessico è quindi più ricco come qui risulta:

Sognava l’albero / petali di fiori rosa / aspetta il sole.

Si sveglia l’albero / felici sono le sue gemme / dona gioia.

Sorridono i bimbi / appoggiati al tronco / è primavera.

Parla l’albero / ai bambini seduti / sulle sue radici.

Dimostrazione di una viva partecipazione dei bambini alla favola, di una loro sollecitazione emotiva espressa talvolta anche con i disegni, che evidenzia negli haiku la libertà espressiva motivo fondante di questa esperienza. Li si è lasciati liberi, pur guidati, nella conquista di questi componimenti che poi sono diventati una gara nella ricerca di immagini, parole, emozioni…
Tutto questo in ogni caso è stato positivo perché ha sviluppato la loro attenzione alle cose, l’osservazione del mondo della natura, lo sviluppo della fantasia. Inoltre li ha guidati alla ricerca di parole appropriate assimilate durante la lettura della favola che, al dire delle insegnanti, ha continuato a vivere in classe anche durante l’anno scolastico. Testimonianze di questo breve percorso rimangono i libretti “Scopriamo insieme la poesia bambina”, editi dalla biblioteca, con le immagini delle corolle aperte sui cui petali sono scritti gli haiku, parte dell’albero cartaceo appeso in classe, creazione di Francesca Colombis e le sue colleghe, con i rami nudi su cui spuntano, appunto, tali corolle. Per dire anche l’entusiastica sinergia creatasi tra noi.

Gioisce l’albero / dona i suoi fiori a tutti / è primavera.

Petali leggeri rosa / fiori nuvoletta delicata / sole giallo.

Sorride il vento / leggero trasporta i petali / in una dolce danza.

Esperienza quindi decisamente positiva anche secondo le insegnanti Ornella Dainese e Nicoletta Fracasso che così ricordano:
“Ricordiamo con molto piacere l'esperienza vissuta qualche anno fa, nel corso della quale la prof.ssa Toffanin, con delicatezza e sensibilità, ha proposto agli alunni delle nostre classi (primo ciclo) un'attività che mirava a sviluppare nei bambini confidenza con il linguaggio poetico degli Haiku.
La professoressa è stata veramente coinvolgente e capace di suscitare nei bambini un ascolto profondo della loro sensibilità non ancora mascherata da corazze culturali.  
È stata bravissima nell'accompagnare a tradurre in parole e poesie i loro pensieri.”

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La realizzazione del progetto ha suscitato l’entusiasmo anche dell’assessore alla cultura Cristina Conardi del Comune di Torreglia, della dirigente della biblioteca Fiorella Lunardi che si sono impegnate a documentare tutto il lavoro costruito insieme con due libretti ricordo, distinti per la classe prima e la classe seconda, contenenti la favola, gli haiku dei bambini, i loro disegni. Primeggia nella copertina l’immagine dell’albicocco della nonna in fiore, all’interno delle corolle apertesi in classe e dei fiori cartacei, di quel famoso tronco, con i petali aperti come pagine per gli haiku scritti di propria mano dai bambini di prima. Gli album, belli anche come oggetti, sono stati consegnati con mia grande soddisfazione a tutti gli alunni delle classi coinvolte durante la festa della biblioteca organizzata dal Comune a cui erano presenti le insegnanti, la promotrice del progetto, tutti i genitori, l’assessore e la dirigente della biblioteca. Il pomeriggio è stato animato in vari modi da una Cooperativa ludica. Le due referenti, l’assessore e la bibliotecaria, hanno preso la parola dichiarandosi orgogliose di aver voluto e sostenuto il progetto, esprimendo apprezzamenti al lavoro che aveva evidenziato la ricchezza creativa celata nei bambini e l’ottima sinergia costruttiva fra le varie protagoniste. A mia volta ho sottolineato ai genitori e ai bambini anche il valore della poesia come educazione al bello. Ora questo momento conclusivo con il dono perfino degli album ricordo spiega la prefazione iniziale un po’ personale e ampia: in realtà vuole dimostrare che la passione per la poesia nutrita in vari modi e tempi, può catturare l’attenzione sia degli adulti sia dei bambini creando magie: atmosfere di condivisione, coinvolgimenti, empatia in cui si impara a riascoltare la natura, i propri sentimenti rendendoli in modo nuovo, tre brevi versi, divertendosi tutti insieme come ha ben sottolineato Francesca Colombis. Ecco che può essere interessante raccontare questa felice esperienza scolastica anche ad altri insegnanti: ognuno potrà adattarla alle proprie esigenze per approcciare i più piccoli alla poesia.
Non c’è una scheda-guida da seguire: il progetto è già un modello costruito dal pensiero con un suo percorso, che però è stato plasmato in modo diverso dagli scolari stessi di prima e di seconda con le loro diverse reazioni e conseguenti atmosfere createsi. Quindi si è reso nel suo cammino duttile e malleabile ben adeguandosi alle due realtà scolastiche anche perché la mia anima conduttrice lo ha allargato, ristretto, modellato sulla sensibilità dei bambini che, nella libertà del gioco guidato, hanno saputo esprimere tutto se stessi. Bella esperienza da ripetere grazie alla disponibile intelligenza e cuore dei docenti.



Nessun commento:

Posta un commento