venerdì 18 marzo 2016

EGIDIO CAPODIFERRO"INEDITI"


Una poesia apodittica, allusiva, di forte capienza emotivo-introspettiva. I versi non dicono mai tutto e lasciano in sospeso interrogativi e questioni sulla  vicenda umana; lasciano spazio ai lettori sui perché del vivere e dell’esser-ci; su un dolore che attanaglia “… a cui non t'arrendi/ troverai la fuga per un nascosto cunicolo/ o dolcemente spirando, a mo' di volo./ Io la vedo oltre il bordo dei monti,/ dov'è lo scolo delle stelle cadenti.”. Un allungo oltre il mistero del vivere; oltre le ristrettezze della nostra vicenda terrena; un allungo verso scappatoie che aprano orizzonti agli spazi ristretti del quando e del dove. Ed è umano, fortemente umano il richiamo del poeta; il suo breve e conciso poetare chiama alla vita; alla sua intricata questione con una metaforicità di urgente resa poematica. Prendendo spunto anche da un minimalismo ontologico di effervescente intrusione, come ad esempio: l’odio, la bocca, il bavaglio, lo sbaglio; motivi che si fanno oggettivi e universali tanto che valgono come parenetico invito per ciascuno di noi:” Non c'era motivo d'avere paura/ per l'odio che scaturiva dalla fessura/ della bocca. Pochi punti di sutura/ con un filo di calma o un premuto bavaglio/ sarebbero bastati a fermare quello sbaglio”. Ma è nel modo di proporre i sentimenti e le obiezioni, nel trattare il verbo, che il poeta raggiunge una modernità espressiva  di piacevole caratura. C’è qui uno slancio etimo-fonico che supera il semplice significato, e volge la mira al di là della grammatica tradizionale; verso un significante dai risvolti iconici. Il tutto si fa ampio e orizzontale, stretto e verticale; geometricamente rettilineo, vòlto a mete senza confini se si considera l’intenzione di una cifra metrica che travalica spazi di comune intendimento, partendo da un minimalismo che fa di un ascensore una riflessione di quotidiana esistenzialità:

(…)
È trasparente come una serra,
lì si coltiva il silenzio,
gli sguardi maniacali
tra il pavimento e il soffitto,
lo stare sospesi su una palafitta.

Nazario Pardini


I

L’alto campanile varca il reame
scialbo della nebbia. Tempesta
uno sciame di rintocchi il paese,
i tuoi orecchi, la foresta.

2.
Da questo dolore a cui non t'arrendi
troverai la fuga per un nascosto cunicolo
o dolcemente spirando, a mo' di volo.
Io la vedo oltre il bordo dei monti,
dov'è lo scolo delle stelle cadenti.

3.
Non c'era motivo d'avere paura
per l'odio che scaturiva dalla fessura
della bocca. Pochi punti di sutura
con un filo di calma o un premuto bavaglio
sarebbero bastati a fermare quello sbaglio.

4.

Tra arroccate nubi
s'apre una botola,
la luce cola
sui nostri incubi.

5.

Si è arrivati al piano terra
tramite l'ascensore, slitta
che scia su due rotaie verticali,
si scende, poi perfino si sale.
È trasparente come una serra,
lì si coltiva il silenzio,
gli sguardi maniacali
tra il pavimento e il soffitto,
lo stare sospesi su una palafitta.







1 commento:

  1. La prima poesia e altre, con un buon numero di prose poetiche usciranno a giugno presso Puntoacapo editrice (Collezione letteraria) con titolo: Acquerelli. Capodiferro Egidio

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