lunedì 8 ottobre 2018

N. PARDINI LEGGE: "SILLOGE INEDITA" DI LIDIA GUERRIERI


Nazario Pardini

prefazione
a

Le pallide dita della luna

di Lidia Guerrieri

La  voce del mare nella melodia del verso



La mia poesia è tutta nei tuoi occhi, è così che inizia l’opera, con una poesia che l’Autrice dedica alla figlia: un sentimento tanto potente che non sono sufficienti le parole a esternarlo, occorrono immagini naturali per dare colore, forza, ed esplosione allo stato d’animo: l’edera, il corimbo, il lattice, la luna...

A  ROMINA

La mia poesia è tutta nei tuoi occhi
d'edera e di corimbo,
sulla tua pelle
che a lattice di luna eguaglia il lume,
piccola donna mia  che tutto sai del mondo
e di cui il mondo non conosce il nome!
(...)

C’è il bisogno di ricorrere a configurazioni paniche, anche nel resto della plaquette, per concretizzare le vicissitudini; un antroporfismo  delicato e gentile che contribuisce non poco alla organicità dell’insieme: Marina, il mare, le viuzze, il Maestrale o il Libeccio che si fanno simboli di una storia in un dire di classica misura che tanto risente di studi umanistici e di ambiti culturali letterari, ma soprattutto di un animo zeppo di cose da narrare:

La giuncaia che fiuta il Maestrale,
l'onda che passa al vaglio sassi e rena,
e le pallide dita della luna
a frugare nel vento siderale
non sono poi lontani
dal falco  che scandaglia i fiumi azzurri
sopra le creste d'oro. Nè è diverso
colui che scruta l'anima o  che annaspa
tra le curve insondabili del cielo
dal verme che da secoli rovista
testardo i sottoscala della terra.

Sì, si respira aria di salmastro, odore di pinolo, e si ode lo sciacquio della bàttima. La Guerrieri è tutta qui, con la sua storia, con  la sua terra, con cui torna sempre a dare carburante al serbatoio del linguismo, del patema esistenziale.
Una silloge, questa di Lidia, che abbraccia con melanconici abbrivi le fragranze della vita; e lo fa scolpendo coi versi la materia da forgiare. Sì, la vita con tutte le peripezie, con tutti i dilemmi, con tutte le aspirazioni spesso tradite dal volgere della sorte. Ma quello che da subito risalta agli occhi e alla mente è il verso: un’architettura di intrecci verbali, di iuncturae simboliche assegnate alla grazia della melodia. E tutto si fa musica, euritmica sonorità, romanza che prende e non molla; che arriva e convince; che allunga il tiro a sponde di isole lontane, verso le quali la Nostra aspira, e a cui tenta di approdare in cerca di mondi puliti dove i tramonti sfiorano coi loro colori gemme pure e vergini, dove poter ri-vivere con volti amati e troppo presto scomparsi, e dove i sogni, le presenze e gli affetti non vengano scalfiti dalle mani del tempo. Un’isola, insomma, dove la vita è vita, l’amore è amore, e tutto si svolge senza trafitte dolorose, senza provare solitudini di un esistenzialismo esiziale:

(...)
Capita allora che ti accorga come
sia il cuore dell'Inverno solo un buco
grigio di luce, e freddo d'inquietudine,
e che, mentre il dolore graffia il muro,
ti chieda se potessi un poco entrare
ed asciugare  al fuoco questi panni
intrisi di rimpianti e solitudine.

Rimpianti, ritorni, rievocazioni... in versi nutriti di sinestetici accostamenti o di metaforici allunghi che tanto danno al cuore del canto.
Senz’altro la Nostra non appartiene a quella corrente di avventure sperimentali che tradisce il vero spirito della poesia; non appartiene di certo a  quella cerchia che ha contribuito con positure prosastiche a stravolgere l’anima del poièin. Direi piuttosto il suo “poema” un racconto interiore, una confessione che tanto si avvicina all’empito di un realismo lirico. E il tutto si fa dolce e fluente, amabile e nostalgico, vero e concreto come lo è la vita nel suo corso di andate e ritorni. Spesso c’è il tentativo di aggrapparsi a memorie di antiche primavere:

(...)
E sono  insieme, voci di bambini;
mi vedo con le trecce in mezzo a loro:
risa di cerchi e giochi,
e laggiù un echeggiare di campane:
“Io sono il tempo,
giro la ruota, tutto cambia intorno!
 E sempre vado avanti,
io non ritorno!
Mai più ritorno!”
E come in un ninnare di rintocchi,
ecco che le distinguo
e riconosco;
voci lontane, sperse nel profondo,
tornano a sussurrare dolci e piane
le parole sfogliate di anno in anno,
si smorzano ed in esse mi confondo;
ronzio che mi accompagna e che si perde
sulla porta del sonno...,

o il bisogno di ripescare volti e luoghi che hanno segnato tappe fondamentali nel percorso dell’esistere:

L'avete vista la ragazza bionda,
odorosa di mare e di bucato
per le vie alla Marina?
(...)
Va a spolverare tombe, quasi all'alba.
e poi di casa in casa,
fringuello che sfaccenda gorgheggiando
e dall'aurora torna al nido a sera.
Non parrebbe, ma a casa ha una bambina
che ha freddo ed ordinate vesti smesse,
oro di nonne e  baci,
vuoti nel cuore, ma la bocca piena.
L'avete vista, dite, la mia mamma?
Io la ricordo appena!

Versi che ti prendono e non ti  mollano; che dicono di dolore e sottrazioni; di saudade e melanconiche intrusioni per ricordi che tornano vivi a stuzzicare l’anima:

(...)
e camminai fra genti, e mendicante
chiesi pietà su quelle stesse vie
che con violenza avevo insanguinato.

Io, pensiero divino, io progetto
che ancora deve compiersi.

 È lì che la Guerrieri soffre e si fa triste per una  clessidra che ha fagocitato i momenti  più caldi dell’esistere, reificando un’inquietudine che attraversa come filo conduttore il sottofondo dell’opera, senza, comunque, volgere la rotta a un sentimentalismo mellifluo e decadente, ma mantenendola dritta verso la robustezza del dettato lirico. È la parola, il verbo, la spontaneità, a  volte vulcanica, a fare da padrona negli intrecci verbali, in quelli rinvigoriti dal mare, dai venti o dai pini dell’amata Marina. Soprattutto quando si dà all’anima la possibilità di girare libera fra gli anfratti dei suoi luoghi, fra gli angoli più segreti della sua terra, fra le cospirazioni emotive dei suoi dintorni; è essa che rincasando dalle perlustrazioni  si porta dietro immagini di onde verdeggianti, di case umide e fredde, solitarie, di piogge invernali, di autunni velati di tristezza. Sono lì, in quelle occasioni, i frammenti di un essere tutto vòlto a cristallizzare i suoi abbrivi. Se poesia significa sentimento, immagine, memoria, e parola; se significa un mix di tutto questo con la poesia della Guerrieri ci troviamo davanti a pagine di vera intuizione lirica; di vero abbandono estetico, d’altronde non era E. A. Poe a definire nel saggio postumo Il principio poetico la poesia “creazione ritmica della bellezza”, convinto che “il sentimento poetico si ottiene nell’unione tra poesia e musica, giacché nella musica, forse, l’anima raggiunge quasi interamente il grande fine per il quale, se ispirata da un sentimento poetico, essa lotta… per raggiungere la creazione della Bellezza Suprema…”.
Quello che Lidia ottiene con uno spartito di settenari, doppi settenari, accessori di effetto contrattivo o estensivo, ipertrofie e ipotrofie formali, interpunzioni a centro verso per emistichi: il tutto in funzione di endecasillabi che risuonano come getti di corrente in cascate di musicalità.
Finché il cerchio si chiude con un inno all’amore; a quell’amore verso la figlia con cui l’Autrice aveva dato il via al suo racconto; e lo fa con una oracolare visione di forte impatto emotivo:

(...)
E poi che sarà colma ogni tua luna
e non avrai rifugio per accogliermi,
cercami più lontano, vieni, trovami !
Ti verrò incontro per deserti e rovi;
tu segui solo il filo del mio amore,
di là dai fiumi inutili del dopo,
dai folgoranti eserciti di Dio
fino a che non mi trovi, bimba mia!
non mi lasciare nell'eterno sola
e non mi dire,
non mi dire addio.

Nazario Pardini


DAL TESTO

Dedico questo lavoro a mia figlia Romina, il solo legame che mi resta con questa Terra

A  ROMINA

La mia poesia è tutta nei tuoi occhi
d'edera e di corimbo,
sulla tua pelle
che a lattice di luna eguaglia il lume,
piccola donna mia  che tutto sai del mondo
e di cui il mondo non conosce il nome!

Sbircia, il mio verso,
per l'usciolino schiuso del sorriso,
dentro gli orti leggeri del tuo cuore,
dove tu benedici cespi azzurri di spigo,
ciuffi bambini di menta e di timo,
tra grovigli di more polverose,
nell'arruffato, piccolo giardino
traboccante di rose.

E tu, rosa d'Inverno,
che dolce vieni dentro la mia casa
come pioggia d'Agosto,
gran prodigio  mi fosti! e non so come
mi venne dato bene sì giocondo,
piccola donna mia!
che tutto sai del mondo
e di cui il mondo non conosce il nome.



In rammarico, inquieto si contorce
il bacio che restò sulla mia bocca,
ne' prese il volo
al labbro corrucciato dell'amore,
o che alienò, qualche pudore erroneo,
dalla tua cara guancia.

E sa di amaro e polvere,
e sa di un frutto ruvido
che prosciuga la lingua e la fa muta,
e che dentro il silenzio graffia e geme
come nel cielo illune
le stelle in loro frangersi dolente,
nell'inutile sforzo di colmare
l'incolmabile vuoto della notte.



Non siamo che binari
lanciati su pianure
nude, di sale e polvere.
La vampa di una conca di papaveri,
o la benedizione verdeggiante
di un letto di trifoglio
sono stupore che ci stacca un attimo
dal chiodo fisso dell'ansia di esistere,
ma sgomenta la duplice intuizione
di un tutto, e di una faglia
fra il resto e questo guscio, e della nostra
divisione ci afferra la vertigine.

Solo l'amore, breve un'esplosione
di luce, un abbandono,
graffia la catafratta,
o di un amico il tocco sulla spalla
ci spigola un sorriso
e incide per un attimo la scorza
di questa solitudine.



Non siamo che binari:
brevi incontri agli scambi,
e ancora si allontanano
dentro nuovi silenzi.
Un giorno ancora
per ancorarmi in te, alle tue parole,
ripararmi alla gronda del tuo tetto
proibito a pioggia e vento,
ora che tuona sul mio capo  grigio
e il sorriso è una scarpa appesa al chiodo.

Questo azzurro serale, questa placida
luna di valli d'oro,
questo silenzio chiaro che interrompe
solo il coro immutevole dei grilli,
altri giorni li ho visti, e già sentiti:
(restano il grano e i sassi sempre quelli!)

Potrei voltarmi indietro, e ci sarebbe
l'ombra del tuo rimpianto
a cingermi le spalle in un abbraccio.
Ma è troppo caro il prezzo.




VITA

Sono quattro anni che scrivo poesie, tre che studio la metrica e tanto ho da imparare. So di non avere il quid che fa il Poeta, ma si sa che i Poeti li sceglie Dio! Dico due parole di me per far capire meglio quello che ho scritto. Sono nata nella zona antica della mia città, da una famiglia povera. La mia casa era fredda ed umida tant'è che ho perso il timpano destro per le ripetute otiti. Tutto questo freddo e la pioggia che entrava in casa, tanto che quando c'era un temporale si dovevano dislocare pentole e tegami nei punti “strategici”, compare a volte nelle mie poesie anche se non in queste. Per esempio la mia vecchia poesia “ Il freddo” inizia :

Mi riconobbe, il freddo,
magro puledro della nevicata
e subito marchiò le mie radici
quale sua appartenenza-

perché sono nata con la neve, e con difficoltà; a 15 giorni avevo già la polmonite, e una iniezione di allora mi ha lasciato per sempre una cicatrice. Comunque i miei, soprattutto la mia mamma che lavorava di casa in casa e che fino alla fine ha rimpianto di non essere mai andata a scuola, volevano che questa loro unica figlia avesse una vita migliore, e con tanti sacrifici mi hanno iscritta al Ginnasio ; qui, ho vinto una borsa di studio triennale perché ero arrivata prima nella Provincia con un un tema sulla morale nel Manzoni e così ho potuto continuare fino alla maturità classica e dopo, arrangiandomi con i libri e facendo la pendolare, mi sono laureata in Lettere a Pisa nel 1972 con una tesi sperimentale “L'attività estrattiva del massetano nei suoi riflessi antropogeografici”, che più che di Lettere sapeva di Geologia. Ho passato la vita fra casa e scuola, fra ricami e libri, e volentieri perché non mi interessa girare, sto bene in casa. Alcune di queste poesie sono sull'ala del ricordo : di quelli che erano i miei progetti, di mio marito, morto di tumore vent'anni fa quando aveva 58 anni ed io 52; altre parlano del quartiere dove sono nata, Marina, la zona vecchia sul canale fra Piombino dove abito, e l'Elba, della depressione di cui ho sofferto per quattro interminabili anni, di mia figlia che ha passato l'infanzia o all'ospedale o con l'ossigeno a casa per via dell'asma (anch'io soffro d'asma), della mia solitudine, del tormento che ho sempre agli occhi, della paura del tempo che passa e delle trasformazioni che esso opera sul mio corpo; parlo a volte dei miei pensieri: che ci sarà Lassù? c'è un dopo? C'è un ritorno? (ho ben presente la lezione di Socrate nel Fedone). Insomma, le cose di tutti. Niente di speciale. Spero che non rimarrà troppo deluso da questi miei scritti: sono solo un' apprendista. Grazie per  tutto il tempo che vorrà dedicarmi.



9 commenti:

  1. Conosco la Guerrieri da alcuni anni. Ho letto i primi suoi versi e voi ... e poi ha volato sempre più in alto. La presentazione del Prof. Pardini è essa stessa Poesia. Ad maiora !

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  2. Lidia Guerrieri e la più generosa ed esperta "maestra" di metrica che io abbia avuto il piacere e la fortuna di incontrare entrando a far parte del suo gruppo "Le pleiadi in versi". Sono lieta di leggerla su Leucade, coinvolta dal nostro Nazario Pardini, nell'entusiasmante avventura dell'ISOLA.

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    1. Mi commuovi e mi confondi, Marisa :-) Sono solo una principiante: qualcosa la so, molto devo studiare. Quel che ho imparato meglio è la prima lezione che mi ha dato Mimmo Martinucci :" La cultura è un dono ; chi ha la fortuna di averlo, grande o piccolo che sia, deve condividerlo...altrimenti è un furto"

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  3. Cara Lidia, benvenuta nel club, non tanto dei poeti, ma di coloro che scrivono per
    vincere i propri mali. Io sono poliomielitica e ho sempre detto che, se avessi avuto le
    gambe sane, sarei andata a ballare invece di scrivere poesie. Però, dato che le gambe
    sane non le ho, mettermi al computer mi distrae, mi fa vincere la solitudine, mi fa
    dimenticare per qualche momento tante cose della vita che non vanno proprio per il
    verso giusto. Se continuerai a frequentare il blog e se parteciperai a qualche concorso
    conoscerai tante persone con cui intrecciare amicizie, scambiare opinioni, ricevere
    consigli. La tua poesia è fresca con belle immagini, del tutto apprezzabile. Prosegui
    senza fermarti in questo tuo cammino anche se non sempre ti darà le soddisfazioni
    che meriti: io ho sempre affermato il valore catartico dello scrivere. Ti do questi
    pochi suggerimenti perché dalla tua biografia mi sembri una neofita anche se su
    internet ho scoperto una Lidia Guerrieri che ha pubblicato dei libri. Mi è già capitato
    di dare consigli a chi ne sapeva molto più di me. Se è così, pazienza! Rimane sempre
    valido il mio giudizio sui tuoi scritti. Ciao
    Carla Baroni

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    1. Grazie, cara Carla; io non sono un poeta, mi considero un costruttore di versi; la mia vera passione è la metrica con i suoi trabocchetti, le sue splendide sottigliezze, la sorpresa di vedere che quello che alcuni considerano un laccio rigido e stretto può diventare flessibile e leggero , tanto che non l'avverti :-)

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  4. La poesia di Lidia è fresca, ma profonda, ricchissima di immagini mai banali, autentica perché parla delle emozioni della sua vita, del suo rapporto con gli altri e con il mondo. Mi felicito con lei per aver vinto il concorso Parasio di quest'anno e per l'attentissima e curatissima presentazione che le ha donato il Prof. Pardini.
    Adele Libero

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  5. E' veramente un piacere trovare Lidia su Leucade. Sono felice che i suoi armoniosi testi approdino in questa isola che da oggi è ancora più luminosa.
    Serenella Menichetti

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  6. Lidia sei la più bella e delicata anima che io abbia conosciuto nella vita! Ti voglio bene! Lella

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  7. E' gioia pura trovare Lidia, che non conosco di persona, ma con la quale ho scambiato lunghe chiacchierate virtuali, sullo Scoglio di Leucade, introdotta magistralmente, con passione e lirismo, oltre che con la consueta competenza dal carissimo Nazario. Le sue poesie sono perle, incastonate nel quotidiano, nella collana della vita, dalle alterne stagioni.
    Il suo stile, che mi riporta a mio padre, è classico e attuale. Poesia pura, ispirata, luminosa, calda e autentica. Tra i suoi versi l'anima rinasce, Araba Felice, e coglie il senso profondo del fare ed essere 'poesia'. Estasiata abbraccio Lidia e Nazario...
    Maria Rizzi

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