martedì 16 ottobre 2018

TULLIO MARIANI: "FILASTROCCA"


L’ironia e la maestria versificatoria di Mariani reificano la mente di un uomo che, con spirito ariosteo, guarda il mondo dall’alto, traendone conclusioni di sarcastico disincanto...

Tullio Mariani,
collaboratore di Lèucade









Nazario Caro, mi vorrai scusare
se ogni mio scritto stride di polemica
ed io non voglio proprio contrastare
questo mio vizio o vezzo; quest’ischemica
mia mente è inetta ad altro elaborare
se non materia greve, inaccademica.
Trovi allegati alessandrini in rima;
con loro giunga a te il mio affetto e stima.

Tullio Mariani

MANUALE DELLA POESIA DA CONCORSO
Filastrocca per i più piccini

La sublime poesia che va trionfando adesso:
scrivere belle frasi e andare a capo spesso.
È poesia democratica, imparala anche tu
studiando gli scontrini di Coop e Carrefour.

Insiste una mia amica con piglio risoluto:
“Quello che conta, imparalo, è solo il contenuto!”
Va bene, assecondiamola – un po’ d’ipocrisia! –
pur se non sa spiegare ‘contenuto’ in poesia.

Trattiamo allora temi sociali ed impegnati
il che vuol dire, in pratica, lacrimosi e scontati.
Ad esempio, immigrati è un tema da trattare,
tanto più se il cantarli ti esime da operare.

Va bene anche la fame o la pace nel mondo,
due questioni che toccano ogni animo profondo,
però tieni presente che forse poi dovrai
pagare a miss America diritti e copyright        
.
Può essere anche il lager  un tema che conviene:
quella immane tragedia si vende sempre bene.
Resta ai lager passati, di quelli del presente,
su cui si può anche agire, non vuol saper la gente.

Può andare anche Hiroshima (Nagasaki non conta?)
sventurato obiettivo della funesta bomba.
L’atomica è cattiva, non lo si negherà
sono invece un gran dono il fosforo e il napalm.

Rimane infine un tema che unisce estasi e dramma,
moderno e originale: parlare della mamma.
Non sono i bamboccioni a cantarne la stima
ma le eccelse poetesse che odiano metro e rima.

Cerca una conclusione di cuore e sentimento
che renda a tutti noto il tuo elevato intento.
Che far di ciò che hai scritto? No, non buttarlo via!
Potrebbe arrivar primo a un premio di poesia!


Tullio Mariani 

1 commento:

  1. Caro Tullio, hai messo in versi quello che ripeto da anni. Anch'io per avere la
    possibilità di vincere qualche Premio ho scritto di immigrati o roba del genere e
    diverse – però sentite - poesie sulla mamma ma pure tu ogni tanto ti avvicini a questi
    temi. “Lo scarparo”, pubblicata sull'antologia del concorso Mimesis di quest'anno, è
    una tua lirica sul padre. Anche questo è un tema sempre in auge. Una poetessa
    affermata, e che tu ammiri tanto, ha fatto fare a suo padre il minatore, il buttero, il
    contadino, l'emigrante e forse altro sempre tra spighe e papaveri. Quello che mi
    meraviglia in tutti questi testi non è il sentimento che li anima, ma il fatto che padri e
    madri siano sempre nell'indigenza più assoluta, albe livide e schiene curve
    costituiscono il refrain che fa inesorabilmente da sottofondo: possibile che nessun
    poeta sia figlio di un impiegato, di un militare, di un libero professionista? Io mi
    sento un pesce fuor d'acqua anche se ho avuta un'infanzia, dal punto di vista
    economico, molto disagiata. Insomma la pagliuzza nell'occhio ce l'abbiamo un po'
    tutti e se non ce ne accorgiamo è semplicemente perché il sentimento personale non
    ci rende obiettivi. Però se la poesia è bella – e quella tua è bella – lasciamoci alle
    spalle i pregiudizi. Ti confesso una cosa: quando sono giurata in un concorso abbasso
    un po' il voto di chi tratta questi temi. Non hai messo nel novero il bambino malato:
    conosco una scrittrice che ha fatto almeno una decina di racconti con la bimba
    leucemica, talassemica, down...
    Spero di non essere l'unica a risponderti. Ma forse è bene così: ci sono poeti o
    sedicenti tali che si sono già preparati, quando inviano il testo, una approfondita
    recensione dalla vittima di turno. Non faccio commenti. Ad maiora!
    Carla Baroni

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