Orizzonti di pelle
Assai di rado capita di leggere una bella poesia, che, con morbide movenze, con ritmo fresco e serrato, rapisce l’anima e immerge il lettore nel mondo dei sogni, nell’Eden primigenio di un’umanità ancora vergine. I sensi, rapiti dall’incanto d’una celestiale armonia, varcano l’angusto orizzonte d’uno spazio limitato dall’egoistico appartenersi e donarsi, attingono ai fremiti travolgenti di un amore puro, cristallino. Davanti a un miracolo così alto, sublime, commovente e incommensurabile della genialità umana, lo spirito, aduso a carpire le sfumature più tenui che serpeggiano tra versi, rimane incantato, rapito in un’estasi di celestiali suoni, provenienti da un intimo che pulsa della stessa armonia dell’universo: l’Amore.
L’Amore, sia divino che umano, è donazione di sé. Non senza motivo Seneca rivolge all’Uomo una verità universale ed eterna: si vis amari, ama, perché chi ama si immedesima nell’alter, che da estraneo diventa parte integrante dell’ego donans e diventa, a sua volta ego donans. È, questo, il miracolo dell’Amore umano, che non si discosta da quello divino, se pensiamo che deus caritas est sempre, in ogni circostanza. È quanto vibra nella sensibile e sentita lirica, uscita dalla penna e sgorgata dal cuore di Carla Maria Casula, la quale, non a caso, intitola il breve componimento Orizzonti di pelle.
Fermando l’attenzione sui versi, si nota che in più di un’occasione la Poetessa richiama stilemi presenti già nella produzione lirica di Saffo, la quale, estasiata, immagina, come se le avesse davanti agli occhi, le tenere effusioni d’amore di due fidanzati. Mentre rivive gli anni della sua giovinezza e delle prime esperienze amorose, avverte in tutto il corpo un fremito, che la scuote, un fuoco sottile, che la divora, alle orecchie un ronzio, che la stordisce. Il ricordo quell’estasi giovanile le richiama alla mente i sogni e le emozioni, che rivive nella sua freschezza nelle effusioni dei giovani, che si avviano alla donazione di sé. Davanti alla sfolgorante bellezza di Lesbia non diverse sono le sensazioni del giovanissimo Catullo, che, per esprimere il suo amore per quella donna, non esita a ricorrere a Saffo. E nacque un capolavoro.
È, questo, l’eterno incanto della Poesia, che già un millennio e mezzo prima di Saffo aveva sperimentato un’altra Poetessa, Enheduanna, la prima ad aver firmato i suoi inni d’Amore dedicati alla sua divinità.
In modo molto simile, ma con spirito e sensibilità diversa Carla Maria Casula firma il personale inno all’Amore, ai fremiti avvertiti dal contatto fisico, all’appagamento donato e ricevuto nella sublimità dell’intima fusione dell’anima mediante il corpo. Questa donazione reciproca costitusce un momento di sovrumana bellezza. La Poetessa con tatto e sensibilità femminile rivive momenti di estasi e sollecita l’animo sensibile a sperimentare che la donazione non è fine a se stessa, ma anche, e soprattutto, per l’altro. Nel momento dell’incontro e della donazione reciproca l’ego completa e si completa, perché ama ed è amato. Si avverte in tutta la bellezza il mistero della reductio ad unum.
Già il titolo Orizzonti di pelle induce il lettore a riflettere che l’Amore è racchiuso nella pelle, delimitato da un orizzonte mobile e permeabile, duro e sensibile a un tempo. La sublimità dell’ego donante durante l’incontro trova appagamento e appaga, quando sfiora e sfonda l’impalpabile velo che, al contatto, svanisce per formare un unico, nuovo orizzonte.
Nella lirica, oltre a una consumata padronanza linguistica, la Poetessa controlla le emozioni, che racchiude nell’allusività dell’oculata e accurata scelta lessicale; si spoglia impercettibilmente dei veli bigotti e manifesta una femminilità vergine, naturale e religiosa, sempre intatta e pronta a cogliere gli attimi più dolci di un quid che solo l’animo sensibile riesce a percepire e cantare. Il carme è un inno alla Natura, è un’espressione della religio humana, della religio naturalis insita nel cuore e nell’animo di ogni Uomo, senza le barriere, che le convenzioni umane innalzano, spesso, senza ragione.
I versi, a mano a mano scorrono, rapiscono il lettore in uno scenario immaginario, cantilene spagnole di torri / adagiate in riva al monte; lo proiettano su monti lontani, sui quali le Menadi, in preda al furor destato da Eros si aggirano in cerca di quell’attimo sublime, cui tutti i cuori tendono fin dalla nascita, perché, dice la donna, il
il mio corpo è aiuola
sul tuo corpo d’acanto e granito
con spruzzi rossi di pudore
nelle mie guance bambine.
Orazio Antonio Bologna
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