domenica 16 febbraio 2020

ALFONSO ANGRISANI LEGGE: "IL SENSO DELLA VITA" DI WANDA LOMBARDI


Recensione a “Il senso della vita” di Wanda Lombardi


  
Viviamo in tempi dominati dal demone dell'urgenza. Urgenza del profitto, del dominio, persino della violenza. La corsa verso l'Apocalisse, al dire non più dei nichilisti ma di studiosi e scienziati che nulla debbono al pessimismo, sembra essere accelerata dalle involuzioni di un capitalismo ormai fratricida.
A fronte di questo, si pone un'altra urgenza: quella del condannare, del resistere, dell'invocare una nuova spiritualità. Si mostra urgente il Male, deve essere urgente il Bene.
In questo scenario che non lascia tempo a riflessioni adeguate, si collocano poche, isolate voci, in deserto clamantes, che sono capaci ancora (ancora!) di non lasciarsi travolgere da questa bolgia infernale.
Poche voci: e quella di Wanda Lombardi è una di queste. Persino il titolo è emblematico: Il senso della vita. C'è ancora qualcuno che si interroga, che prende il tempo per interrogarsi, su queste dimensioni, non soltanto per cercare un “senso” alla vita – che a detta di molti sembra non averlo più affatto – ma addirittura per mostrarlo.
Nel suo “tempo” l'Autrice scandaglia sezioni precise di questo esistere drammatico, sin dalla prima, rapsodica e programmatica, poesia (“I mali del mondo”). La gioventù traviata, il dolore materno, le ingiuste detenzioni, l'onestà calpestata, i diritti umani ormai cancellati, l'isolamento, la solitudine come fuga ormai disarmata ed inerme, quale male peggiore.
Il resto è deduzione e ramificazione poetica. Ogni diramazione di questo incipit è analizzata, talora cantata. Si vorrebbe la speranza, come messaggio (in “Altri colori”), la bellezza come salvezza (da far custodire “dagli arcieri del tempo  - “Tra intatte bellezze”), la poesia come via per la libertà (in “Dipinto di poesia”). Onde luminose di un mare, tuttavia, mai tranquillo, nel quale sono molti i momenti del cedere, del gridare nel vuoto, con il coraggio di una denuncia estrema che si sa non avere ascolto altrove.
Ma più di ogni altra cosa, ad avviso di chi scrive, prevale il senso di partecipata commozione, più che di facile condanna, verso una umanità alla deriva, che è recisa financo nei suoi germogli, nelle generazioni che si affacciano al mondo e che appaiono drammaticamente sbandate (“Violenza giovanile” , “Ragazzo smarrito).
Dove cercare, allora, un senso del vivere, se questo oscuro è ormai l'habitat delle nostre anime? Forse nel “vagheggiare cieli lontani / una vita senza regole / seguire la perfezione / o  ambire a un 'oltre' ” perché “è di ciascun uomo il desio / il proprio senso della vita” (da “Il senso della vita”).
  
Alfonso Angrisani – Roma, febbraio 2020


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