Giusy Frisina, collaboratrice di Lèucade |
Giusy Frisina. Il sogno di Msarsilio a Firenze. Aracne. 2019
Giusy
Frisina. Profughi per sempre. Blu di
Prussia. 2019
Mi
sono giunti, stamani 31 gennaio, due libri della scrittrice Giusy Frisina:
filosofo versatile, eclettico, di autorevole valenza; poetessa che con animo
inquieto è sempre alla ricerca di una verità che sembra sfuggirle dalle mani in
un volo perpetuo verso un silenzio che pare risponderle: “… Nel silenzio che
ora mi risponde/E sarà nulla e resta solo il dubbio/Eppure volo anche se resto
a terra/Più umana e più divina finalmente/ Con sullo sfondo il volto della
Sfinge/ Che chi sia come ci sorride sempre” (Visione greca).
Il primo libro consiste in un dialogo fra gli
illustri ingegni che fecero grande e irripetibile l’homo rinascimentale a Firenze:
IL SOGNO DI MARSILIO FICINO: Marsilio, Lorenzo de’ Medici, Fantasma di Platone,
Angelo Poliziano, Sandro Botticelli, Leonardo Da Vinci, … Giovanni Cavalcanti,
Luigi Pulci, Cosa Donati, Luisa Donati,
Nannina de’ Medici, Bernardo Rucellai. Un’opera
che mette bene in luce la ricchezza culturale della Frisina, il suo
patrimonio artistico e la sua vivacità esplorativa. Così si riporta in quarta:
“Nell’Accademia platonica di Ficino, fondata per volontà di Cosimo il Vecchio,
succede che si discuta di bellezza, di amore e di politica e che il giovane
Lorenzio, già poeta nonché prossimo ad assumere il potere, sia combattuto tra
gli ideali platonici del maestro, le
proprie passioni e la ragion di Stato che lo attende al varco. Sfilano giovani
intellettuali e alcuni artisti – Sandro
Botticelli, amico di Lorenzo, e un giovanissimo e geniale Leonardo – tutti più
o meno impegnati nelle prove dello spettacolo del Simposio, che ogni anno va in
scena per la data del compleanno di Platone. E durante le prove può accadere di
tutto”.
Il secondo libro, i cui versi sono accompagnati da una mia obiettiva prefazione, è oggetto della
ontologica ricerca verso la quale verte la poetica della scrittrice: il mare
come simbolo della vita, l’esistere, i
ricami stilistici, la coscienza del tempo, il vivere e il morire, e la
singolarità epigrammatica della Frisina; credo opportuno, a questo punto,
riportare la mia prefazione per
dare l’idea della portata, a livello ontico e scritturale, dell’opera:
Il
mare aspetta sempre di Giusy Frisina:
Sul dolce mare intanto volo piano
e mi ricopro ancora di salmastro
e di azzurra speranza
in modo che solo mi riconosca chi sa
il codice segreto del mio cuore,
il nome di quella Luce che mi abbaglia
e felice mi inganna ogni volta.
Partire da
questi versi significa scavare fin da subito nell’animo di un’artista che fa
del suo percorso poetico un dicotomico gioco di Luce che abbaglia e inganna.
Sta qui, in questi abbrivi epigrammatici la forza creativa della Nostra: una
netta coscienza della dualità sostanziale verso cui è orientato il suo mondo
contemplativo.
Profughi per
sempre, il titolo di questa silloge che, con
stabili percorsi emotivo-stilistici, affronta la questione dell’esistere; della
precarietà della condizione umana di fronte a quel tutto che non di rado ci
spaventa per la sua voracità disumana:
Siamo fragili anelli
fatti di nebbia e notte
di vento e lampi
e lunate preghiere
e guerra permanente
fino a che un'alba chiara
non ci abbagli e muta
ci sorprenda
fatti di nebbia e notte
di vento e lampi
e lunate preghiere
e guerra permanente
fino a che un'alba chiara
non ci abbagli e muta
ci sorprenda
Perché dunque profughi per sempre? La ragione sta nel
fatto che è proprio della nostra condizione sentirsi profughi; esseri in cerca
di una verità difficilmente raggiungibile.
Che
poi non siamo noi stessi?
Gli
uni e gli altri …
Storditi
e abbagliati
con troppo sole negli occhi
andiamo sempre senza posa
per nuove strade
di sabbia e dolore
aspettando
di arrivare tutti - liberi finalmente
al Mare Nostrum
Per questo il
mare rappresenta con la sua
estensione ed i suoi illimitati
orizzonti il simbolo della nostra avventura;
la coscienza del nostro stato di
deficienza; di miseria di fronte alla grandezza dei pelaghi. Ma è vero, anche,
che ci sentiamo a nostro agio, a posto con noi stessi, se immersi in tanta dimensione d’infinita solitudine:
Il mare aspetta sempre
dietro l'angolo,
nella sua infinita solitudine,
che qualcuno si ricordi
del suo incredibile miracolo.
dietro l'angolo,
nella sua infinita solitudine,
che qualcuno si ricordi
del suo incredibile miracolo.
Un miracolo.
Quasi un ritorno alle origini, verso cui indirizziamo la rotta continuamente
senza rendercene conto. La barca su cui portiamo tutto il nostro esistere a
volte è appesantita; piena di zavorra per uno spirito che pensa solo di
sottrarsi alle branche della terrenità; è frenata dal carico di memorie; dalle esperite
vicissitudini esistenziali che cedono il posto, spesso, a una meditazione di
forte impatto escatologico, simboleggiata nella immensa portata del mare:
E se al di là del mondo c'é Dio
chi se non l'infinito mare,
chi se non l'infinito mare,
con il suo abbraccio straripante,
lo può mai raccontare ?
lo può mai raccontare ?
L’isola felice è nella nostra mente; nei nostri
desideri; nelle vertigini dei nostri poemi.
Ma esiste questa isola? O è solo
un motivo che ci spinge alla ricerca di noi stessi; di quella parte di
noi che ci è ignota. Scoprirla significherebbe raggiungere la quietudine dello
spirito; ma anche la fine di un viaggio estremamente fecondo a mantenerci vivi,
creativi, e partecipi in questo gioco di odisseica valenza. È là che la
Poetessa mira; è là che volge la rotta della sua navigazione, pur sapendo che
non ci saranno ancoraggi. Questo è il destino di noi terreni: navigare,
navigare, navigare in un immenso oceano di scogli e trabucchi senza fari; di
bonacce e tempeste da vincere. Un nostos di trepide intrusioni umane e
utraumane che la Frisina ha intraprese affidandosi
ad una barca soggetta al naufragio; Ella ne è cosciente ma sa anche che la
forza della sua simbiotica fusione con il mare le dà l’energia giusta per
giungere all’approdo tanto agognato.
Quale simbolo più inerente; più visivo
a reificare la visione del nostro esser-ci; del nostro incastro tra terra e cielo. È qui
lo spaesamento della nostra storia: piedi a terra e animo volto alle stelle. Il
fatto sta che i piedi sono ben piantati; e la terra non molla la sua preda.
Possiamo solo scorgere le stelle con occhi biechi e miopi da mortali. Ma la
Poetessa, navigando sulla zattera della speranza, sa scorgere una luce
accecante ad orientarla; una luce che Ella conosce, cosciente del suo inganno. È la luce della poesia,
quella della vita, del mistero, di tutto ciò che non si concede
definitivamente. Da qui il dubbio, l’incertezza, la precarietà; lo stato di
malum vitae che l’accompagna fornendole il carburante del canto. Ricorrere a mezzi verbali che vadano oltre la
sintassi canonica; a messaggi di sinestetica intrusione creativa; a
iperboli che azzardano sguardi verso il
cielo, rientra nel gioco stilistico della Poetessa. È la parola, con tutta la
sua energia semantica, ad assumere, col
mare, una identità cospirativa; una scala di infiniti gradini per
raggiungere le soglie della significanza:
E
la parola arriva
Come
acqua di luna
Sponda
di Dio sul tempo
Ombra
vagante
Su strade inconsuete
Fino
a precipitarsi - arresa
Nelle
tue vasche segrete
Il suo Poema è fatto di melodici incontri; di allusivi
effetti trascinanti; di ricerca verbale sana e estesa. D’altronde è il verbo
l’unico mezzo umano tramite il quale cristallizzare le nostre vertigini
ontologiche. Bisogna essere poeti per intuire certe arroganze di tiepidi
tramonti, o certi inviti di sottile saudade. E la Frisina è Poetessa; lo è in
tutti i sensi: immaginazione, euritmia, musica dell’anima, fughe verso l’oltre,
en haut, da dove poter contemplare la perpetua instabilità dell’esistere; non
di rado facendosi accompagnare dalle note di un artista quale Leonard Cohen,
nelle quali ha trovato e trova sempre la serenità di vivere in pace con se
stessa su questa problematica terra. Tanti gli azzardi concretizzati in note di
mare; o in riverberi di cielo: l’onda che riparte/ Per andare oltre, quasi un metamorfico peregrinaggio
umano; Sul dolce mare intanto volo piano, voli verso sentieri da scoprire; Prendere la riva a bracciate/Su
un'isola sperduta divenuta unica/ Dove attendere la pace/ Del tuo
mare salato, il problematico arrivo, il difficile
ancoraggio, il metaforico dire del mare salato; bambini dagli occhi immensi/ Notti di
deserto/ Alla ricerca di pozze d’acqua, il
dramma dei profughi di estrema attualità; i poeti, Entrammo
così – inattesi/ Malvestiti e folli/nell'invisibile giardino/ delle immagini salve; la
Visione greca, Luna
d’oro sul blu/ Jonico imbrunire Moneta inestimabile/ Da non dimenticare; fino ad un’energica quanto lirica fusione con le sponde greche che la Poetessa sente sue, Vedo/ Le
commosse lanterne della Plata/
Sospese nell’incanto del tramonto/ Dipinto sull’Acropoli,…
Il tutto
in una silloge di polisemica significanza dove la Poetessa con punte di estrema
liricità tocca àmbiti di forte intensità umana. E lo fa alternando versi
endecasillabi con altri accessori di effetto contrastivo ed estensivo. Sì, un
vero reticolato vesificatorio a
fare da supporto all’anima; un
vero e proprio viaggio verso la luce; un poematico percorso pelagico-introspettivo
che si chiude con APPARENZE, a un passo dalla
verità:
Poi
un sole androgino che sembrava luna
si
è tuffato nell’acqua viola - e argento.
Ed
ancora una nave - dagli occhi accesi
A
un passo dal confine – tra mare e cielo
Nell
’imbrunire estatico
A
un passo dalla verità
Finzione
di verità che si rivela
Nel
linguaggio divino
Che ora
Semplicemente
appare
Nazario Pardini
Un grazie immenso come il mio mare al Maestro Nazario Pardini , che sempre mi guida nei miei versi, aiutandomi a riscoprirne i più magici riflessi. La sua non è soltanto una "prefazione oggettiva" ma una sorta di interpretazione degna di un direttore d'orchestra, che riesce a cogliere tra i flutti dei miei versi i toni più profondi e i guizzi più imprevisti, rivelandone l'ossimorica armonia. Poi da filosofo quale è, davvero ne sa indicare con efficace linguaggio l'ontologica ricerca, rivelandone i reconditi meandri e i misteriosi sensi. Marsilio Ficino lo avrebbe accolto a braccia aperte nella sua Accademia. Quanto a me sono orgogliosa di averlo come amico e tanto emozionata della sua tanto significativa presenza in quest'ultimo libro, per me particolarmente importante nel mio percorso come momento di maggior apertura al mondo.
RispondiEliminaE il tuo mare di spessore e di amore arriverà a toccare il suolo romano in inverno... Ti attendo a braccia spalancate!
RispondiEliminaMaria Rizzi