Sandro Angelucci, collaboratore di Lèucade |
1) “[…] Quando il sole sorge una striscia color avorio spunta ai
confini del mare e, nella luce, appaiono le due isole, dette “secche” perché
disabitate, che hanno una morfologia caratterizzata dai tipici aspetti di
degradazione del granito, e sembrano rannicchiate, quasi si difendessero da
qualcosa […]”.
È uno stralcio tratto dalla prima pagina del tuo romanzo. L’ho
scelto per due ragioni: la prima per far comprendere fin da subito che siamo di
fronte - è vero - ad un poliziesco ma con innumerevoli descrizioni di ambienti
naturali poeticamente tratteggiati, il che fa di te una giallista molto sui
generis; la seconda - ed è su questo che voglio porti la domanda - riguarda il
nome con il quale vengono chiamate quelle due isole: “secche”. Tu ne dai
spiegazione immediatamente dopo affermando che ciò è dovuto al fatto che sono
disabitate e - aggiungi - “sembrano rannicchiate quasi si difendessero da
qualcosa”. La domanda allora è questa:
“E’ tuo intendimento far
entrare in medias res il lettore, senza preamboli, o c’è qualcosa che vuoi
cominciare a suggerire circa il doversi difendere da un pericolo che poi
puntualmente si paleserà? “Secche” le isole; “secchi” le navi (o meglio i
ferrivecchi) paradossalmente simili i nomi ma diametralmente opposti i
significati: degradazioni naturali del granito le prime, degradazioni malvagie
dell’uomo i secondi. Vuoi parlarcene?”
2) Da cosa deriva la tua predilezione per il genere poliziesco.
Azzardo un’ipotesi: potrebbe essere per un istintivo bisogno di giustizia e di
concordia fra gli uomini?
3) Dalla lettura del tuo romanzo si evince che l’uomo può incarnare
sia il demone che l’angelo di se stesso.
Ritieni che bene e male siano innati in noi oppure che il germe
del male si generi ed attecchisca a seguito di condizionamenti successivi? E -
considerato che sei una sociologa - sono, i condizionamenti stessi, di ordine
preminentemente sociale piuttosto che individuale?
4) Nei tuoi romanzi è sempre presente lo scavo psicologico dei
personaggi. A mio parere questo aspetto della tua scrittura avvince il lettore
al punto di farlo immedesimare totalmente negli stati d’animo degli stessi
permettendogli di vivere il racconto in prima persona. Sei dello stesso avviso?
5) Restando in tema, sul finire del romanzo, tu fai dire
all’ispettore Venanti queste parole: «Essere il peggior nemico
di se stesso è il più grande lusso e la più grande tragedia di un essere
pensante… ». Ce ne vuoi spiegare la ragione?
6) C’è poi un’altra frase, che stavolta fai pronunciare a Grazia
Canali, l’ispettrice inviata a supporto dal capoluogo, che invita alla
riflessione. Dice Grazia: «Sai, Gianni (rivolgendosi a Venanti)…questa storia
mi sta insegnando che esiste un sistema di muri invisibili, che divide inesorabilmente
gli uomini e aumenta le distanze.». E’ dunque come quei muri Il mare invisibile?
7) Grazia Canali è una figura-chiave indiscutibilmente. La sua
personalità si eleva al di sopra di tutti. M’interessa tuttavia chiederti una
cosa, e non è che per farlo corra il rischio di svelare più del necessario.
Voglio dire: è facilmente intuibile, andando avanti con la lettura, che insorga
infine l’amore tra i due poliziotti, ma è altro che mi piacerebbe sottolineare:
il loro amore si contrappone all’odio che pervade il caso di crudele xenofobia
e disumana deviazione portando la luce di un’alba diversa. Ti ritrovi in questa
interpretazione?
8) I tuoi romanzi - dato il fatto che prendono spunto
dall’osservazione del mondo e della vita che ci circonda - potrebbero
considerarsi legati alla corrente del neorealismo.
A mio parere (premesso
che non amo le classificazioni) ciò risponde al vero, laddove però la natura
del movimento, che interessa non soltanto la letteratura, venga riconosciuta
schiettamente romantica (anche se con il romanticismo fu spesso in polemica) per
il suo porre al centro della nuova poetica l’esigenza di ‘interessare’ i
lettori parlando nel loro linguaggio dei loro problemi e dei loro affetti,
facendo in sostanza leva sulla loro concreta esperienza di osservazione
quotidiana.
Sei della mia stessa
opinione?
9) Voglio farti una domanda, diciamo così, di carattere medico. Tu parli
(in riferimento all’assunzione del trust di criminali di certe sostanze, per la
precisione di metanfetamine,) di un farmaco che procura gravissimi danni al
sistema nervoso centrale, un farmaco facile da reperire, oggi largamente
diffuso nei paesi sottosviluppati, adducendo prove documentate che la stessa
Weherrmacht le utilizzava nella seconda guerra mondiale per dopare i soldati.
Ti sentiresti di dire che questi sistemi sono tuttora vigenti, oltre che nel
campo della criminalità organizzata, anche in altre forme di potere? Penso al
terrorismo ad esempio. E che, in realtà, quella che viviamo non sia che
un’ipocrita mistificazione della pace?
10)
Un’ultima domanda
concernente lo stile: il tuo modo di esprimerti è scattante, moderno; il
periodare mai prolisso ma conciso ed asciutto. Questa caratteristica - a mio
parere - non nuoce alla fluidità, anzi la rende avvincente inducendo il lettore
a non deconcentrarsi; e non mi riferisco soltanto alla trama ma anche ai passi
introspettivi e psicologici. So che non è semplice parlare della propria
scrittura, la senti differente tuttavia?
Non ero presente all'interessante intervista - causa un altro impegno letterario di cui tra breve informerò i lettori - e non so come Maria abbia risposto alle stimolanti sollecitazioni di Sandro. Immagino comunque, dati i temi trattati e la perizia dei protagonisti, che la serata sia risultata particolarmente coinvolgente e addirittura effervescente. Mi complimento pertanto con l'intervistatore per il modo con cui ha voluto condurre la danza, spaziando tra domande di ordine stilistico, strettamente letterario, a domande di interesse più ampio, di orizzonte sociologico e psicoanalitico, ma soprattutto morale ed etico, come quello della contrapposizione tra l'amore e l'odio xenofobo e quello, particolarmente spinoso ed intrigante, del rapporto tra il bene ed il male (innati entrambi?).
RispondiEliminaFranco Campegiani
Ringrazio Franco per il puntuale e, come sempre, acuto commento. Purtroppo (o per fortuna, chissà?) non abbiamo
Eliminail dono dell'ubiquità per cui i rispettivi impegni non ci hanno permesso di condividere la serata.
Ciò non significa, tuttavia, che i nostri punti di vista non s'incontrino e mi fa molto piacere riscontrarlo in ciò che dice.
Aspetto di leggerti,
Sandro
Mi scuso per il ritardo e, ovviamente,ringrazio il mio magistrale relatore e amico fraterno e ringrazio Franco, che si congratula giustamente con lui e solo per affetto con la sottoscritta. L'intervista è stata un'esperienza avvincente, originale, completa e spontanea. Non ho voluto sapere le domande e non sempre è stato facile misurarmi con un gigante come il mio relatore. Alla prima domanda cerco di rispondere anche qui, anche se andavo a braccio. Sandro ha messo in rilievo le due isole, dette 'secche' in quanto disidratate che 'sembrano rannicchiate quasi a difendersi da qualcosa'. E' vero.
RispondiEliminaNella prima pagina e in quest'espressione vi è già un presagio degli orrori che verranno. Ha poi paragonato, con arguzia incredibile, le isole ai 'secchi', termine usato in gergo per indicare le navi smantellate adibite a viaggi terribili, che hanno come rotta privilegiata le spiagge del Bangladesh. Sulla natura dell'uomo mi sono appellata a J.Jacques Rousseau, che affermava che l'uomo nasce buono e la società può cambiarlo. Non condivido, infatti, le teorie lombrosiane e sono convinta che l'apprendimento possa determinare il vero carattere dell'individuo. Sul concetto di 'scavo psicologico' dei personaggi in questo romanzo mi sono soffermata molto sull'aspetto introspettivo. Non mi identifico molto nelle corrente realista o neo - realista, ma piuttosto sul modo di descrivere la natura, gli uomini e le storie dei romantici, in particolare di scrittori del '900 come Gadda,- Luca Giordano lo ha nominato al momento giusto -,senza alcuna volontà di identificazione, visto che ho chiari i miei limiti. Questo concetto è stato determinante per la domanda circa la frase dell'ispettore: "«Essere il peggior nemico di se stesso è il più grande lusso e la più grande tragedia di un essere pensante…". Ogni libro parla soprattutto di noi e in questa asserzione alludo a me stessa, alla determinazione nell'essere autocritica, nel marcare i territori del poco che posso osare in ambito culturale. La domanda sulle anfetamine e sul loro uso nel Secondo Conflitto è documentata e dimostra come si possano costringere ragazzi giovanissimi a combattere contro loro coetanei senza un perchè. Il metodo veniva usato in Vietnam con i famosi 'quattro bianchi', ovvero l'unione di quattro bevande al altissimo contenuto alcolico e sono convinta si usi in molte situazioni di guerra. Lo stile è esattamente quello descritto da Sandro e si tratta di una scelta. Presente storico, periodi brevi, tentativo di far sì che le immagini scorrano dinanzi ai lettori... Mi vergogno di andare avanti. Il grande trascinatore è stato il mio relatore. Io ho vissuto una serata indimenticabile soprattutto grazie a lui e al pubblico che ci ha sommersi... Grazie ancora a Nazario, che ci ospita con amore infinito, a Sandro, a Loredana, a Paolo e a tutti coloro che anche stavolta mi hanno onorata.
Maria Rizzi
Rispondere a Maria sarebbe in ogni caso riduttivo, per cui "mi limito" a dirle "soltanto" GRAZIE, che non scrivo a caratteri cubitali solo perché non so come si faccia nei commenti a inserire questa opzione.
RispondiEliminaSandro